Un fallimento su tutti i fronti. Per Nina Lo Presti e Gino Sturniolo la gestione rifiuti targata Accorinti-Ialacqua non ha prodotto altro che una fotocopia di ciò che c’era in passato. Tra conti che non tornano, un ultimo piano finanziario da capogiro che di fatto ha confermato che in passato a Messinambiente non venivano riconosciute le somme necessarie per funzionare, debiti accumulati, risultati poco tangibili e di conseguenza una Tari alle stelle, i due consiglieri ex accorintiani hanno deciso di passare ai raggi x tutte le carte che parlano dei rifiuti messinesi, per spiegare con numeri e dati alla mano perché non hanno votato la Tari e perché non si sono voluti piegare ad un voto “obbligato”, come invece hanno spiegato nei giorni scorsi altri pezzi d’aula, in primis Pippo Trischitta, che proprio una settimana fa aveva indetto una conferenza stampa per dire alla città perché invece aveva votato sì ad una Tari che farà male alle tasche dei cittadini, a fronte di servizi pessimi.
Eppure loro ci speravano. Ironicamente, ma ci speravano. «Le aspettative erano tante e direttamente proporzionali alla quantità di comunicati stampa diffusi dalla Giunta» dicono i due consiglieri che tirano fuori il lungo elenco di slogan che l’amministrazione ha seminato in questi due anni per rendere più credibili le promesse: “Risaneremo Messinambiente con l’uomo ambiente anno 2012 venuto nientemeno da Capannori; con il Piano di Riequilibrio abbasseremo la pressione fiscale; con la rinegoziazione dei mutui finanzieremo la quota di co-finaziamento del porta a porta che contribuirà ad abbattere i costi della Tari; ci siamo liberati della discarica di Mazzarà adesso a Motta S. Anastasia risparmieremo sul conferimento quindi la Tari diminuirà; lanceremo la raccolta differenziata spinta prevedendo il raggiungimento del 65% entro il 2015; con la Multiservizi ridistribuiremo le risorse quindi risparmieremo sulla Tari; mandando tutti i lavoratori all’Amam senz’altro faremo economia di scala tale da determinare l’abbattimento della Tari”. «Ad un certo punto abbiamo seriamente creduto che quest’anno l’alternativa a 365 giorni di spazzatura sarebbe stato un abbonamento al teatro Vittorio Emanuele».
Slogan accompagnati da date che ovviamente non sono state rispettate, mentre nel frattempo sono iniziate a fioccare le brutte notizie: 2,5 ml di sanzione per la mancata applicazione del 36% di copertura dei costi a carico dell’utenza per i servizi a domanda individuale, i maggiori costi della discarica di Motta, i rilievi della Direzione Territoriale del Lavoro che stoppano il passaggio all’Amam, l’addio di Ciacci, le bacchettate del Prefetto.
«Con gli annunci non si amministra, restano solo sui titoli dei giornali, ma i nostri eroi faranno di tutto per sconfiggere i poteri forti occulti, non si arrendono, si arrovellano e contorcono il cervello per trovare la chiave che apre la porta di un altro mondo possibile. E così affondano le mani nello “scusario” a disposizione di tutta la Giunta, lo “scusario bene comune”.
La consigliera Lo Presti sfodera una buone dose di ironia ma va a fondo nella questione e punta la lente di ingrandimento su uno dei passaggi annunciati con grande enfasi dall’amministrazione: la fine della diatriba tra Messinambiente, Ato3 e Comune.
«Peccato che la transazione è ancora una bozza quindi un documento non ufficiale, top secret –spiega la consigliera. Da questa transazione verrebbe fuori che Ato3 deve a Messinambiente 9.873.686,28 euro, il Comune deve a Messinambiente 46 milioni a valere sul Piano di Riequilibrio, e ancora Comune deve ad Ato3 euro 2,8 milioni, mentre il Comune deve a Messinambiente altri 2.504.425,41 a valere sul bilancio 2015 come dal Piano di Riequilibrio. Totale: poco più di 60,5 milioni. Sono tanti, è vero, ma abbiamo risolto? Sì, paga il Piano di Riequilibrio che tradotto significa che pagano i cittadini con comode rate semestrali per i prossimi 10 anni, infatti la transazione è subordinata all’approvazione del Piano di riequilibrio e all’approvazione dei debiti da parte del consiglio comunale».
Dunque tornando alla transazione e partendo da questi dati i consiglieri mettono sul piatto un ragionamento deduttivo: se l’Ato3 in perizia non riconosceva a Messinambiente stanziamenti per alcuni servizi che poi affidava in appalto ad altri soggetti e se le perizie dal 2007 al 2013 oscillano tra i 40 e i 42 milioni e sono la fotocopia delle successive, ne deriva che se questa transazione, ancora non controfirmata dalle parti, riconoscesse a Messinambiente quello sbilancio che denunciano dal 2005 in poi tra costi e ricavi tale da determinare l’erosione del capitale sociale fino alla liquidazione, si potrebbe ipotizzare la possibilità che i servizi di igiene ambientale resi al Comune in quegli anni possano risultare pagati 2 volte.
