Il Pd chiude la porta a Genovese e vota per l’arresto

A chiudere la porta a Francantonio Genovese è il suo stesso partito, il Pd.

Determinanti infatti, al momento del voto, sono stati gli esponenti del Pd che si sono espressi a favore della richiesta d’arresto nei confronti del deputato messinese.

La proposta del relatore sul caso Genovese, il deputato Antonio Leone, Ncd, che aveva invitato a respingere la richiesta della Procura di Messina è stata infatti bocciata poco dopo le 15 die ieri (vedi correlato). Contro la negazione dell’arresto hanno votato in 12 ( 8 Pd, 3 M5S e 1 Sel), mentre in 5 (Ncd, Forza Italia, Scelta Civica, PI e Psi) hanno sposato la tesi del relatore dichiarandosi contrari all’autorizzazione.

Di fatto il Pd ha sancito con i suoi voti il via libera all’autorizzazione a procedere nei confronti del parlamentare messinese, che deve rispondere di associazione a delinquere, truffa, peculato, falso in bilancio e riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta sulla formazione “Corsi d’oro”.

Il voto definitivo adesso sarà quello della Camera e spetta alla presidente Boldrini fissare la data, mentre nel frattempo è stato nominato un nuovo relatore, il Pd Franco Vazio. Il dibattito adesso graviterà tutto intorno alla data che sarà scelta per il voto della Camera, se prima o dopo il 25 maggio, data delle elezioni Europee.

Il nuovo relatore ha chiesto alcuni giorni per esaminare i documenti e già oggi alcuni deputati si sono espressi per un rinvio del voto al dopo Europee per evitare strumentalizzazioni. Ma la stessa tesi vale per chi sostiene invece che sarebbe più opportuno votare prima delle Europee.

“Non ci sono più scuse- ha dichiarato Francesco D’Uva, deputato messinese del M5S- La Boldrini deve calendarizzare la votazione in Aula senza perdere altro tempo. Non vorrei mai che si facesse aspettare la giustizia per puro opportunismo politico. Il M5S chiede che la giustizia faccia il suo corso senza ulteriori e inutili proroghe”.

Il riferimento dell’esponente del Movimento è alla proroga di 30 giorni richiesta ed ottenuta dalla Giunta ad aprile per acquisire integrazioni alla documentazione. Il voto infatti inizialmente era previsto per il 18 aprile ed è poi slittato ad oggi.

Alla fine quindi è stato lo stesso partito del deputato ad aprire la strada all’autorizzazione a procedere, lo stesso Pd che ha visto Genovese diventare il primo segretario regionale, nonché due volte parlamentare ed essere il più votato d’Italia alle primarie del 2012 con oltre 19 mila preferenze. Gli 8 voti dei Democratici hanno fatto spostare l’ago della bilancia a favore dell’arresto, un segnale chiarissimo nei confronti dell’ex sindaco di Messina che si era già autosospeso e che nelle scorse settimane era stato cancellato dagli elenchi dei tesserati del Pd.

Ma torniamo alla riunione della Giunta. A sposare la tesi del relatore Antonio Leone e è stato Gianfranco Giovanni Chiarelli, Forza Italia, che stigmatizzando il comportamento del Pd che dopo aver candidato Genovese adesso sull’onda della risonanza mediatica adesso vota per l’autorizzazione, si dichiara contrario all’arresto perché avverte che “si è ancora una volta manifestata una volontà demolitoria nei confronti della politica di parte della magistratura, secondo uno schema ormai noto e diffuso”. Contrario all’arresto anche Marco Di Lello (Misto-Psi-Pli) che si dichiara consapevole del fatto che oggi il Paese consideri l’immunità prevista dall’art.68 un insopportabile privilegio, ma ritiene le indagini sul caso “frammentarie e incomplete. Mi chiedo cosa avrebbe fatto il giudice se Genovese non fosse stato un parlamentare. Nei confronti degli altri indagati sono state prese misure meno afflittive della custodia cautelare in carcere. Per Genovese invece si chiede il carcere solo perché è un uomo politico. Provo disagio al pensiero che qualcuno possa utilizzare questo voto nel corso della campagna elettorale: la galera in cambio del consenso è pratica solo dei peggiori regimi”.  

Contraria all’arresto si è espressa anche Gea Schirò (Per l’Italia) che però ha fatto una lunga premessa sul fatto che “le ombre su Genovese erano note già al tempo della candidatura. Alcuni meccanismi interni ai partiti hanno creato una frattura insanabile tra le Istituzioni ed i cittadini. A questo meccanismo non è certamente immune la pratica delle primarie, in cui Genovese ha raccolto numerosissimi consensi, ponendosi quasi come rappresentante negativo della ‘mala politica’ siciliana. Avrei apprezzato un gesto di dimissioni da parte del collega,a testimonianza dell'alto senso delle Istituzioni che dovrebbe muovere chiunque ne faccia parte”. Ma secondo la deputata esiste comunque un fumus persecutionis pertanto esprime voto favorevole alla tesi del relatore Leone.

Sul fronte opposto Pd, M5S e Sel, che sottolineano l’inesistenza di intenti persecutori da parte della Procura di Messina.

Non è questa la sede per accertare responsabilità penali, ma la contestazione del reato di truffa aggravata ai danni della pubblica amministrazione è di per sé sufficiente a giustificare l'applicazione della misura cautelare adottata- spiega Vincenzo Caso, M5S-. Per di più, il primo capo di accusa riguarda la partecipazione, in veste di promotore e di capo, ad un sodalizio criminale”. Secondo l’esponente dei 5Stelle inoltre non è vero che la sola cessazione di attività da parte dell’Aram e della Lumen possono escludere la reiterazione del reato, dal momento che, “in base alla documentazione trasmessa emerge che un gran numero di società possono essere ricondotte al deputato. Inoltre assume rilievo decisivo il riconoscimento a Genovese di un peculiare know-how, riferibile alle sue conoscenze politiche utilizzate per fini criminali, circostanza che rende plausibile il pericolo di reiterazione”. 

Quanto al Pd, già martedì era stata annunciata la decisione di votare a favore dell’arresto orientamento confermato oggi da Anna Rossomando, che si è soffermata sullo spirito dell’art.68 della Costituzione che “fissa una prerogativa costituzionale a tutela dell'Istituzione e non del suo singolo membro, la cui libertà personale e i cui diritti individuali devono trovare piena esplicazione nelle sedi proprie. Non spetta alla Giunta alcuna forma di giudizio parallelo rispetto a quello che si svolge nelle aule giudiziarie, ma solo di valutare se sia ravvisabile o meno il fumus persecutionis”.

La bocciatura della proposta del relatore Leone ha comportato la nomina di un nuovo relatore, il Pd Franco Vazio. Sia il Ncd che Forza Italia hanno annunciato la presentazione di due relazioni di minoranza.

La parola passa quindi alla Camera, per il voto definitivo. La Giunta, come detto, si è espressa contro l’esistenza di un fumus persecutionis nei confronti di Genovese da parte dei magistrati. E la Procura come commenta? Da parte del procuratore Sebastiano Ardita “Non commento le decisioni del Parlamento”.

Rosaria Brancato