Sorrenti, Birrificio Messina:”Avevamo perso tutto. In 15 non ci siamo arresi, per i nostri padri e i nostri figli”

Sono Mimmo Sorrenti, sono un ex lavoratore della Birra Messina e poi della Birra Triscele. Ma ciò che è più importante è che oggi sono un lavoratore imprenditore del Birrificio Messina. La mia, la nostra storia, è lunga ed inizia nel 1923 quando la famiglia Lo Presti-Faranda fonda la storica Birra Messina. In quegli anni i mastri birrai erano i nostri nonni, poi ci sono stati i nostri padri e oggi siamo noi che speriamo di poter lasciare qualcosa di buono ai nostri figli. Nel 1988 la società messinese fu acquistata dalla Dreher, poi nel 1999 la Heineken decise di utilizzare lo stabilimento messinese come impianto di imbottigliamento e nel 2007 l’annuncio devastante: cessazione di tutte le attività produttive.

A quel punto insieme ai miei colleghi ho creduto che la famiglia Faranda potesse essere l’unica svolta per uscire dai licenziamenti. Invece, che beffa immensa. Una vera beffa che si è rivelata pura speculazione edilizia subita dagli stessi dipendenti che si erano solo fidati. La nostra unica colpa è stata quella di aver creduto nel cognome dei Faranda e nel piano di rilancio del Birrificio.

Il calvario è iniziato quando abbiamo trasferito il nostro TFR nelle casse della Triscele. Poi arrivò il cambio di destinazione d’uso dell’area in via Bonino in cui sorgeva lo storico stabilimento. E alla fine il bel regalo per noi lavoratori: le lettere di licenziamento, la mobilità, la cassa integrazione, la disoccupazione. E’ iniziato un lungo periodo di presidio e di protesta, abbiamo ascoltato tante promesse e assistito a tante passerelle, ma alla fine l’unica verità era che nessun imprenditore era interessato a scommettere con noi. Nonostante tutto quindici di noi non si sono arresi. Da quel momento iniziò la rinascita.

E’ nata la cooperativa Birrifico Messina, con orgoglio e tanti sacrifici anche delle nostre famiglie che hanno creduto nel nostro progetto e si sono prodigate nel realizzare il nostro sogno di poter riportare la produzione della birra di nuovo a Messina e con l’aiuto dei messinesi che hanno creduto in noi e anche alle persone che ci stanno accompagnando alla realizzazione del progetto. Abbiamo avuto dalla Regione due capannoni della zona Asi di Larderia, ci siamo improvvisati muratori, elettricisti, idraulici, falegnami. Dopo tanti sacrifici oggi possiamo dire di essere quasi arrivati al nostro grande sogno, riconquistando la dignità di lavoratore e padre di famiglia che avevano tentato di scipparci. Tutto questo è stato possibile grazie a persone che ci stanno molto vicine. E a loro non smetteremo mai di dire grazie: grazie all’avvocato Luisa Carrozza, nostra madrina; grazie al geometra Domenico Gemelli e agli ingegneri Natale Jeni e Roberto D’Andrea che hanno curato gli iter di progettazione, messa a norma e certificazioni dei capannoni; grazie al commercialista Paolo Scilio; grazie alla Fondazione di Comunità di Gaetano Giunta e ad Elio Azzolina.

Mi rivolgo a tutti i messinesi: stiamo arrivando con le nostre birre di cui sono molto orgoglioso, grazie alla nostra grande squadra dei “Quindici”. Siate orgogliosi anche tutti voi, perché è la birra di tutti i messinesi. E’ la storia di mio padre e di mio nonno e allo stesso modo è la storia di intere generazioni di messinesi che in quelle etichette riconoscono un pezzetto di vita. Non credevamo di esser capaci di arrivare a tanto e se oggi possiamo essere un modello positivo per la nostra città vogliamo essere da esempio per chi pensa di non potercela fare. Avevamo perso tutto e davanti a noi c’era solo un tunnel nero. Abbiamo vissuto momenti difficilissimi, avevamo famiglie da mandare avanti, figli a cui dover pensare mentre provavamo a difendere in tutti i modi quel lavoro che era tutto per noi. Non ci siamo riusciti e oggi sembra quasi una fortuna perché quello che abbiamo costruito adesso vale molto di più per ognuno di noi. Innumerevoli sono stati i problemi burocratici che abbiamo trovato sul nostro cammino e che ancora oggi stanno rallentando la nostra corsa, ma ci siamo rassegnati perché abbiamo capito che in questo Paese le cose funzionano così. Noi siamo prontissimi, anzi non vediamo l’ora di iniziare davvero la nostra nuova avventura. Speriamo anche di poter creare al più presto nuovi posti di lavoro perché questo è uno dei nostri obiettivi: dare la possibilità ai nostri giovani di imparare un’arte che diventi lavoro, come lo è stato per noi.

In una città troppo spesso dormiente e distratta siamo riusciti a farci sentire e ad entrare nel cuore di tante persone. Sentiamo tanto affetto intorno a noi e speriamo di non restare mai più da soli. Anche grazie a questo sostegno siamo riusciti a non arrenderci ed è per questo che voglio lanciare un ultimo messaggio: non chiudiamoci nei nostri orticelli, guardiamoci sempre intorno e ascoltiamo chi ci sta accanto. Aiutiamoci.

Mimmo Sorrenti