Il caso Sindoni mette sotto scacco il Consiglio. Mozione di sfiducia a rischio

E’ come una partita a scacchi ed ogni mossa è legata alle altre. Ma il caso Sindoni, approdato in Aula alla vigilia della seduta sulla sfiducia rischia di far saltare il banco e di essere la motivazione perché questo capitolo si chiuda senza neanche avviare le votazioni stesse.

Anche oggi, dopo 4 ore di dibattito in Aula non si è trovata alcuna soluzione, è caduto il numero legale al momento del voto sulla decadenza della consigliera comunale Donatella Sindoni. Non è facile sintetizzare la vicenda che si è snodata dal 2015 in più sedi, tra Comune, Regione, Tribunale, ed ancora lontana dall’essere conclusa. Quel che è certo è che se l’Aula non si esprimerà con un voto sulla decadenza o meno della consigliera, non solo non si potranno votare altri atti, ma la stessa mozione di sfiducia è a rischio.

In discussione infatti c’è la legittimità formale della composizione del Consiglio comunale a 40 componenti, come evidenziato da diversi interventi nella seduta di oggi.

E’ una questione di agibilità d’Aula che, sia in un senso che in un altro, espone i singoli consiglieri ed il civico consesso a conseguenze anche di natura giuridica.

La delibera portata all’ordine del giorno e predisposta dal segretario generale Le Donne dispone la decadenza della Sindoni in base alla sua ineleggibilità nel 2013 (al momento dell’elezione era infatti rappresentante legale di uno studio di analisi) in base all’art.9 della legge regionale 31 dell’86. Già ad agosto, dopo un lungo iter avviato anche con passaggi alla Regione, Le Donne aveva portato in Aula la delibera, ma il Consiglio aveva bocciato la decadenza. Nei giorni scorsi è arrivata anche la sentenza del Tribunale che dichiara ineleggibile la Sindoni, provvedimento nei confronti del quale la consigliera ha presentato appello. Le Donne però con la nuova delibera portata in Aula non dispone la decadenza come atto automatico in seguito alla sentenza ma come provvedimento basato su due fatti nuovi: il parere della Regione del 2 agosto e l’ineleggibilità stabilita per sentenza. L’appello infatti, spiega Le Donne, sospende l’esecutività della sentenza ma non il contenuto, ovvero l’ineleggibilità, ed è su quello che deve esprimersi il Consiglio.

Frattanto però la Sindoni, attraverso l’avvocato Catalioto ha presentato sia una querela in Procura, ipotizzando anche l’abuso d’ufficio che una diffida al Consiglio proprio sulla votazione della decadenza.

“il Tribunale ha semplicemente dichiarato l’ineleggibilità senza la contestuale decadenza, atto questo che formalmente compete al Consiglio comunale. Quest’ultimo potrà pronunciarsi soltanto all’esito del giudizio d’appello. Infine, si fa presente che qualsiasi impedimento si volesse frapporre per limitare il libero esercizio del mandato consiliare sarà censurato nelle sedi competenti”.

Nella diffida la Sindoni diffida i colleghi ed evidenzia come la prossima settimana l’Aula dovrà pronunciarsi sulla sfiducia, atto firmato da 17 Consiglieri tra i quali proprio l’esponente del Grande Sud. Correlazione che secondo la Sindoni non è peregrina.

Ma il problema d’agibilità d’Aula non è di poco conto, perché con la decadenza della Sindoni subentrerebbe il primo dei non eletti, Giuppi Siracusano (che è il ricorrente in Tribunale), il quale, qualora non dovesse essere votato il provvedimento, potrebbe ricorrere in tutte le sedi competenti nei confronti del Consiglio.Paradossalmente in entrambi i casi, sia in caso di decadenza che in caso di bocciatura del provvedimento, l’Aula rischia ricorsi.

Ma c’è di più. Fin quando non si risolve la querelle non c’è alcuna legittimità formale nei lavori dell’Aula, fatto questo che espone qualsiasi votazione a ricorso ( e questo sia che la Sindoni resti e voti sia che esca o che non voti). La situazione caotica è tale che potrebbe esserci in Aula un consigliere che non avrebbe diritto oppure il caso contrario, e cioè che il consigliere venga dichiarato decaduto e poi l’appello invece ne sentenzi l’eleggibilità.

Il problema sarebbe già serio in tempi normali, ma è drammatico alla vigilia della votazione sulla sfiducia. Nessun consigliere in questo momento potrebbe azzardarsi a votare un atto come la mozione sapendo che, qualora passasse e l’amministrazione Accorinti venisse dichiarata decaduta (così come il Consiglio), un secondo dopo scatterebbe il ricorso al Tar. Con la conseguenza di aver fatto seguire al teatro la barzelletta.

Insomma Messina sta diventando un caso da manuale.

Domani la riunione dei capigruppo fisserà le prossime sedute consiliari. Il rebus da sciogliere riguarda anche le delibere sul futuro di Messinambiente. Ma nessun atto può essere votato se prima non si vota sulla decadenza. Finora è venuto a mancare il numero legale ed alla prossima seduta i presenti dovranno essere 21, numero difficilmente raggiungibile (oggi si è fermato a 15).

E’il cane che si morde la coda, ma il caso Sindoni potrebbe anche essere l’assist per quanti cercavano la motivazione giusta per non votare la sfiducia.

Dopo il 18 febbraio infatti non può più essere discussa e se non si risolve prima la querelle allora la sfiducia rischia di essere stato soltanto un dibattito d’inizio anno.

Per la tranquillità di tanti.

Rosaria Brancato