Dopo i devastanti incendi incombe l’incubo del dissesto idrogeologico

Quello che una volta era un fiore all’occhiello della provincia più verde di tutta la Sicilia è stato annientato in pochi giorni. Delle pinete e delle querce, alcune anche secolari, che dominavano le vallate dei Peloritani rimane solo un cumulo di cenere e detriti. I danni al patrimonio arboreo della città sono davvero ingentissimi. Ma i guai non finiscono qui. Difatti, una volta affrontata l’emergenza degli incendi “dolosi” ci toccherà, nei prossimi mesi, dover fare i conti con un’altra bomba ad orologeria. Quella legata al dissesto idrogeologico di un territorio morfologicamente molto giovane, in continuo mutamento, e quindi particolarmente esposto ai processi “erosivi”. Peraltro in una delle zone, come quella dell’Annunziata, a più alto rischio idrogeologico nel comprensorio interno della città, dove nei secoli scorsi si sono susseguiti vari eventi alluvionali, alcuni anche particolarmente rilevanti (si pensi alle alluvioni del 1800). I devastanti roghi di questi giorni hanno praticamente cancellato ogni traccia di vegetazione, dal versante sud del monte Ciccia fino alle vallate dei più popolosi rioni di Messina, come quelli di Giostra e dell’Annunziata. Incendi di queste dimensioni, caratterizzate da temperature elevatissime capaci di cambiare la composizione chimica dei terreni più superficiali, determinano la formazione di uno strato di cenere finissima che rende momentaneamente impermeabile la superficie del suolo in occasione di forti precipitazioni, come quelle che caratterizzano la parte finale dell’estate e il periodo autunnale.

Quando un violento temporale o un nubifragio si abbatte su un’area vulnerata da un gigantesco incendio lo strato di cenere accumulato in superficie, rendendo il terreno impermeabile, permette lo scorrimento superficiale delle acque piovane e l'innesco di fenomeni erosivi che modificano le condizioni di stabilità, fino ad innescare movimenti franosi o colate di fango che si precipitano a valle. Specie nelle zone caratterizzate da una forte “acclività”, una pecularietà di molti fondovalle dei Peloritani. Poi bisogna tenere conto del fatto che il fuoco, bruciando le radici degli alberi, fa venire meno l'azione di ancoraggio fra la pianta e il suolo, destabilizzando l’intero versante in caso di fenomeni precipitativi particolarmente violenti, con tanto di effetto di ruscellamento verso valle. Se a ciò aggiungiamo la presenza di aree fortemente urbanizzate le conseguenze potrebbero essere davvero notevoli. Purtroppo, come confermato da molti studi internazionali, in molti casi le zone devastate da grandi incendi hanno poi dovuto fare i conti, durante la stagione delle piogge, con fenomeni alluvionale. Solo in Italia in passato abbiamo avuto il caso di Sarno e la più recente alluvione lampo nel Gargano, i cui effetti vennero enfatizzati dai terreni devastati dagli incendi estivi. Oggi purtroppo questo tipo di fenomeni, causa la mancata tutela e prevenzione di un territorio già di suo in affanno, sono destinati ad aumentare. Mentre il sistema di Protezione Civile non è ancora preparato a far fronte adeguatamente a questo rischio, sempre più connesso al cambiamento climatico e all’aumento di frequenza dei fenomeni meteorologi estremi.

Daniele Ingemi