Le rivoluzioni mancate della Sicilia che finiranno con il favorire il centro-destra

Alzi la mano chi non ha creduto nella rottamazione di Renzi, nelle rivoluzioni di Crocetta e di Accorinti. Alzi la mano chi adesso non si sente deluso e spesso tradito. Ma se a livello nazionale non sarà il centro-destra ad avere vantaggi da un presidente del Consiglio diversamente di sinistra, giacchè è proprio lui l’incarnazione dell’erede di Berlusconi, in Sicilia le rivoluzioni mancate apriranno la strada a nostalgie del centro-destra e più tempo passa, con un Pd incapace di fare pace con se stesso, più quelle nostalgie si trasformeranno in ritorno.

"Oggi è cambiata la storia della Sicilia. Sono riuscito nel miracolo di mettere insieme movimenti non politici e partiti. Io sono veramente rivoluzionario, non Grillo che blatera. Non farò inciuci in Assemblea, cercherò la maggioranza sui provvedimenti e se non ci riuscirò chiederò il sostegno dei cittadini. Tornerò al voto e vincerò con una valanga di voti". Così parlava Crocetta mentre le urne,a fine ottobre 2012 gli consegnavano la Presidenza della Regione Sicilia,alla guida di una coalizione di centro-sinistra messa insieme dal colpo d’ala di D’Alia che per primo ha lanciato la sua candidatura,bruciando il Pd impantanato tra veti e contro veti.

A votare, quel 28 ottobre,sono andati meno della metà dei siciliani, con un’affluenza crollata al 47, 42% degli aventi diritto al voto (nel 2008 era stata del 66,68% e Lombardo era stato eletto con il 65,3% doppiando letteralmente il Pd).

Di quella metà dei siciliani, pari a 2 milioni e 203 mila elettori, la maggioranza scelse la coalizione di Crocetta che è stato eletto con il 30,47% dei voti,una percentuale che alla luce di quel dimezzamento di affluenza la dice lunga sull’umore dei siciliani rispetto alla politica. Per la prima volta la Sicilia ha avuto un Presidente di sinistra (salvo Capodicasa ma il sistema elettorale era diverso),grazie anche ad un centro destra che si è presentato diviso tra Musumeci e Miccichè. Quanto a quel 30,47% di Crocetta è bene ricordare che è dipeso molto dalle urne di Messina, che hanno fatto registrare, grazie alle truppe di D’Alia e Genovese un 33,7% diretto al governatore,percentuale più alta ottenuta rispetto a Catania e Palermo. I messinesi hanno portato a Crocetta in dote oltre 93 mila voti.

Nell’aprile 2015, ormai 2 anni e mezzo dopo,questa è preistoria, perché da quelle dichiarazioni si è rivoluzionato un mondo ma non come aveva previsto Crocetta.

Alla Regione è già iniziata la campagna elettorale e la manovre di posizionamento ben prima della scadenza naturale del 2017 e gli eventi si rincorrono velocemente. Lo stesso governatore dopo aver detto: “Se mi vogliono eliminare dovranno usare il bazooka, può sfiduciarmi solo il popolo, io mi ricandiderò e vincerò ancora”, ha lanciato sul suo profilo facebook una rubrica settimanale prevista per ogni sabato e attraverso la quale parlerà ai siciliani.

Da quell’ormai lontanissimo 2012 nessuna delle leggi annunciate: norme sulla corruzione, riforma della formazione, riforma delle province, si è mai concretizzata. Di quella pagina storica non è rimasta una sola riga. Sei finanziarie dopo,30 assessori dopo e dopo la sistematica occupazione di tutte le poltrone e sottogoverni possibili, la Sicilia è indiscutibilmente sull’orlo del default, alle prese con una manovra finanziaria che ricorderanno le generazioni future per i prossimi 50 anni. Alzi la mano chi ricorda una sola norma che ha rivoluzionato la Sicilia e chi ricorda una sola cosa fatta dai 30 assessori. Alcuni di loro,come lo scienziato Antonio Zichichi, il cantante-poeta Franco Battiato, la studentessa fuori corso Nelli Scilabra, la segretaria di Crocetta Michela Stancheris li ricorderemo per motivi che nulla hanno a che vedere con la loro opera nell’assessorato. La rivoluzione si è rivelata un disastro,la lotta alla manciugghia si è trasformata in una trasferta quotidiana in procura, la macelleria sociale è in agguato e la spending review a macchia di leopardo favorisce solo gli amici e gli stipendi di una pletora di poltronisti. La bocciatura della riforma delle province è stata una vittoria per Crocetta che governa attraverso i commissari le ex province ormai da due anni senza opposizione. La Finanziaria commissariata che sarà all’esame dell’Ars nei prossimi giorni sarà un bagno di sangue non solo per i siciliani ma per gli stessi deputati che si scontreranno all’ultimo emendamento. In gioco c’è la poltrona che oggi è di Re Saro. Renzi e i renziani stanno tessendo la tela per le elezioni anticipate e nel frattempo attendono gli esiti delle urne di fine maggio. Il Pd è “complice” di questo disastro,anche a causa di lotte intestine che hanno paralizzato la giunta per mesi, ma cercherà di “smarcarsi” al più presto possibile. Ma il delfino Davide Faraone non dovrà scontrarsi nello scenario delle Piramidi quanto piuttosto in un Colosseo, un’arena romana con leoni in campo e se la dovrà vedere con le altre anime del partito e con un Leoluca Orlando che scalpita. Dando per scontato che Crocetta non si arrende, lo scontro sarà feroce e nel frattempo l’area centrista si rafforza. A Roma inoltre sta maturando anche un’ipotesi simil-renziana,ovvero una fotocopia del governo nazionale, con Ncd e Udc. A fermare il treno in corsa che tira dritto verso le anticipate è l’istinto di sopravvivenza dei 90 deputati dell’Ars, molti dei quali “miracolati” dell’urna e che sanno bene che dalla prossima legislatura il 90 diventerà 70 e sarà dura ripetere l’evento. Anche solo sei mesi in più di indennità e rimborsi pesano. La sfiducia è da escludersi, a meno di un diktat romano basato sul giuramento solenne di future liste blindate. Quel che è certo che ogni singolo giorno di questo disastro è un voto in più per il centro-destra e per l’Udc che stanno ormai alla finestra a guardare Pd e Crocetta che si fanno del male da soli.

