“Perdere a testa alta non ha prezzo. Per tutto il resto c’è Mastercard”

Nella vicenda della segreteria provinciale del Pd non vi è dubbio che c’è un vincitore, ed è Francantonio Genovese (vedi articolo in allegato). Ha messo un suo fedelissimo, Basilio Ridolfo, in un ruolo chiave e lo ha fatto senza spendere un euro per il Congresso. Diversi i punti a suo favore. E’ possibile che il leader del Pd abbia “invitato”Felice Calabrò a un passo indietro perché non vuole lasciare nessuno dei suoi in posti rilevanti, ipotizzando di andar via, armi e bagagli nel prossimo anno. D’altro canto non voleva neanche che Felice Calabrò, da segretario provinciale, crescesse troppo, diventasse forte al punto da costruire una propria leadership non disposta a traslocare da nessuna parte. Terzo punto, l’unanimità raggiunta senza colpo ferire ha comportato un notevole risparmio e, sia che se ne voglia andare sia che voglia restare nel Pd, un Congresso a costo zero e un segretario senza spargimento di sangue e fatica. In ultimo Genovese ha dimostrato di avere ancora una volta il pallino del gioco in mano, con qualsiasi regola si giochi. Passiamo agli sconfitti. Genovese ha gettato sul tavolo il nome di Basilio Ridolfo, gli altri (indicando in Lupo il mittente) hanno sposato la causa. Che Ridolfo, sindaco di Ficarra da 10 anni, sia un fedelissimo è provato da una serie di elementi: dopo averlo inserito tra i papabili per la giunta Crocetta, pochi mesi dopo Genovese ha indicato il sindaco di Ficarra per il Cda del Cas. E durante il governo Lombardo, Ridolfo ha avuto un incarico nell’assessorato alla formazione guidato da Mario Centorrino. Queste le premesse: sul nome di Felice Calabrò sono scattati i veti, perché ritenuto troppo vicino a Genovese. Sulla scelta di Ridolfo per un ruolo così delicato in un momento così delicato per il partito cittadino, nessuno ha battuto ciglio. “Lo ha chiesto Lupo”, è la tesi di Panarello, Laccoto, Intelisano, La Monica, Beninati, sorvolando sul fatto che anche il segretario regionale-reggente del Pd è un uomo vicino a Genovese. Nonostante l’inchiesta sulla formazione, nonostante la batosta alle amministrative, nonostante gli scontri interni al partito, nonostante i propositi di andare verso altri lidi, Genovese ha continuato a dettare i tempi e i nomi. Alla faccia delle istanze di rinnovamento che piovevano da ogni parte. Quero, Russo, D’Arrigo prendono le distanze, contestano la resa senza combattere e nei prossimi giorni terranno una conferenza stampa, probabilmente insieme ai civatiani.

“Noi non abbiamo firmato il documento- chiarisce Piero David- perché riteniamo che in questa fase il Pd di Messina abbia bisogno di un segretario in discontinuità con il passato, caratteristica che Ridolfo, nonostante la buona esperienza amministrativa, non ha. Il Pd di Messina va cambiato, non gestito”. Lo ribadiranno venerdì 18 ottobre quando Civati sarà a Messina, nel Salone degli specchi.

Sta di fatto che nonostante i mal di pancia i renziani e i ribelli non hanno presentato alcuna candidatura alternativa. Vedendo che il gruppo Panarello e il neo renziano Laccoto stringevano l’accordo con Genovese su un genovesiano avrebbero comunque potuto presentare un candidato di bandiera. Magari avrebbero preso solo 20 voti, magari no, ma sarebbe stata l’affermazione della continuità di una battaglia avviata più di un anno fa e la rivendicazione di una reale volontà di cambiamento evidentemente non condivisa da altri. Schierando un proprio uomo, anche contro un carro armato avrebbero potuto pesarsi e pesare quanti, a parole, si sono trovati al fianco da giugno in poi. Di battaglie, dalle primarie dello scorso anno ad oggi, ne hanno perse tante, questa è stata l’unica che non è detto che avrebbero perso ma che comunque non hanno voluto combattare. Peccato. I discorsi sui posti da dividere nelle prossime fasi congressuali, magari quando sul serio Genovese andrà via, sempre ammesso che nel frattempo non abbia piazzato tutti i suoi nei punti chiave, si dovrebbero lasciare ad un vecchio modo di fare politica e consociativismo. Magari avrebbero perso, magari no, ma sarebbe stato un segnale forte anche per quanti, tra i giovani, vogliono avvicinarsi al partito.

Parafrasando una nota pubblicità: “Perdere a testa alta non ha prezzo. Per tutto il resto, c’è Mastercard”.

Infine, un congresso a costo zero potrebbe anche indurre Genovese ad una riflessione. Nessuno gli rende realmente la vita difficile in questo partito. Andare verso altri lidi più centrali, dove, come lui stesso ha dichiarato “c’è il rischio di gigantismo” e, soprattutto qui, troppi galli in un pollaio, potrebbe non essere più tanto allettante. Una domanda è d’obbligo, ma perché, visto che tutti danno per scontato che l’ex sindaco tornerà alle origini di centro, regalargli l’ennesima vittoria sfruttando l’alibi dei veti e della ricomposizione? Perché la ricomposizione di un partito dilaniato dai veleni deve passare necessariamente per un genovesiano e non per un renziano o per una persona terza? E perché tra i genovesiani Calabrò puzza e gli altri profumano?

Rosaria Brancato