Buzzanca e Tomasello, obiettivo comune: rimanere saldi ai “posti di comando” il più a lungo possibile

Giuseppe Buzzanca, dal 2008, è il sindaco di Messina; Francesco Tomasello, dal 2004, è il rettore dell’Ateneo peloritano . A capo delle due istituzioni cittadine più importanti, il Comune e l’Università, il loro destino sembra incrociarsi: le sentenze dei tribunali fanno traballare le loro poltrone, ma entrambi non mollano la presa e rimangono ai “posti di comando” . Sia Buzzanca che Tomasello governano, nei rispettivi ambiti, in virtù di un mandato che presenta molte “ombre” se non addirittura veri e propri vizi di illegittimità nel caso del rettore, che tuttavia- va sottolineato – trova ad oggi un paracadute nella Riforma Gelmini, e di incostituzionalità nel caso del primo cittadino, che ha deciso di “scalare” tutti i gradi di giudizio pur di prendere tempo e non arrendersi all’evidenza.

Tomasello, il cui secondo mandato “naturale” sarebbe scaduto il 31 ottobre 2011, è ancora alla guida dell’Università forse, ma è ancora tutto da vedere, grazie alla legge 240/2010, che prolunga di dodici mesi il mandato dei rettori dal momento dell’adozione del nuovo statuto d’Ateneo, ma molto più probabilmente per effetto dell’autoproroga votata da Senato accademico e Cda tra aprile e maggio 2010, che però è già stata giudicata illegittima dal Tar di Catania e dal Cga. Il sindaco Buzzanca, che è contemporaneamente deputato all’Assemblea regionale Siciliana, amministra la città e siede all’Ars sapendo di non poter svolgere entrambi i ruoli perché così ha stabilito la Corte costituzionale e così hanno deciso , in ottemperanza alle sentenze della Corte costituzionale, i tribunali ordinari.

I nodi delle due vicende sono inestricabili ed evidenti a tutti , eppure il primo cittadino non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro ed il magnifico vorrebbe adiirittura prolungare il proprio mandato il più a lungo possibile . Tomasello ha deciso di indossare gli abiti del “missionario” e come tale vuole portare a termine la sua “missione” : traghettare l’Università di Messina dal vecchio al nuovo corso. In più occasioni pubbliche ha ripetuto il medesimo concetto: «Non lascerò il percorso intrapreso a metà». Altrettanto risoluto il sindaco che, a chiusura del 2011, nell’intervista video realizzata per Tempostretto, dichiarava: «Non ci può essere alcuna legge che annulli il volere del popolo», dimenticando che non siamo più nell’età moderna e che lui non è un sovrano legibus solutus, ma come il resto dei cittadini è soggetto alle leggi.

Ciechi dinnanzi a fatti acclarati, sordi alle critiche più aspre, immobili di fronte alle sentenze dei tribunali, Buzzanca e Tomasello dicono di agire nell’esclusivo interesse della collettività, il primo di quella cittadina e il secondo di quella accademica. Ma è davvero così o a guidare le azioni dei due rappresentanti delle istituzioni c’è un unico “nobile” sentimento: l’attaccamento alle poltrone? Ai posteri l’ardua sentenza .

Per il momento “accontentiamoci” delle sentenze già emesse, quelle dei tribunali, e ripercorriamo brevemente le vicende di Tomasello e Buzzanca, legate alla proroga e al doppio incarico.

BUZZANCA ED IL DOPPIO INCARICO

Il sindaco Buzzanca , che è anche deputato regionale, riveste un doppio ruolo che è incompatibile. Lo ha detto e ribadito la Corte costituzionale. Una prima volta con la sentenza n. 143 dell’aprile 2010, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della modifica apportata nel dicembre 2007 (pochi mesi prima delle elezioni) alla legge regionale n. 29 del 20 marzo 1951, nella parte in cui taceva sull’incompatibilità tra l’ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco e assessore di un Comune con popolazione superiore a ventimila abitanti. Una seconda volta con la sentenza n. 277 del 22 ottobre 2011 con cui ha decretato che la decadenza sopravvenuta per incompatibilità può riguardare entrambe le cariche per effetto del «naturale carattere bilaterale dell’ineleggibilità il quale finisce per tutelare non solo la carica per la quale l’elezione è disposta, ma anche la carica il cui esercizio è ritenuto incompatibile con la candidatura in questione». Una terza volta con sentenza n. 294 del 7 novembre 2011, con la quale è stata confermata l’incompatibilità tra le cariche di sindaco e di deputato e “stracciata” la leggina che rinviava l’obbligo di optare al terzo grado di giudizio nella parte in cui stabilisce che «ove l’incompatibilità sia accertata in sede giudiziale, il termine di dieci giorni per esercitare il diritto di opzione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza».

In mezzo alle sentenze della Corte costituzionale ci sono, poi, anche quelle dei Tribunali (vedi articolo correlato). L’ultima in ordine di tempo la sentenza emessa dai giudici della prima sezione civile del Tribunale di Palermo che, accogliendo il ricorso di Antonio D'Aquino, primo dei non eletti alle Regionali del 2008 nella lista Pdl e nel frattempo passato nell’Mpa, ha dichiarato Buzzanca decaduto da deputato regionale.

