Fulvio Abbate e la retorica su Pasolini: che il silenzio inghiotta definitivamente ogni mediocrità

Quando una donna avvenente entra in un bar succede che tutti – dico tutti – i presenti si sentano in diritto di mettere bocca: che si parli del corpo, del vestito o solo del portamento, poco conta. L’operaio in pausa pranzo, lo studente, l’anziano al tavolo col giornale.

Tutti.

Nell’opinione pubblica, Pier Paolo Pasolini è quella donna che entra al bar.

Chiunque, negli ultimi 40 anni ha attinto dall’opera dell’autore di “Ragazzi di vita” per succhiarne la potenza eversiva e la vitalità lirica, innalzando ora un vessillo da teatro sociale, ora un’icona per gli onanisti dell’intelletto da cameretta.

In una domenica mattina il cui vento caldo fa da preludio all’estate incombente, abbiamo incontrato lo scrittore palermitano Fulvio Abbate, autore del libro “Pasolini raccontato a tutti”. Un breve messaggio sull’atto di riconoscenza più corretto da rendere a Pasolini: il silenzio.

Giuseppina Borghese