Il Pd post-genovesiano verso il commissariamento e il nuovo start up

Alla fine Basilio Ridolfo ha rassegnato le dimissioni. La decisione, in realtà, era già stata presa lunedì a Palermo, nel corso di una riunione tra le diverse anime di un partito a pezzi alla presenza della segreteria regionale. Fausto Raciti già dal 20 marzo, quando era esploso il caso Genovese con la richiesta di autorizzazione a procedere, aveva invitato il segretario provinciale del Pd a fare quel passo indietro che le altre correnti del Pd da tempo gli chiedevano. Domenica scorsa poi, nel corso della Direzione regionale è arrivato sul tavolo un durissimo ordine del giorno, firmato dai renziani, e fatto proprio come impegno dallo stesso Raciti, con alcuni punti fermi: dall’azzeramento dei tesseramenti alla chiarezza sui bilanci delle gestioni passate. Così, calmate le acque, alla fine Basilio Ridolfo ha comunicato oggi le sue dimissioni da segretario provinciale.

Un’elezione, la sua, avvenuta ad ottobre alla luce di un’intesa tra Genovese ed alcune correnti (tra i firmatari Panarello,Laccoto e Beninati), mal digerita dai renziani della prima ora e dai civatiani e sconfessata nei fatti dalla stessa area Genovese quando, al voto dei circoli, le percentuali stabilite con l’accordo sono state ribaltate dalle urne. La segreteria Ridolfo sarebbe dovuta essere la segreteria dell’unità, ma, gioco forza, con un clima nel Pd messinese scandito dalle inchieste sulla formazione, dalle ferite ancora aperte della sconfitta alle amministrative, dalle rese dei conti e dalle vendette trasversali, è apparso chiaro che si trattava di una missione impossibile. A maggior ragione per un genovesiano di ferro eletto con l’avallo di quei deputati che per anni sono stati vicinissimi al leader Pd. Le vicissitudini dei mesi successivi, compresa la vittoria di Renzi alle primarie, il suo approdo al governo, gli arresti dei fedelissimi di Genovese, la richiesta di autorizzazione a procedere per l’ex sindaco, hanno accelerato uno scontro nei confronti di una segreteria che non è riuscita in quel gioco di equilibrio che gli si chiedeva.

Adesso si va verso il commissariamento che andrà, con ogni probabilità ad un renziano, ad un esponente vicino a Davide Faraone.

Il segretario regionale Raciti, impegnato tra Roma e Palermo su fronti roventi con un rimpasto nella giunta Crocetta sempre più aggrovigliato, la patata bollente dell’esclusione di Lumia dalla lista Pd alle europee, si è preso tempo per riflettere. Il caso Messina è una vicenda delicatissima e la scelta del commissario non può essere presa a cuor leggero, anche per non ripetere quanto accaduto con la reggenza commissariale di Giuseppe Lupo, che nei fatti ha “congelato” le fratture senza risolvere nulla.

“Le ragioni delle mie dimissioni- ha scritto Basilio Ridolfo- sono di natura squisitamente politica e derivano dalla circostanza che le componenti che si richiamano alle posizioni di Cuperlo e Renzi, inizialmente sottoscrittori dell'accordo unitario che aveva consentito l'elezione unanime dello scrivente, hanno ritenuto superato tale accordo”. Nel dimettersi l’ex segretario provinciale ricorda come, il suo sia stato un percorso ad ostacoli, caratterizzato da difficoltà non legate all sua persona ma all’area che rappresentava. "Lascio l’incarico con la consapevolezza di aver agito con correttezza, equilibrio e in perfetta aderenza al mandato conferitomi e ritorno alle mie responsabilità di sindaco e professionista ritenendo prioritari la salvaguardia della mia storia personale e politica e la tutela di quell'immagine pubblica per il quale sono sempre stato considerato una risorsa, e mai un peso".

Lo scontro interno ha raggiunto il picco massimo in occasione dell’Assemblea cittadina del 17 marzo, due giorni prima degli arresti, quando è apparso chiaro che “l’unità tra le parti” non sarebbe stata raggiunta e che tra genovesiani e “resto del Pd” il solco era ormai incolmabile e che la forza dei numeri avrebbe sì consentito alla maggioranza di governare la struttura, ma lasciando sul campo un partito dilaniato. Due giorni dopo, con l’ennesimo ciclone giudiziario, si è capito che anche la forza dei numeri stavolta non sarebbe bastata a tenere insieme un vaso di cocci. A seguire le richieste di dimissioni e di commissariamento avanzate dalle aree Civati, Cuperlo e Renzi. In ultimo, l’ordine del giorno di domenica scorsa, presentato dai renziani, poi assunto come impegno da Raciti: “Considerate le ripercussioni politiche che hanno investito, delegittimandolo, il Pd messinese e chi lo rappresenta; tenuto conto del grave scenario di pratiche gestionali e di raccolta del consenso fondate su un sistema contrario ai principi e ai valori propri del Pd, con logiche clientelari, attraverso il ricorso a risorse pubbliche e con lo sfruttamento dei lavoratori della formazione professionale: si impegna il segretario regionale a 1) Deferire gli iscritti coinvolti, anche se sospesi 2) far ripartire il Pd della provincia di Messina, dando mandato sui seguenti obiettivi: a- trasparenza del tesseramento e relativo azzeramento degli anni passati; b- chiarezza sulla gestione dei bilanci passati, in particolar modo sulle spese effettuate a valere sui fondi del finanziamento pubblico ai partiti; c- riduzione ulteriore dei circoli territoriali”.

Lunedì la riunione palermitana nella quale, vista l’impossibilità di una mediazione sulla vicenda, si sono concordate le tappe che porteranno al commissariamento e alla “ricostruzione” del partito. Nei prossimi giorni la decisione del segretario regionale sulla figura (o sulle figure) da inviare in riva allo Stretto. Si apre la fase del Pd post-genovesiano nel quale tutti i numeri sono dalla parte del gruppo che finora ha guidato il partito. Sarà quindi una fase da gestire con i guanti, senza tentazioni di rese dei conti o liste di proscrizione, ma è chiaro che la discontinuità con i metodi gestionali del passato deve essere fatta, così come la chiarezza sulla gestione dei tesseramenti e dei bilanci. Il Pd messinese per sette anni si è “identificato” con Genovese, al punto che la segreteria del partito era la segreteria di Genovese, la tesoriera del Pd, Cettina Cannavò, era la segretaria di Genovese. Con il commissariamento inizia un nuovo start up che comporterà un riassetto delle diverse aree. All’orizzonte, per i genovesiani c’è la costruzione dell’area Calabrò-Bartolotta, mentre si consolidano cuperliani e civatiani, fanno il loro ingresso i pittelliani ed infine i renziani, che già si sono rafforzati con l’arrivo dei Progressisti democratici, possono contare sull’arrivo di nuove truppe di giorno in giorno. Questo il quadro ai nastri di partenza, resta da vedere se e in che modo e tempi il commissario avvierà l’azzeramento richiesto e le verifiche sulle gestioni dei bilanci.

Rosaria Brancato