Ma di tutto ciò nell’ultimo piano industriale approvato con la Tari non c’è traccia. Nella delibera l’aumento dei costi viene giustificato da sovraccosti legati a discarica e personale, mentre non si fa alcun riferimento ad un sovraccosto strutturale e per tale natura riprodotto nel tempo, sconfessando di fatto sia le valutazioni contenute nella relazione di Ciacci che le note dei Dirigenti Signorelli e Pagano che “riconducono i maggiori costi sostenuti da Messinambiente nella gestione dei servizi derivanti da difetti strutturali connessi ad un eccesso di personale rispetto alle reali necessità di servizio ed inquadramenti nelle categorie medio alte di buona parte del personale, e che i costi non dovrebbero essere inseriti nella Tari in quanto sono da ritenersi disavanzo di bilancio della Società.
E alla luce di questo quadro cosa fa questa amministrazione? «Senza soluzione di continuità ripropone lo stesso meccanismo di sempre tale per cui Messinambiente, per colpa del destino avverso e degli astri disallineati, produce sovraccosti non previsti o prevedibili nonostante relazioni e verbali di assemblee societarie, costi che fino al 2013 non sono stati considerati e che oggi riacquistano legittimazione e vengono schiaffati dentro il Piano di Riequilibrio».
Scontata la domanda che si pongono Lo Presti e Sturniolo: «Perché l’amministrazione non ammette che il sovraccosto è di natura strutturale e non casuale?». Altrettanto scontate le risposte che da soli riescono a dare: «Forse perché ammetterlo avrebbe significato confessare la vera natura del Piano di riequilibrio, un grande lavacro che assolve tutti dalle accuse politiche di mala gestio di cui questa amministrazione si è fatta complice; forse perché l’operazione Ciacci si è rilevata un fallimento; forse perché questo avrebbe significato cambiare rotta e magari non lasciarsi invischiare in tatticismi gretti di interessi particolari e rappresentare l’occasione di dimostrare la volontà di cambiare.
Una storia diversa dalle altre, dove ci sono sempre buoni e cattivi. «Qui buoni non ce ne sono» ha esordito Gino Sturniolo, spiegando che non possono esserci buoni in una storia che si chiude con circa 60 milioni di euro di debiti che dovranno essere saldati dai cittadini messinesi. La storia è quella delle partecipate che hanno gestito il servizio di smaltimento dei rifiuti a Messina, la storia di un soggetto, un unico soggetto, che si chiama Comune-Messinambiente-Ato che nel tempo assume varie facce, affida o gestisce dei servizi, produce una mole enorme di debiti, un servizio assolutamente inefficiente, probabilmente meccanismi corruttivi non da poco, alla fine riconosce ogni debito e lascia al cittadino il conto da pagare. E’ la storia degli Ato in Sicilia.
Capitolo ordinanze sindacali. La gestione rifiuti targata Accorinti è stata scandita da continue ordinanze emanate in attesa della SRR. La prima ordinanza sindacale risale al 1 ottobre 2013, dopo quella Accorinti ne firma 7 di durata trimestrale, condizione che impedisce a Messinambiente di stabilire rapporti con i fornitori a medio e lungo termine con conseguente aggravio dei costi e rapporti con gli istituti di credito inficiati dalla condizione di precarietà aziendale. Tutto questo mentre Ciacci, nella sua relazione, scriveva della necessità improrogabile di approvare entro fine marzo 2015 il Contratto di servizio in quanto sarebbe scaduta la possibilità di continuare l’affidamento su ordinanza e contestualmente di decidere lo scenario al quale aderire: fuoriuscita dalla liquidazione, creazione di una nuova azienda, utilizzo di un’azienda esistente.
E a proposito dell’ex commissario venuto da Capannori è Sturniolo ad affondare il coltello. «Alessio Ciacci e Raphael Rossi, giunti come gli uomini della provvidenza, sono pian piano entrati in contrasto con la Giunta e, seppur questo non sia stato mai ammesso pubblicamente, stante una certa ipocrisia e la necessità di salvaguardare, per tutti, un futuro di amministratori e un curriculum intonso, sono andati via lasciando sostanzialmente inalterate le condizioni trovate al loro arrivo e avendo consumato l’ultima chance a disposizione per risollevare l’azienda Messinambiente». Sturniolo ricorda le tante sollecitazioni fatte da Ciacci per quei soldi che non bastavano mai, ricorda che fin dal suo arrivo l’amministrazione aveva promesso 3 milioni di euro mensili almeno per i primi tre mesi, ma ciò non si realizzò mai. Ricorda anche che Ciacci ha provato a spingere nella direzione del contratto di servizio per far riacquistare alla società fiducia agli occhi di banche e fornitori. Ma nulla. E tutto questo è messo nero su bianco su verbali di assemblea dei soci, note, comunicazioni riservate, relazioni. Addirittura l’ex liquidatore arriva al 25 maggio scorso minacciando l’interruzione del servizio e arriva a luglio continuando a lamentare disallineamento tra costi della struttura e risorse previste secondo perizia. Da qui la rottura e le dimissioni, figlie evidentemente del cambio di rotta dell’amministrazione rispetto a quelli che erano stati evidentemente i progetti di Ciacci che non avrebbe mai accettato di fare la parte del mero liquidatore.