Nessuna sorpresa ma solo l’ennesima conferma, se mai ci fosse bisogno dopo i diversi pronunciamenti della Corte costituzionale, massimo organo giurisdizionale chiamato a far rispettare la legge suprema del nostro paese, cioè la costituzione, che la cariche di deputato e di sindaco di una città con più di ventimila abitanti non possono “convivere” nella medesima persona. Ma Buzzanca che fa? Si appella e prende tempo, sapendo già che nulla cambierà nella sostanza. E’ vero, appellarsi è nei diritti del sindaco-deputato, ma esistono ragioni di opportunità che troppo spesso vengono ignorate.

TOMASELLO E LA PROROGA

Il secondo mandato del rettore Francesco Tomasello ha un inizio certo, ottobre 2007, ma non è ancora possibile dire con sicurezza quando finirà. Molto dipenderà dall’esatta individuazione del momento in cui si considera adottato il nuovo statuto d’Ateneo (approvato da Senato accademico e consiglio d’amministrazione lo scorso 29 ottobre), a partire dal quale scatteranno i 12 mesi di proroga concessi dalla legge Gelmini ai rettori di tutti gli atenei italiani. Diverse a questo proposito le interpretazioni di illustri avvocati amministrativisti: secondo alcuni, il nuovo Statuto può essere considerato adottato dal momento in cui viene approvato dagli organi di governo (nel caso dell’ Università di Messina il 29 ottobre 2011); secondo altri, dal momento in cui sono rese note le osservazioni ministeriali e, quindi, nel caso del nostro Ateneo lo scorso 7 marzo.

Tuttavia, le due diverse interpretazioni non solo pongono un problema di date ma aprono scenari totalmente diversi tra loro, soprattutto alla luce della specifica osservazione ministeriale che ha bocciato la norma, contenuta nell’art.62 comma 5 secondo periodo del nuovo statuto, che anticipa da novembre ad ottobre la data di inizio dell’anno accademico. Anticipando ad ottobre l’inaugurazione dell’anno accademico e partendo dal presupposto che il nuovo statuto si sarebbe considerato adottato al momento dell’approvazione da parte del Senato e del Cda, Tomasello aveva messo a punto un piano apparentemente perfetto, che gli avrebbe consentito di restare in carica addirittura sino ad ottobre 2013. L’adozione del nuovo statuto d’Ateneo da parte dei due organi di governo , avvenuta il 29 ottobre 2011, sarebbe infatti rientrata – in virtù di quella modifica temporale – nell’anno accademico 2011- 2012 e non più in quello 2010 – 2011. Cassando l’art.62 comma 5 secondo periodo, il Ministero ha mandato all’aria la strategia messa a punto dal rettore. Che ora rischia di rimanere a bocca asciutta, anche se lui questa ipotesi non la prende neanche in considerazione.

Se l’interpretazione prevalente dirà che lo statuto si considera adottato solo dopo che il Ministero ha inviato le proprie osservazioni , la proroga concessa al rettore dell’Università di Messina partirebbe dal 7 marzo 2012 e scadrebbe nel marzo 2013. Un finale ipoteticamente ideale per il magnifico se non per un “piccolo” particolare e cioè che dal 31 ottobre 2011, giorno in cui è scaduto il suo mandato naturale, al 7 marzo (ma in realtà sino ad oggi) , Tomasello avrebbe continuato a guidare l’Università probabilmente illegittimamente , usufruendo dell’autoproroga votata nel 2010 e che il Tar di Catania ha annullato con una sentenza i cui effetti sono stati confermati anche dal Cga.

Con sentenza 29 ottobre 2911 n. 2586 il Tribunale ammnistrativo ha, infatti, accolto il ricorso presentato da una trentina di professori ordinari, ricercatori e personale tecnico- amministrativo dell’Ateneo peloritano, giudicando nulli gli atti relativi alla modifica dell’articolo 57 e all’inserimento dell’art.57 bis , con cui Senato accademico e Cda avevano concesso, ormai quasi due anni fa, la proroga di 12 mesi al mandato del rettore Francesco Tomasello e di quello di tutti gli organi elettivi . Il rettore è ricorso in appello, ma la sentenza del tribunale ammnistrativo ha trovato conferma nell’ ordinanza n. 132/2012 del 24 febbraio del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana che, in sede cautelare, ha confermato l’efficacia e la validità delle statuizioni del T.A.R. catanese, precisando che «l’appello non è assistito da adeguato fumus boni juris, nella parte in cui è volto a censurare il capo n. 2 della sentenza gravata, potendo apparire (che) la modifica dell’art. 57 dello Statuto universitario (pur con il modesto temperamento dell’art. 57–bis) si atteggi come una <>, priva di ogni generalità e astrattezza, e come tale in contrasto con il principio che nessun organo collegiale può, al di fuori di una previsione normativa che lo preveda e consenta, prorogare se stesso con provvedimento amministrativo».

Buzzanca e Tomasello , protagonisti indiscussi della scena cittadina, sembrano gli attori ideali di un’opera pirandelliana. Come diceva Luigi Pirandello COSI’ E’ SE VI PARE… (Danila La Torre)