Croce “in pressing” su Coglitore per il piano pluriennale di riequilibrio

Il commissario straordinario Luigi Croce mette fretta sul piano pluriennale di riequilibrio, presupposto indispensabile per accedere al Fondo di Rotazione istituito dal Governo nazionale. Il Piano dovrà essere approvato dal Consiglio comunale entro il 13 febbraio. Con nota protocollata il 16 gennaio, il reggente di Palazzo Zanca invita il ragioniere generale Ferdinando Coglitore a predisporre il documento il prima possibile: «è necessario – scrive testualmente – che tale piano di riequilibrio predisposto dall’Area Economico Finanziaria venga sottoposto all’attenzione del Commissario, del Collegio dei Revisori e alla Commissione Bilancio del Consiglio comunale in tempo utile per le eventuali osservazioni e direttive».

Croce allega alla nota le “sue” misure correttive, trasmesse alla Corte dei Conti il 6 dicembre (vedi correlato) e consegnate brevi manu ai magistrati contabili anche in occasione dell’audizione del 27 dicembre. Nelle intenzioni del commissario, il piano di riequilibrio dovrà prendere ispirazione proprio da quelle misure varate dai suoi tre esperti, Dalmazio, Tomasello e Saccà. Il ragioniere generale, raggiunto telefonicamente, non mostra alcuna insofferenza per il “pressing” di Croce ed afferma : «Adesso le inseriamo nel piano», non lasciandosi tuttavia sfuggire l’occasione per lanciare una frecciatina: «in quelle misure non ci sono indicazioni sugli anni in cui devono essere realizzate, il piano richiede altro».

Ma cosa il piano debba contenere lo sa bene anche Croce, che – nella sua nota – stila un lungo elenco : «si ricorda che il piano di riequilibrio da sottoporre all’approvazione del Consiglio comunale presuppone tra l’altro, la ricognizione di tutti i debiti fuori bilancio riconoscibili, la revisione straordinaria di tutti i residui attivi e passivi, una rigorosa revisione della spesa, l’accertamento delle posizioni debitorie aperte con il sistema creditizio. Deve contenere anche: eventuali misure correttive; la puntuale ricognizione, con relativa quantificazione, dei fattori di squilibrio; la ricognizione dei debiti fuori bilancio; l’individuazione, con relativa quantificazione e previsione dell’anno di effettivo realizzo, di tutte le misure necessarie per ripristinare l’equilibrio strutturale del bilancio e per il finanziamento dei debiti fuori bilancio entro il termine di 10 anni; l’indicazione per ciascuno degli anni del piano di riequilibrio, della percentuale di ripiano del disavanzo e degli importi previsti nei bilanci annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti fuori bilancio».

Come indicato dalla Legge, il Comune deve inoltre adottare: la riduzione delle spese del personale; la riduzione, entro il termine di un triennio, di almeno il 10% delle spese per prestazioni e servizi; la riduzione, entro il termine di un triennio, di almeno il 25% delle spese per trasferimenti; il blocco dell’indebitamento.

Nei fatti, però, il blocco dell’indebitamento non potrà essere reale perché l’eventuale accesso al salva-enti nazionale non sarà altro che un indebitamento decennale, che costerà al Comune 50 milioni di euro (somma stanziata per il nostro comune) in dieci anni, vale a dire 5 milioni di euro l’anno, da recuperare ovviamente dai capitoli del bilancio comunale. Lo stesso accadrà con i 40 milioni di euro destinati a Messina dall’altro “salva-enti”, quello varato dalla Regione. In questo caso, il prestito dovrà addirittura essere restituito in 5 anni, che fa 8 milioni di euro l’anno, a cui andranno aggiunti i 2,3 milioni di euro per ripianare i debiti dell’Ato.

Nella migliore delle ipotesi, quindi, Palazzo Zanca -per tirarsi fuori da dissesto – dovrà contrarre un debito annuale di 15,3 milioni di euro. (Danila La Torre)