Una gestione che ha prodotto un servizio pessimo, e questo non lo dicono i due consiglieri ma parlano da sole le immagini di una città costantemente invasa dalla spazzatura. Le risorse insufficienti messe a disposizione di Messinambiente hanno portato ad una graduale erosione del capitale sociale che ha determinato un processo di obsolescenza del parco mezzi e l’impossibilità di adeguare il servizio agli standard richiesti. Sturniolo ha mostrato il malloppo di documenti che attestano i mancati svolgimenti di attività. «Le segnalazioni dei verificatori Ato dimostrano l’ampiezza della mancata rimozione di discariche abusive che si vanno formando di continuo presso i punti di raccolta dei rifiuti solidi urbani. Un’analisi a campione dei dati forniti dai verificatori, oltre, appunto, all’esperienza empirica, ci dice di una persistente mancata rimozione degli accumuli di rifiuti in molte parti della città, alcune di queste anche centrali. Si pensi a postazioni come quelle situate a Montalto, Gravitelli, Torrente Trapani, Faro superiore, Bordonaro, Torre Faro, Via Ducezio, San Michele, Viale Giostra ecc., dove la mancata rimozione si verifica ripetutamente e si protrae per molti giorni».
Basterebbe solo leggere alcune di queste segnalazioni per avere contezza di quanto il servizio sia carente. E considerato che la Tari è un tributo che ha carattere di corrispettivo, i cittadini possono opporsi a un balzello così alto a fronte di un servizio a tratti quasi inesistente. A spiegarlo, accanto a Lo Presti e Sturniolo, l’avvocato Aurora Notarianni: «E’ prevista dalla legge una riduzione della tariffa nel caso in cui il servizio non viene reso o viene reso male». Sono gli utenti stessi a poter rivendicare tale riduzione attraverso la messa in evidenza del mancato svolgimento delle attività previste dal Piano finanziario ovvero a causa di sopravvenute condizioni di emergenza sanitaria, tra l’altro acclarata in questi mesi anche da Asp, Prefettura e in 3 distinte note anche dal sindaco Accoranti. Per presentare domanda i tre hanno deciso di mettere a disposizione un modello fac simile (in download).
Amare le conclusioni di Sturniolo: «La Giunta Accorinti aveva gli strumenti per fare una operazione verità e farla fin da subito. Non averlo voluto fare la rende, in qualche modo, corresponsabile di quanto accaduto sino ad oggi. Un’operazione verità, non il riconoscimento indistinto di ogni forma di debito che viene prodotto con la transazione e trasferito nel Piano di Riequilibrio, avrebbe forse potuto individuare responsabilità, fatto pulizia, evitato di pagare una parte dei debiti, salvato l’azienda. O, comunque, si sarebbe potuto fare questo tentativo proponendolo alla città. Noi restiamo dell’opinione che il servizio di smaltimento dei rifiuti debba essere pubblico, ma non un pubblico qualunque esso sia. Il pubblico che abbiamo conosciuto non ci interessa perché è stato fonte di sprechi, corruzione e inefficienze. Il pubblico che vogliamo è onesto, democratico, partecipato ed efficiente».
Un’ultima riflessione Nina Lo Presti la dedica invece al voto sulla Tari e non le manda a dire a quei colleghi che votano per il solito grande senso di responsabilità. «L’attuale clima politico in città sta dividendo tutti noi Consiglieri in 2 nuove categorie i responsabili e gli irresponsabili. I responsabili sarebbero quelli che votano perché non c’era altro da fare, quindi lo fanno con senso di responsabilità per il bene della città. Gli irresponsabili, certi della tenuta del voto favorevole approfittano e sfruttano i responsabili per guadagnarsi visibilità orientati da un’azione politica fortemente ideologica. Ora la responsabilità è una scelta, presuppone la libertà come condizione, se invece non c’era nient’altro da fare, tranne se non sei ispirato o costretto, è un obbligo. I responsabili hanno scelto di rendersi schiavi di un meccanismo che gli impedisce di scegliere, la loro responsabilità è quella di stare dentro questo meccanismo, pertanto sono corresponsabili insieme ad Accorinti & co. Questi responsabili non possono rendere schiavi anche i cittadini».
Francesca Stornante