Camera di commercio, tra imprese fantasma, polemiche e stipendi d’oro

Mentre la vicenda della Camera di commercio di Messina si fa sempre più aggrovigliata e fonte di confusione e all’Ars, in Commissione attività produttive, approda un dibattito divenuto più scontro che confronto sulle sorti dei 9 enti camerali dell’isola, l’Ansa accende i riflettori su un particolare che non è di poco conto: i superstipendi dei dirigenti, le cifre, quei numerini che in barba ad ogni spending review e decenza continuano a “ballare” sotto il naso dei cittadini.

Se il segretario generale dell’Ars ha un tetto annuo di 240 mila euro non si capisce perché, il segretario generale della Camera di Commercio di Ragusa (secondo i dati d’agenzia) costa tra stipendio, salario accessorio e oneri riflessi, la bellezza di 265 mila euro l’anno (25 mila euro in più del massimo dirigente dell’Ars che ha “qualche grana di lavoro in più…visto il ruolo…). E quello dell’ente di Enna appena poco di meno, 237 mila euro. In entrambi i casi si tratta di Enti che hanno un organico che non supera i 30 dipendenti. Ma chi supera tutti, compreso il segretario generale dell’Ars, è il segretario generale della Camera di commercio di Messina, Enzo Musmeci, che da sabato andrà in pensione,anzi in “superpensione”. Nel 2014 Musmeci è costato all’Ente, al lordo 336 mila euro, raggiungendo la vetta della classifica dei colleghi dell’isola. Su 37 dipendenti poi 27 sono funzionari e solo 10 istruttori, nell’azienda speciale ci sono 4 dipendenti (tutti funzionari) e 5 in Unioncamere (4 funzionari ed un custode). Insomma un esercito di colonnelli senza sergenti e soldati… Se andassimo a spulciare tra le carte della Camera di commercio (a parte una serie di assunzioni con molta poca evidenza pubblica nei decenni passati e via via fino agli anni scorsi) scopriremo anche spese “bizzarre”.

. Nella relazione all’attenzione dell’Assemblea ci sono bilanci dei 9 enti fermi al 2013 e non tutti positivi. A Messina la Camera di commercio, ha chiuso l’ultimo esercizio disponibile con un disavanzo di 469.741 euro. n totale, le nove Camere di commercio hanno iscritto nei propri bilanci un patrimonio di oltre 40 milioni di euro. Il valore delle immobilizzazioni finanziarie è di oltre 46 milioni, ma il valore effettivo del sistema camerale è sottostimato perché mancano i dati delle Camere di commercio di Catania, Palermo e Messina che non hanno fornito informazioni.

Nella relazione sono allegate le schede trasmesse dagli stessi enti sollecitati a farlo dall’Assemblea. L’ultima a fornire la scheda è stata la Camera di commercio di Palermo, la cui documentazione risulta la più lacunosa perché non indica alcun dato sul numero dei dipendenti, sugli stipendi, sulle pensioni. Quanto poi alla Camera di commercio di Messina, memoria alla mano, negli anni scorsi non sono mancate né le polemiche né le inchieste che hanno coinvolto i massimi vertici,come l’ex Sergio Billè che ha iniziato la “scalata alla vetta” proprio nell’Ente messinese o come Roberto Corona che ha scandito i tempi ai vertici del palazzo con quelli della politica, prima nella Dc e poi in Forza Italia.

Billè, come si ricorderà, divenuto presidente nazionale della Confcommercio, finì ai domiciliari nel 2006 nell’ambito di un’inchiesta della procura di Roma sulla gestione poco trasparente dei fondi Enasarco (ente di previdenza degli associati Confcommercio). L’indagine, legata in particolare alla compravendita della sede di via Lima a Roma e che comportò sequestri (compresi opere d’arte e quadri che teneva in comodato d’uso nel suo appartamento) del patrimonio di Billè, coinvolse l’immobiliarista Ricucci. L’inchiesta si soffermò poi su altri aspetti relativi alla gestione dei fondi extracontabili e dei gettoni di presenza fino ad ipotizzar una distrazione di 15 milioni di euro l’anno. Ma questa è tutta un’altra storia ed appartiene al passato e ad un contesto nazionale che nulla ha a che vedere con l’attuale vicenda.

Tornando in Sicilia gli stipendi d’oro finiti all’attenzione dell’Ars, a fronte di casse molto più magre, di bilanci fermi e in disavanzo, di un monte pensioni che non si riesce a pagare (per una distorsione del sistema tutta siciliana che rende i pensionati degli enti dell’isola di serie B rispetto a quelli delle altre regioni), ha trasformato la vicenda della riforma e degli accorpamenti in una pentola a pressione pronta ad esplodere ed a finire, nella migliore delle ipotesi, in Procura.

Rosaria Brancato