Il Pd messinese piomba nel caos e finisce “sotto curatela”

Il Pd dello Stretto piomba nel caos. Convocata per affrontare le questioni congressuali, fissare le regole e nominare gli 11 componenti della Commissione di garanzia, la Direzione provinciale del partito si è rivelata una resa dei conti ed alla fine è saltato il banco. Nulla di fatto, le sorti del Congresso provinciale saranno decise lunedì a Palermo e, qualora così non fosse, c’è persino il rischio che salti il congresso e il Pd venga commissariato. Del resto, se lasci una pentola in ebollizione per due mesi, è quasi normale che i problemi esplodano.

La mattinata è iniziata con l’arrivo, in ritardo di due ore, del segretario regionale e reggente del Pd messinese Giuseppe Lupo (evidentemente la frequentazione, sia pure litigiosa, con il governatore è stata contagiosa e si è crocettizzato sui tempi), accompagnato dal neo renziano Giuseppe Laccoto. Nell’auditorium Monsignor Fasola ad attendere Lupo c’erano le diverse anime del Pd, renziani (suddivisi in renziani della prima ora, neo renziani e renziani in itinere…), civatiani, area Cuperlo e aera Pittella. Tra i presenti anche alcuni genovesiani di ferro, che ancora non si sono schierati apertamente, in attesa di conoscere la scelta che farà il parlamentare. Numerose le assenze, compresa quella della Presidente dell’assemblea provinciale Angela Bottari. Presenti i tre deputati regionali, Franco Rinaldi, Giuseppe Laccoto, Filippo Panarello, presente anche la deputata nazionale Maria Tindara Gullo, mentre Francantonio Genovese è rimasto davanti al teatro ma non è entrato in sala.

Per Lupo è la seconda volta in riva allo Stretto da reggente ed il fatto che per due mesi abbia lasciato la pentola in ebollizione, sperando forse che il tempo risolvesse gli scontri, non ha giovato. Lo stesso reggente, in apertura di un lunghissimo discorso sui temi nazionali ha premesso “Mi spiace non essere stato più presente, ma impegni legati al partito non mi hanno consentito di fare di più, compresa la crisi alla Regione”. E’ passato quindi alle regole del Congresso. A livello nazionale le primarie dell’8 dicembre saranno aperte a tutti, anche ai non iscritti, come lo scorso anno. Diverso il discorso per il Congresso regionale (che sarà a fine marzo 2014) e per i Congressi provinciali, fissati tra la fine di ottobre e i primi di novembre. Le note dolenti sono state proprio le regole da adottare in una città divenuta un vero e proprio caso. I problemi sono due: il tesseramento ed il numero dei circoli.

“Il tesseramento del 2012 a Messina è stato fatto in modo capillare”, ha sintetizzato il reggente, che probabilmente voleva usare un altro aggettivo dal momento che il tesseramento nella città dei 64 circoli è stato il pomo della discordia per mesi. Chi ha le tessere comanda, indipendentemente dalle modalità con cui sono state raccolte. La proposta di Lupo è quindi quella di operare in deroga rispetto alle regole nazionali e prevedere, solo per Messina, che possa valere esclusivamente il tesseramento 2011, se rinnovato entro il 27 settembre per chi si vuol candidare, oppure fino al momento del voto per l’elettorato passivo. In sintesi si salta il tesseramento 2012 finito nel vortice delle polemiche sui numeri troppo alti per sembrare veri. Gli iscritti che non hanno rinnovato possono farlo fino all’istante del voto per il rinnovo delle cariche provinciali. I nuovi tesseramenti, sempre in deroga, potranno essere consentiti solo fino ad una data da stabilire, probabilmente il 15 ottobre. Ma è stata la proposta sui circoli a far saltare il banco. Come è noto Messina ha 64 circoli, contro i 10 di Milano o Torino, ma la “circolite” è una malattia diffusa in numerosi comuni della provincia. Dando risposte alle istanze di quanti hanno chiesto di riportare ad un numero congruo i circoli Lupo ha proposto la riduzione a 6, in base al numero della circoscrizione ed a quanto prevede lo Statuto.

“Dobbiamo tenere in considerazione sia la necessità di un rapporto con il territorio- ha detto- che quella di evitare situazioni non sostenibili, anche a causa di circoli in conflitto tra loro. A Messina quindi si potrebbe votare nei 6 seggi allestiti in base alle circoscrizioni”. La proposta del reggente ha avuto il via libera di tutti i presenti, da Panarello ai renziani. E’ stato invece Franco Rinaldi a non essere d’accordo, richiedendo, in nome della partecipazione, un aumento del numero dei circoli. Ed è scoppiato il caos. Fino all’ultimo Lupo ha difeso la tesi sostenuta da gran parte delle altre anime del Pd, poi Rinaldi ha chiesto la verifica del numero legale, che non c’era, e l’accordo è saltato. Morale della favola: tra scontri e polemiche la palla passa a Palermo. Le sorti del Congresso messinese saranno decise lunedì, quando è stata convocata la Direzione regionale, che dovrà nominare la Commissione regionale per il Congresso. Spetterà a quest’ultimo organismo decidere le regole per Messina, finita così sotto tutela, e nominare la Commissione provinciale di garanzia (formata da 11 persone). Se Messina non è in grado di autodeterminarsi saranno quindi altri a decidere per il Pd dello Stretto. Paradossalmente, ma il rischio è minimo, qualora non si riuscisse a trovare una soluzione in quella sede, il Congresso provinciale potrebbe saltare e il Pd venire commissariato. Più probabile che i giochi si spostino nella Direzione regionale dove la proposta del reggente, avallata da Panarello, Laccoto e renziani, non dovrebbe incontrare ostacoli, ma al più avere qualche modifica.

Certo è che un Pd uscito a pezzi dalle amministrative e dall’inchiesta sulla formazione, incapace di trovare una strada unitaria, dilaniato dagli scontri e dai veleni, finisce, per così dire sotto tutela, sotto la curatela della Direzione regionale. In che condizioni e con quale clima si andrà al Congresso non è facile dirlo, anche perché lo stesso Felice Calabrò, dato per candidato alla segreteria provinciale, non è affatto detto che decida di finire nella fossa dei leoni. Una situazione di caos che fa il gioco di chi vuole un Pd messinese debole. Il caso Bartolotta è esemplare. Anche oggi Lupo ha ribadito: “Da assessore ha lavorato egregiamente. Dispiace per Messina, ma il Pd ha preso una decisione. Puoi anche essere il ministro migliore del mondo, ma non ci saranno assessori del Pd in giunta”. Non sappiamo se il Pd andrà verso un appoggio esterno o se alla fine sostituirà solo qualche casella, ma quel che è certo che un Pd in ginocchio, può far stare meglio in salute qualcun altro. Del resto, “Chi pecora si fa Lupo se la mangia”. E a Palermo i lupi non mancano.

Rosaria Brancato