G37, la nascita di Dio

Un presente secolarizzato riscopre il fascino del solenne nella poesia, medium sfuggente, semplice parola per illuminare quello che non è. Un suggestivo allestimento scenico accoglie gli spettatori nel piccolo tempio di Savoca dedicato alla Madonna Assunta: la luce artificiale dei fari e il bagliore delle candele ad illuminare il presbiterio, i poeti a pochi passi dall’altare ad officiare il rito del verso.

Il G37 della poesia voluto dal mecenate messinese Antonio Presti magnifica la cultura come unico scambio possibile tra i popoli; il potere della conoscenza non cerca in questo senso alcuna competizione con la lussuosa kermesse taorminese fondata sulle arroganti percentuali economiche. Se Dio è il verbo per antonomasia, le sue declinazioni sono infinite nel lungo reading che coinvolge gli illustri invitati: dal canto dolente di Biagio Guerrera sull’endemiche sofferenze siciliane al mito della Piuma di Simorgh declamato da Roberto Mussapi, vie infinite verso sensibilità travolte dal delirio della modernità. Quindi una poesia sull’insensatezza, come nel caso dello statunitense John Keene, o le istruzioni per l’uso sussurrate dalla svedese Cia Rinne con un sorriso appena appena accennato: voci magmatiche che scorrono con impeto, talvolta confessioni, segnali verso un altrove luminoso, spedizioni erudite verso nuove Indie. In un continuo frusciare di fogli, Aldo Nove recita da uno smartphone la nascita di una divinità personale. Passato e presente regolano i propri conti sul medesimo campo di battaglia: la parola.

Restituire un’identità al territorio: obiettivo difficile, come emerge dalle riflessioni in apertura del sindaco Nino Bartolotta e dello stesso Antonio Presti. In contemporanea al G7, la comitiva si sposta in direzione Etna (Linguaglossa, Castiglione di Sicilia), nuovo teatro di un’ode alla conoscenza che solo il silenzio può affidare alla sfera del sacro.

Domenico Colosi