Coronavirus

Covid e rientro a Scuola. La protesta degli studenti del Bisazza: “Restiamo a casa”

La didattica parziale in presenza riparte per gli Istituti Superiori di Messina. Ma non tutti i ragazzi sono tranquilli a tornare tra i banchi; nonostante tutte le misure di sicurezza prese, sono ancora tante le loro paure.

Per questo motivo nasce la protesta pacifica degli studenti dell’Istituto Felice Bisazza. “Gli studenti di 20 classi (su 35 in tutto) del Liceo, da lunedì, hanno deciso di non tornare tra i banchi e chiedono di poter continuare a seguire le lezioni mediante la Dad. Cerchiamo di partecipare alla protesta come Istituto intero, altrimenti proseguiremo come maggioranza. La nostra paura è quella del contagio, basterebbe un solo ragazzo positivo per metterci tutti a rischio in pochissimi secondi” dichiara Emanuele Maurotto della 2B.

Il rientro al 50%: “rischioso e poco formativo”

Il rappresentante Emanuele Giglio spiega che rientrare a scuola è desiderio comune, ma in questo momento vi sono ancora troppe problematiche e la forte paura per il rischio di contagio. “La situazione attuale non ci permette di tornare serenamente tra i banchi. Vorremmo aspettare qualche altra settimana, per non essere causa di un picco dei contagi. Se a rientrare è il 50% delle classi dell’Istituto, nonostante le aule siano ampie e spaziose, è impossibile rispettare il distanziamento durante tutti i nostri spostamenti, in entrata o in uscita. E non mancano le problematiche neanche per il rientro in presenza del 50% degli studenti di ciascuna classe; questa scelta dovrebbe essere finalizzata a migliorare il percorso formativo e d’istruzione di ciascuno di noi, ma in molti hanno sperimentato il contrario. Per chi resta a casa risulta quasi impossibile seguire: la connessione in contemporanea di tutti i professori presenti a scuola incontra molte difficoltà e rischia di interrompersi di frequente”.

Una protesta pacifica per proteggersi

“Ognuno è libero di scegliere – continua il rappresentante- su 700 studenti saranno in 50 circa ad entrare. La nostra speranza è che a breve i “poteri alti” si rendano conto della pericolosità di una riapertura adesso della scuola, decidendo di chiuderla, così da rendere sufficiente una settimana di assenza a tutelarci. Non possiamo essere costretti a mettere a rischio noi stessi e soprattutto chi ci sta vicino”. 

Il rischio dei trasporti

Una paura comune a molti è quella dei trasporti, come esprimono entrambi i ragazzi: “ci sono troppe problematiche ancora con i mezzi di trasporto. Sono stati aumentati tutti gli orari delle corse ma non sufficientemente il numero di autobus e questo non risolve il problema. Alle ore di punta, come quelle dell’ingresso o dell’uscita da scuola, l’affluenza è altissima e il distanziamento non può essere garantito”.

La Dad

Ma la dad può bastare davvero a vivere a pieno il senso della scuola?

A rispondere è Emanuele Maurotto: “io ed Emanuele Giglio la pensiamo allo stesso modo. Indubbiamente non ci sentiamo di vivere a pieno il senso della scuola; mi basta pensare alla scuola di settembre dello scorso anno per costatare come tutto fosse diverso. Al primo posto c’era il legame umano con gli altri, i momenti di condivisione con compagni e professori al bar o nei corridoi, i compleanni festeggiati insieme. Ma tutto questo adesso ci viene privato anche in presenza, non è scuola neanche entrare in classe senza poter salutare il mio compagno. È un sacrificio che dobbiamo fare per tornare, si spera al più presto, alla normalità. Prima di tutto vi è il diritto alla salute, poiché la Dad almeno non ci priva di quello allo studio”.

Un gesto per chi si ama

La forza motrice di tutto è il senso di protezione per chi si ama ed è più debole.

Conclude, infatti, Emanuele: “Io resterò sempre a casa, se non per comprare la spesa o le medicine dei miei nonni. Non vedrò i miei amici. Vogliamo si capisca il nostro obiettivo: tutto ciò che stiamo facendo o dicendo non nasce da una preoccupazione personale per la nostra salute ma dal volere proteggere quella di chi amiamo. Non possiamo essere un rischio per la nostra famiglia, per mamma e papà o, ancor più, per i nonni”.