L’insostenibilità del Ponte, proposte e osservazioni: «Si metta un punto definitivo»

«La Stretto di Messina va sciolta, il progetto definitivo va rigettato». E’ semplice e diretto Guido Signorino, economista della facoltà di Scienze politiche, nel sintetizzare le ragioni del “No” contenute nelle osservazioni presentate ufficialmente al progetto definitivo del Ponte sullo Stretto. E’ stato lui ad aprire il l’incontro-dibattito che si è tenuto stamattina a Palazzo dei Leoni, moderato dal prof. Giuseppe Fera, docente di Architettura dell’Università di Reggio Calabria, conclusosi poi con una tavola rotonda politica dalla quale è venuta fuori la stessa conclusione: l’opera Ponte sullo Stretto non è più sostenibile, ammesso che lo sia mai stata. «Il progetto definitivo – ha spiegato Signorino – è basato su modelli sovra-stimati, su valori eccessivi, su metodologie improprie nel rilevare le preferenze degli utenti. E non è un caso, forse, che manchi l’analisi dei costi-benefici, che nel progetto preliminare c’era e nel progetto definitivo no. L’attraversamento dello Stretto, dal 1995 al 2010, è calato del 29 per cento, la magia del Ponte invece vorrebbe incrementare la domanda rispetto ad un’attuale tendenza del tutto opposta. Ma c’è un dato su tutti: il progetto preliminare ancorava la propria “resistenza” ad un costo previsto di 4,4 miliardi, prevedendo altresì che l’operazione sarebbe andata in perdita se i costi fossero aumentati del 15 per cento. Ebbene, oggi il Ponte costerebbe 8,5 miliardi, con un aumento del 91 per cento. Le penali? Il contratto, per requisito di gara, non poteva essere rinegoziato ed invece è stato rinegoziato nel 2009, ovviamente a beneficio del privato, che però non è esente da altrettante penali, alcune per ritardi già verificatisi».
Non è più tenera Anna Giordano del Wwf. La quale ha sciorinato anche lei una serie di numeri piuttosto impressionanti: cantieri che occuperanno spazi eqiuivalenti a 3.015 campi di calcio nella sola Sicilia, 6 milioni 595 mila 640 metri cubi di terra sbancata, una movimentazione di terra di 9 milioni 715 mila 500 metri cubi, tutta ovviamente via camion (si prevedono, solo in andata e sempre solo in Sicilia, 627 mila viaggi), tutta da sversare in “siti di recupero ambientale”. Ben 5 milioni di questa terra, spiega la Giordano, finiranno in aree di impluvio. Sconcerta, poi, che «nel progetto non si trovi mai un dato uguale all’altro. Ci sono sei versioni diverse sulla fonte di approvvigionamento dell’acqua, fattore tutt’altro che trascurabile visto ciò che è accaduto a Messina nelle scorse settimane». Dopo gli interventi di alcuni docenti universitari, la palla è passata alla politica, con la tavola rotonda a cui hanno partecipato i parlamentari Domenico Minniti (Pd, di Reggio Calabria), Gianpiero D’Alia (Udc) e Francantonio Genovese (Pd) e Demetrio Battaglia, consigliere regionale della Calabria (Pd). Per Minniti «dopo 40 anni è ora di mettere un punto definitivo, non c’è alcuna possibilità che quest’opera possa essere finanziata e realizzata». D’Alia conferma la propria posizione sul Ponte, affermando che «la costruzione del Ponte sullo Stretto e’ diventata ormai solo la gallina dalle uova d’oro per alcuni gruppi imprenditoriali del Nord i quali, in tempi di crisi, sono ansiosi di guadagnarsi le penali che scatteranno in caso di mancata realizzazione della megaopera. A questo punto – aggiunge – siamo dell’idea che e’ opportuna una inchiesta parlamentare sul Ponte per aiutare il governo a decidere definitivamente su una questione che e’ ormai chiusa. E’ chiaro che l’infrastruttura non si costruira’ come e’ altrettanto chiaro che non serve affatto al territorio e tanto meno allo sviluppo dell’area integrata tra Messina e Reggio Calabria». Genovese è drastico: «Si dica basta alla Stretto di Messina, è ridicolo che si tenga in piedi una struttura con questo numero di dipendenti e di consulenze, sulle quali si dovrebbe aprire una commissione d’inchiesta. Non vogliono sciogliere la Spa? E allora incorporiamola con l’Anas».
Dal prof. Fera è arrivata una proposta, quella di sostituire la società Stretto di Messina con un’Agenzia dello Stretto, accolta con beneficio da Battaglia, ma a una sola condizione: «Che diventi un vero elemento comune di sviluppo, se rimane solo un’esercitazione culturale, allora non ha prospetttive». Non poteva mancare l’intervento dello “storico” nopontista Renato Accorinti: «Ogni giorno la Stretto di Messina continua a “mangiare soldi pubblici”, ancor più un controsenso dal momento in cui il Ponte è stato definanziato. Non vorrei che abbiano lasciato, come fece Prodi, le chiavi attaccate alla macchina col motore acceso per poter ripartire più in avanti. Vogliamo fermare davvero tutto? E allora saliamo insieme a Roma, politici e gente comune, per dire no all’opera, una volta per tutte».

(FOTO STURIALE)