Giulia Zuccotti: “Ho deciso di restare. Guardo Dina e Clarenza: se hanno vinto,vincerò anche io”

Messina è certamente uno di quei fiori rari che nascono da stagni profondi e melmosi. La città di Messina è un’ incantevole terrazza sul blu dello Stretto e grazie alla sua fortunata posizione ha un enorme potenziale così come lo ha ogni Messinese. Il problema è che solo pochi sono consci di questo potenziale. Mi spiego meglio, sento spesso che a Messina ci si lamenta di tutto e la coloritissima esclamazione ricorrente sulla bocca del Messinese è: “I Missinisi non sunnu cosa e a Missina non c’è nenti i fari!” Questo è il mood ricorrente che sento ripetere da sempre, quasi un mantra che ingabbia qualsiasi tipo di sviluppo. Insomma Messina sembra così una città condannata ad una vita di stenti e di miseria, un inferno infinito di sofferenze! E tanto ci crediamo che i buoni propositi e le iniziative di qualunque Messinese finiscono per morir lentamente! Basta e per favore non dimentichiamo l’importanza storica che ha avuto la nostra città, come ad esempio testimoniano i moti del 1848 o le rivolte del Vespro che hanno contribuito a trasformare il destino di un territorio. Messina è stata capitale del regno di Sicilia e neanche questo serve a fare immaginare il cammino verso un futuro sano. Al contrario prevale sempre l’idea che le generazioni Messinesi siano generazioni sfortunate che farebbero bene ad emigrare e tornare nella propria terra natìa durante le vacanze estive. Chi decide di restare è solo un pazzo che si pentirà di questa scelta. Accanto a questo scenario ne sorge un altro, altrettanto predominante che trasforma i quartieri in ghetti senza via d’uscita. Quartieri in cui le maggiori contraddizioni emergono in modo lampante nel carattere di ciascun abitante. Dall’impotenza per la disoccupazione, alla volontà intrinseca di sperimentare vie alternative di sopravvivenza alla paralisi economica e sociale (“l’ambulantato” abusivo, selvaggio o le silenziose occupazioni abitative spontanee non organizzate ne sono un esempio); dall’amore per le simbologie e le tradizioni locali alle forme di resistenza molte volte violente verso qualsiasi cambiamento che istituzioni, società civili, movimenti o collettivi tentino di importare. Insomma il delirio di una città che si presenta frammentata, in cui i cittadini vivono diffidenti l’uno con l’altro, incanalano le proprie energie in una malsana solitudine e confinandosi dentro un forte senso di rassegnazione, salvo poi fare emergere le contraddittorie resistenze comunitarie, che all’interno di ogni frammento di quartiere, forse potrebbero veramente aprire dei varchi di speranza. Fortunatamente ho deciso di non emigrare, di non studiare fuori, ma di restare qui. Fortunatamente ho deciso di sfidare il delirio della mia terra e di cercare di viverlo al cento per cento immergendomi dentro. Ho deciso di lottare per e con la mia gente, non smettendo mai di riconoscere e scoprire il valore nobile dei quartieri di Zancle soprattutto di quelli che sono stati volutamente trasformati in soffocanti prigioni di miseria. Le lotte che sto conducendo per il diritto alla casa, rappresentano per me il mezzo per poter far riemergere in modo predominante, spirito comunitario, relazioni di solidarietà e mutuo soccorso tra i Messinesi. Forse è tempo perso, ma tutte le volte che penso ciò e osservo la maestosità del nostro porto, che un tempo fu uno dei più importanti del Mediterraneo, o seduta su una panchina di Piazza Duomo, guardando le statue di Dina e Clarenza e immaginando i loro atti eroici vengo travolta da una forte inspirazione e mi dico:- “Loro hanno vinto, perché non possiamo vincere anche noi?

Giulia Zuccotti