Così fan tutti… e il vizietto di portarsi a casa le zucchine dell’orto-pubblico

L’ultima inchiesta sulla Formazione fa luce sull’anello finora mancante nella catena dell’assalto alla diligenza: la burocrazia. L’operazione Iban ha consentito l’arresto di 13 dirigenti e funzionari della Regione. Si è scoperto che i soldi destinati ad aziende e fornitori nell’ambito della Formazione finivano, con un cambio di iban, nei conti correnti personali dei dirigenti che, non contenti, lucravano anche sugli straordinari. Il bengodi della formazione quindi non alimentava solo il sistema politico e clientelare ma anche gli uffici della Regione. Del resto, leggendo la normativa che regola il sistema non era pensabile che milioni e milioni di euro provenienti dall’Unione Europea sparissero sotto gli occhi di chi doveva vigilare. Elemento questo sottolineato anche dai magistrati messinesi in occasione dell’inchiesta sui Corsi d’oro. Se i controlli fallivano, a prescindere da una normativa fatta appositamente per renderli innocui e facilmente raggirabili, le spiegazioni non sono che due: o i controllori sono incapaci e distratti da non sapere neanche leggere le carte o sono fin troppo furbi. Ed è probabile che questo nuovo filone d’inchiesta porti altri sviluppi.

Nella ricca mangiatoia del presepe non ci sono quindi soltanto i politici, ma anche burocrati ed impiegati, gli stessi che ti possono bloccare una pratica per anni, quelli che per una licenza o un’autorizzazione ti fanno venire i capelli bianchi (per il tempo e la rabbia), quelli che incassano le indennità di riuscita per progetti mai portati a termine, quelli che hanno sempre il coltello dalla parte del manico e se non cedi te la fanno pagare. In fondo si sa, il sindaco, gli assessori, passano, i burocrati restano. Hanno memoria, hanno le chiavi, possono con il silenzio o con una parola, aiutarti o farti cadere. E sono quelli che pagano di meno. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio e questa considerazione riguarda tutte le categorie, dai politici ai dirigenti, dagli imprenditori ai giornalisti. Del resto l’operazione Iban scatta proprio in seguito alla denuncia di un funzionario. E’ un fatto di coscienza e responsabilità individuale. Ma chissà perché quando il denaro, quando la “res” è pubblica, la coscienza si fa più sottile. Nei diversi filoni d’indagine sulla Formazione ad esempio, sono venuti fuori impiegati che a vario modo hanno avallato e consentito le ruberie. Pensate all’impiegato che avvisa in tempo di blitz e controlli o quello che spiega come aggirare meglio la normativa. Spesso venivano ricompensati per altre vie, con docenze o consulenze nei corsi. Tutti hanno famiglia, basta chiudere un occhio o tutti e due. L’assessore alla formazione Nelli Scilabra inviò una lettera a tutti i dirigenti ed impiegati del Dipartimento, invitandoli a segnalare casi di possibili conflitti d’interesse personale. Ognuno avrebbe dovuto “autodenunciarsi”. Risposero in pochissimi.

Le inchieste invitano a riflettere sulla nostra concezione della cosa pubblica. Siamo un popolo che ama la frase “l’occasione fa l’uomo ladro”, quando è possibile aggiriamo la legge, troviamo il modo per truffare lo stato. Se pensiamo che nessuno ci sta guardando, o se lo fanno tutti, lo facciamo anche noi. Forse i dipendenti arrestati erano davvero convinti che la Regione fosse la “loro famiglia” al punto da avere un unico conto in banca, il loro….. Spesso gli incaricati di vigilare che si accorgono dei furtarelli si girano dall’altra parte, o perché non è denaro loro, o per quieto vivere o perché qualche briciola può arrivare. Questo modo di considerare la cosa pubblica come terra da saccheggiare sta dietro diversi comportamenti. Pensiamo ai blitz sull’assenteismo cronico. Se uno non va a lavorare per fare shopping o perché ha un doppio lavoro ruba tre volte: lo stipendio allo Stato, il secondo stipendio in nero a un disoccupato, e froda gli utenti, perché sottrae una risorsa utile. C’è un impiegato dell’Ato sotto processo perché invece di essere al cimitero era altrove, ha avuto un incidente per i fatti suoi ma lo ha denunciato come “incidente sul lavoro”, chiedendo quindi il rimborso all’Inail. Ci sono poi quelli che sottraggono materiale dall’ufficio, dipende dall’istituzione cui appartengono, quindi possono essere penne, materiale edile, rotoli di carta igienica, soluzioni fisiologiche e tovaglie verdi ospedaliere, piuttosto che quadri o poltrone. Ricordo che l’allora presidente dell’Atm Pino Cardile, veniva soprannominato “lo sceriffo” perché aveva il vizio di chiedere conto del fatto che nell’officina a volte misteriosamente venivano riparati motorini o altri mezzi e che gli autobus consumavano più benzina di un’astronave. Anni dopo i magistrati hanno accertato che all’Atm il lavoro era una cosa serissima al punto da accumulare straordinari da far impallidire gli schiavi nelle piantagioni. C’è gente che ha lavorato il lunedì di pasqua quando, è fatto noto, non passa un autobus neanche se vai a prenderlo col carro-attrezzi. Gran parte degli stakanovisti non erano autisti ma impiegati, quindi cosa andassero a fare il Lunedì di Pasqua in ufficio resterà un mistero. Sempre all’Atm si è scoperto che l’81 andava ad Ortoliuzzo con più frequenza di un singhiozzo e il rimborso del chilometraggio richiesto alla Regione per le varie linee era tale da far pensare che gli autobus accompagnassero gli utenti non a Piazza Cairoli ma in vacanza a Rimini. E’ un fatto di coscienza, perché se i soldi fossero i tuoi e tu li avessi sudati ora per ora, non li getteresti via. Il problema è l’uso che si fa del denaro pubblico, della cosa pubblica. Se davvero consideri la cosa pubblica come BENE COMUNE, come il giardino che fa star bene un’intera collettività, non apri i cancelli e dici: entrate e fate quello che vi pare. Se la politica che ruba riguarda pochi, il concetto di cosa pubblica come terra di rapina riguarda, in modo diverso, ognuno di noi. In fondo, dietro un politico che ruba c’è la complicità e il silenzio di chi lo aiuta, di chi non guarda, di chi da quella rapina ottiene qualcosa che cade mentre quello scappa con la refurtiva, di chi si gira dall’altra parte per quieto vivere e di chi, nel suo piccolissimo orto-pubblico si porta a casa le zucchine.

Rosaria Brancato