In nove mesi hanno chiuso 745 imprese contro 374 nuove aperture

Mentre di parla di dissesto sì, dissesto no, c’è chi il default lo vive sulla sua pelle ogni giorno. Le imprese commerciali, ad esempio, lamentano un calo del fatturato che oscilla dal 30% al 50%. Stando ai dati della Camera di commercio, il 2012 è stato un anno nero per le aziende, soprattutto nel campo commerciale.

“Nel terzo trimestre di quest’anno- spiega Saro La Rosa, amministratore dell’Azienda speciale Camera di Commercio- il rapporto tra le aziende commerciali al dettaglio che hanno aperto e chiuso a Messina e provincia è negativo. Hanno aperto 374 aziende nuove, ma 745 hanno chiuso battenti. Il che significa che il saldo è negativo e ancora non abbiamo i dati relativi alla fine dell’anno”.

Il problema non è limitato alla sola impresa che chiude, perché quando un’azienda abbassa la saracinesca ci sono famiglie che finiscono sulla strada e sono quelle dei dipendenti e dell’indotto collegato. Le festività non risolveranno più di tanto l’allarme perché, soprattutto a Messina, con i precari a rischio, i lavoratori delle partecipate senza stipendi da mesi, è chiaro che non ci sarà un Natale “spendaccione”, ma sarà una festa all’insegna del risparmio. Il segretario della Confconsumatori Fulvio Capria, sta valutando anche la possibilità di una class action nei confronti di chi ha portato la città, e i cittadini, sull’orlo del baratro.

“Il dato delle imprese che chiudono non è catastrofico in sé- aggiunge Michele Sorbera, Confesercenti- quanto piuttosto perché non indica un altro dato allarmante, che è quello delle aziende in difficoltà che però non possono chiudere. C’è gente che soffre ma non si può permettere di chiudere il negozio perché magari ha 50 anni e non ha ancora raggiunto l’età pensionabile. Non ha accesso al credito, e così tiene aperto tra mille difficoltà pur a reddito zero. A Messina ci sono forti responsabilità della politica, perché i segnali erano evidenti da tempo ma in troppi hanno preferito non vedere e non intervenire”.

La Cisl nei giorni scorsi ha affrontato la problematica legata all’assenza di vere politiche industriali sul territorio. Messina sta pagando caro il prezzo dei tagli nel settore pubblico e non ha un’industria abbastanza forte in grado di assorbire la grande domanda di lavoro.

“Si chiude un anno molto difficile per le realtà industriali del nostro territorio – ha spiegato Nino Alibrandi, segretario Fim Cisl – in termini di produttività e di posti di lavoro. Duferdofin, Acciaierie, le aziende dell’Asi di Giammoro e dell’area ex Pirelli sono tra quelle che stanno soffrendo maggiormente. A rischio, senza una ripresa dei mercati e delle attività, rimangono migliaia di posti di lavoro, soprattutto senza una politica industriale che garantisca infrastrutture (strade, collegamenti ferroviari e portuali) utili ad abbattere i costi di ricevimento delle materie prime e di spedizioni delle merci lavorate. E’ urgente che la politica comprenda come questa sia una priorità: lo sviluppo industriale legato al rispetto delle norme ambientali può produrre ricchezza per tutto il territorio”.

Ma c’è chi non ha alcuna intenzione di arrendersi e vuol rimboccarsi le maniche, sono i commercianti che, diciamolo pure, eroicamente, hanno resistito a decenni di una politica d’immobilismo incapace persino di trasformare l’oceano dei crocieristi in risorsa e ricchezza ed ora alla crisi economica che sta travolgendo l’Europa. Ci sono i commercianti dell’isola pedonale e non solo. Ci sono anche quegli esercenti, come Dino Giuttari, che hanno visto crollare il fatturato ma sono ancora lì, a combattere ed a credere che “sono noi siamo artefici del nostro destino-dice-voglio fare un appello alla generosità dei messinesi. Chi può non rinunci a spendere nei nostri negozi, perché così aiuta l’economia cittadina. Chi può, non vada ad acquistare la stessa merce che trova sotto casa a Catania, Roma, Milano. Messina vive di terziario, ma rendiamoci conto che prima del terziario viene, per così dire il secondario e il primario. Se crolla un pezzo crolla tutto”.

Dietro ogni piccola bottega non c’è solo il proprietario, ma intere famiglie, da quella della cassiera a quella del dipendente fino al fornitore. Se entri in un negozio con la saracinesca ormai semi abbassata, magari aiuti a rialzarla un po’.

Rosaria Brancato