Un Pd acefalo e in crisi d’identità, aspettando la sentenza del Cga

Nell’era preistorica del Pd, il 1989, l’allora segretario del Pci, Achille Occhetto aprì con la svolta della Bolognina, una fase di ricostruzione del partito, ma sul nome nacquero le prime divisioni tanto che Occhetto disse: “Per me il nome conta poco. E’ l’ideale che ho nel cuore. Prima viene la cosa e poi il nome. E la cosa è la costruzione in Italia di una nuova forza politica». Da qui il “dibattito sulla Cosa” che durò per mesi e per mesi, fino alla nascita del Pds.

A Messina si sta verificando la situazione opposta, c’è il nome, Pd, ma è tutto il resto che è una Cosa, inteso come contenuti, ideali, leader e gregari. Rispetto ad un anno fa, quando con la vittoria di Accorinti, il Pd era a tappeto come un pugile suonato, non è cambiato molto. Il pugile si è rialzato ma, come chi è stato messo a tappeto, ora è in piedi ma confuso e vede ancora le “stelline”, al punto che sbanda e non riesce a star dritto. Una situazione di caos che evidentemente ai vertici regionali e nazionali fa comodo, altrimenti avrebbero dato cenni di vita. Se nell’agosto scorso l’allora commissario-segretario regionale Lupo non mosse un dito per risolvere il caos del Pd messinese, adesso, un anno dopo, il neo segretario regionale Fausto Raciti ha fatto esattamente la stessa cosa.

Qualcuno spieghi agli elettori Pd messinesi in cosa è consistita la rivoluzione renziana e il rinnovamento dal momento che qui non si è visto nulla.

Nell’agosto 2013 il Pd non aveva struttura, segretari, sede, ed era dilaniato dalle divisioni interne e dal post-trauma delle amministrative e dell’inchiesta sulla formazione. Nell’agosto 2014 il Pd non ha struttura, segretari, sede ed è dilaniato dalle divisioni interne e dal post-trauma delle amministrative e dell’inchiesta sulla formazione, che nel frattempo ha portato all’arresto Francantonio Genovese.

Come nelle vignette della Settimana enigmistica, per favore qualcuno trovi le differenze, perché io non le trovo.

Anzi, la guerra tra le anime è ancora più contorta, il trauma delle amministrative è ancora vivo nell’attesa del Cga e le recenti scelte dell’area genovesiana degli eletti in Consiglio comunale, sono riuscite a riportare le lancette indietro di un anno, con gli elettori del centro-sinistra che, anche quando si erano scordati del perché avevano voltato le spalle al Pd per votare Accorinti, in queste settimane se lo sono ricordato.

Se un Pd non fa cose di sinistra, qualcuno le dovrà pur fare…..

Il Pd dello Stretto è acefalo da mesi. Manca di un leader, sia, quello storico, Genovese, che un eventuale erede e manca anche un segretario, dal momento che dal 4 aprile le dimissioni del segretario provinciale Basilio Ridolfo sono state congelate con le più svariate giustificazioni. Quattro mesi dopo, le dimissioni, più che congelate sono state ibernate, in attesa della sentenza del Cga. E’ indecente che un intero partito non sia messo nelle condizioni di rinascere ed operare, lasciandolo appeso ad una sentenza che potrebbe anche cambiare l’esito delle amministrative, ma non può modificare di una virgola il giudizio dei messinesi su questo Pd. Pare che dopo 4 mesi di glaciazione i vertici regionali del partito stiano pensando ad un commissario che traghetti quel che resta del Pd al Congresso.

Dunque non c’è un segretario, ma non c’è neanche un leader, perché Genovese è stato travolto dall’inchiesta e non ha “eredi designati”, mentre il candidato sindaco Felice Calabrò è in attesa della sentenza del Cga. Nel frattempo però quel ruolo di capo dell’opposizione, a Felice Calabrò non viene più riconosciuto (anche se non apertamente) dagli stessi consiglieri. A Palazzo Zanca, nell’area genovesiana, è in corso una guerra sotterranea per quel ruolo. Mentre la presidente Emilia Barrile pensa alle regionali (e con il bacino di voti che ha non le importa se arrivarci con o senza doppia preferenza di genere) i suoi colleghi Pd preferiscono guardare alla struttura del partito e al ruolo di “leader”. A guardare lontano sono Paolo David, Giuseppe Santalco e Nicola Cucinotta, che procedono come caterpillar indipendentemente dall’esito del Cga.

Ma il Pd dello Stretto non è solo senza guida, è anche senza un programma, manca una qualsiasi linea comune su tutto. Il partito degli eletti sta allontanandosi dagli elettori di centro-sinistra come una navicella spaziale appena decollata per Marte. E’ vero, in questo Consiglio comunale tra le fila dei gruppi Pd e affini ci sono esponenti provenienti da anni ed anni di centro destra, ma, anche se il primo amore non si scorda mai sarebbe preferibile ritornarci piuttosto che tradire quotidianamente il nuovo fidanzato.

Il Pd di Palazzo Zanca si sta distinguendo per scelte che non sono di sinistra: dalla vicenda tir all’isola pedonale fino alle unioni civili, passando per posizioni sui migranti ai limiti dell’intolleranza. D’accordo voler contestare l’amministrazione, ma se poi questa stessa opposizione gli vota tutto, dal bilancio alla Tares non si capisce perché fare la guerra SOLO SULLE COSE DI SINISTRA. Come dice il collega Alessio Caspanello di 109, “ormai questi consiglieri comunali del Pd sono più a destra di Forza Nuova”.

E se per caso qualcuno si ribella e dice o fa o propone “qualcosa di Pd” (niente di rivoluzionario, solo banalmente di sinistra), come Daniele Zuccarello e Donatella Sindoni, vengono messi dietro la lavagna. Per non parlare dei renziani della prima ora, come Ciccio Palano Quero e Alessandro Russo, che non sono stati mandati al rogo solo perché nel frattempo ha vinto Renzi. La loro colpa più grave, agli occhi dei “rivali” è che “non hanno voti”, quindi non hanno diritto di esprimere una loro opinione, quasi che l’essere stato eletto ( non voglio entrare nel merito ma, come direbbe qualcuno “i voti non si prendono sulla luna”) equivalga ad una sorta di superiorità intellettuale sul mondo.

Mentre quindi il Pd degli eletti ha messo la freccia a destra, l’amministrazione Accorinti che di erroracci ne ha fatti, ha recuperato popolarità nel popolo del centro-sinistra, grazie a queste scelte del Consiglio comunale. Verrebbe da pensare che questi consiglieri (e ci includo anche quelli Dr e del Megafono) abbiano deciso di lavorare per il sindaco visto che ogni loro scelta fa aumentare il gradimento del primo cittadino e fa cadere in picchiata quella del Pd. Un elettore medio del Pd vedendo i consiglieri esprimersi contro l’ordinanza anti-tir, storcere il naso sui migranti, cancellare l’isola pedonale, dire no alle unioni civili, qualche dubbio inizierà ad averlo. Alla fine si dirà: sono io che sbaglio o sono loro? Nel dubbio si convincerà che ha sbagliato lui a votare Pd e dirotterà verso altro, come il M5S o nel caso di Messina, Accorinti.

Oggi più che mai serve a Messina un Pd che sia Pd, eppure oggi più che mai c’è una “cosa” come quella dei tempi di Occhetto, però come diceva l’ex segretario del Pci: “Per me il nome conta poco. E’ l’ideale che ho nel cuore”. Appunto.

Rosaria Brancato