A Camaro il pizzo e l’assistenza dei carcerati sono “affari di famiglia”

"Prepara quindici mila seno fai bum! Chiama amici". È stato questo bigliettino, il 15 ottobre 2011, a far scattate l'operazione Richiesta. Recapitata al titolare del negozio Arredo Casa di Camaro Superiore, ha consentito agli investigatori di arrestare il pregiudicato Vittorio Di Pietro. Da lì al clan che gli stava dietro il passo é atto breve. Il giorno prima infatti un analogo biglietto dall'inequivocabile messaggio estorsivo era stato recapitato ad un fabbro di Camaro inferiore. Troppe minacce, che hanno fatto capire agli inquirenti che il clan del rione stava rialzando la testa. La risposta dello Stato è stata immediata: coordinati dal sostituto procuratore della Dda Camillo Falvo e dal collega della Procura ordinaria Diego Capece Minutolo, gli investigatori sono riusciti a disseminare in tutta la zona, persino sotto una panchina pubblica, cimici e telecamere. Occhi e orecchie "remote", che hanno svelato quel che ha ieri condotto ai 12 arresti: il nuovo reggente del clan di Camaro era Francesco La Rosa, che godeva dell'appoggio del capo storico, il boss Santi Ferrante. Entrambi anche da dietro le sbarre erano riusciti a dirigere il gruppo, ordinando ai fedeli di imporre il pizzo a quasi tutti i cantieri attivi nelle zone di competenza ed ai commercianti. Ancora una volta a tradire i criminali sono state le comico. Quelle istallate nelle sale
colloquio del carcere, per esempio, hanno rilevato l'attivismo delle "signore" dei boss. In primo luogo Maria Genovese, moglie di La Rosa. Nel febbraio 2012, colloquiando col figlio Gianfranco, in carcere, Francesco La Rosa rammarica di non aver seguito il consiglio della moglie, che aveva suggerito di spostare un panetto di droga, per addossare la responsabilità ad un altro sodale. Lo stesso giorno moglie e marito parlano di assegni e crediti da riscuotere. La donna però partecipa attivamente anche alle discussioni sulle estorsioni da mettere in atto, come quella ad un cantiere di via Santa Marta, o nella spartizione dei proventi. E dice la sua. Come in occasione dei soldi da riconoscere ad un sodale detenuto, spartizione che non la trova d'accordo. Lei protesta, il marito da dietro le sbarre rimbrotta : "sempre tu parli, sempre tu parli, ti ho detto di farti la femmina". Scene di una famiglia criminale in un interno, il carcere. Il provvedimento cautelare ne riporta parecchie, a proposito della famiglia La Rosa – Genovese, che si adopera insieme per assistere i detenuti, pagando le spese legali.

Ancora una volta nella conversazione tra padre e figlio del febbraio 2012, quella durante la quale parlando del panetto di droga scoperto dagli agenti, Francesco La Rosa racconta dei momenti dell'arresto, le conversazioni con gli agenti che avevano già capito come il padre si stesse accollando la responsabilità del figlio. "…quando mi hanno preso il…mi ha dato la mano me l'ha stretta "è un cristianu" dice…"nessuno fa quello che sta facendo lei" gli ho detto: non sto facendo niente".
Al figlio Gianfranco, che ribatte di essere abbastanza grande per prendersi le proprie responsabilità, anche penali, il padre risponde "noo non mi piace qua…meglio che ci sono io, che sono nero come il carbone..ma perché se mi prendo le responsabilità di mio figlio…che dici". Poi si alza e lo accarezza affettuosamente.
L'indagine vede coinvolti altri due indagati: Fabio Maffei, 37 anni, e Agostino Stracuzzi, 35 anni.

Alessandra Serio