Lo scenario è uguale a Messina, dove la rivoluzione l’ha annunciata Accorinti nell’estate del 2013 con 47.608 voti e una percentuale del 52,60%.

Anche in questo caso Accorinti ha vinto per un voto “contro” la vecchia politica che ha devastato la città e su di lui sono confluiti i voti degli elettori di centro-destra e dello stesso Pd.

“Questa è la vittoria di tutti, io sono poca cosa- diceva Accorinti quel 24 giugno 2014- Messina è sempre stata una delle ultime città per vivibilità, questa volta sarà da esempio per l'intera penisola. E' una pagina straordinaria di democrazia. Sono cosciente che la strada è complicata perché gli amministratori ci hanno rovinato la vita, ma insieme ce la possiamo fare. O cambiamo tutti o non cambia niente. Siamo tutti sindaci, tutti assessori, tutti cittadini.. Oggi è l'ultima volta che indosso la maglietta No Ponte, simbolo di una battaglia vinta. Adesso comincia una nuova storia: quartiere per quartiere lavoreremo per gli ultimi e i bambini. Si tratta di una svolta epocale sul piano culturale. Diritti e non favori sarà la parola d'ordine nel governo della città, con una squadra di altissimo profilo per cambiare Messina dal basso insieme con tutta la cittadinanza. Qui non ci sono un sindaco e otto assessori ma una città che vuole cambiare. Il primo passo verso il cambiamento sarà abbattere ogni muro che separa, a Palazzo Zanca, i cittadini dagli amministratori”.

Basta confrontare quelle parole con la realtà attuale per verificare che anche di quella pagina rivoluzionaria non è rimasto nulla. Persino i tornelli che sono stati eliminati il primo giorno sono stati sostituiti con porte chiuse (adesso si passa attraverso una doppia anticamera). Non è vero neanche che ha smesso la maglietta No Ponte, l’ha indossata altre volte, ma questo sarebbe solo un dettaglio ininfluente se almeno un punto di quella rivoluzione fosse stato realizzato. Non importa che la flotta comunale sia rimasta uno slogan, ma sarebbe stato importante, trasformarci in esempio di città vivibile come annunciato nel 2013. Non una sola cosa rivoluzionaria è stata fatta. Di quella frase: o cambiamo tutto o non cambiamo niente, siamo rimasti alla seconda parte, quella del niente. In Consiglio comunale sembra stiano spuntando venti di sfiducia,ma quel che è vero per l’Ars è ancora più vero per il Comune: l’istinto di sopravvivenza non farà mai raggiungere la quota. Quanto successo a Barcellona con la sfiducia alla Collica è come per quei figli nati da un incidente di percorso, un errore di calcolo. In Aula quella sera non sono stati fatti bene i conti. La mozione di sfiducia ad Accorinti è come la tipica frase sul ma di testa della moglie dopo 20 anni di matrimonio,si dice ma non ci crede nessuno dei presenti. Gli scenari potrebbero mutare solo in due casi: o in base agli esiti delle amministrative e dei contraccolpi alla Regione e a Roma o in caso di bocciatura del Piano di riequilibrio che l’Aula ha votato solo per poter dire un giorno: “la ciambella di salvataggio te l’ho lanciata”. Anche in questo caso così come a Palermo ad avvantaggiarsene sarà il centro-destra in una città che da sempre è stata refrattaria alla sinistra. Così come Crocetta sta regalando la Sicilia agli uomini del centro e della destra Accorinti sta portando su un piatto d’argento la città agli uomini del centro e della destra. Anche perché mentre a Palermo il Pd esiste, sia pure in perenne litigio con sé stesso, a Messina,dopo l’arresto di Genovese non esiste più il partito e la sinistra, se dovesse andare oggi al voto sarebbe come Barcellona dove ci sono più candidati Pd che tesserati e dove per combattere la Collica la sinistra è stata costretta ad allearsi con le varie anime del centro-destra.

Rosaria Brancato