“Ha respinto genericamente qualunque coinvolgimento nella gestione e le attività della Lumen, peró ha ammesso che l'ex "proprietario" chiedeva a lui il saldo del pagamento, senza spiegare il perché. Ha escluso di essere coinvolto nella gestione dell'Aram e della Centro Servizi, ma ammesso di aver cofinanziato, attraverso la Centro Servizi, l'acquisto dell'immobile di via Principe Umberto, sede dell'Aram.
Ha ammesso di aver avuto un ruolo nell'acquisizione dell'Enfap ma ha negato di aver avuto un qualunque coinvolgimento nella gestione dell'ente medesimo e nell'assunzione di Roberto Giunta e Domenico Fazio. Al tempo stesso ha negato, contro l'evidenza, di aver impartito disposizioni affinché i due (e comunque il Fazio) pur retribuiti dall'Enfap con denaro destinato alla Formazione, svolgessero stabilmente attività presso la propria segreteria".
Contraddizioni. Così il giudice per le indagini preliminari Giovanni De Marco definisce le affermazioni fatte dall'onorevole Francantonio Genovese durante l'interrogatorio di garanzia. Nelle tre pagine di provvedimento che concede i domiciliari a Genovese dopo sei giorni di permanenza nel centro clinico del carcere di Gazzi, per "l'occasione" riservato ad un solo detenuto, De Marco spiega perché, pur mitigate le esigenze cautelari, le accuse nei suoi confronti restano immutate, anzi se mai rafforzate dopo l'interrogatorio.
Un provvedimento "salomonico" quello di De Marco, stretto tra il no della Procura e la richiesta dei difensori, corredata da diversi documenti. Come sovente fanno i giudici in casi delicati ed eclatanti come questo, De Marco, fuor di termini giuridici, ha adottato un provvedimento cercando la quadratura del cerchio.
Ripercorrendo l'interrogatorio di garanzia di sabato scorso, De Marco torna sulle affermazioni di Genovese, che nelle tre ore di faccia a faccia col giudice attaccato apertamente in Parlamento, è passato da un atteggiamento inizialmente timoroso ad un più disteso tono, difendendosi poi quindi con maggior vigore.
Affermazioni relative anche al coinvolgimento dell'economista Mario Centorrino. "..pur sostenendo di essere estraneo alla gestione delle attività dell'assessorato alla Formazione, ha ammesso, non solo e non tanto, di aver indicato il prof. Centorrino per l'incarico di assessore, ma, soprattutto, di aver indicato almeno una parte consistente dei componenti della segreteria dell'assessore medesimo".
Insomma, le accuse che il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita ha mosso al "padrone delle tessere" messinese sono ancora tegole pesanti, e De Marco in qualche modo le ha "sottoscritte" nuovamente, anche ieri, concedendogli i domiciliari.
C'è il pericolo di reiterazione del reato, quindi, secondo il giudice, ma le esigenze cautelari si sono comunque mitigate. La concessione dei domiciliari si basa perci su alcuni punti chiave.
Tra questa, la "revisione", nelle varie pronunce tra Riesame e Cassazione, del ruolo chiave di Elio Sauta, braccio destro de facto dei Genovese nell'affair formazione. Pur essendo tra i gestori, il ruolo di Sauta è comunque subordinato a quello di Genovese. E se le esigenze cautelari relative a Sauta sono state riviste, a maggior ragione vanno rivalutate quelle relative a Genovese.
De Marco, che nulla concede all'onorevole rispetto alla sua linea difensiva in interrogatorio, accetta invece le motivazioni dei suoi difensori, e ammette che la documentazione presentata dagli avvocati Nino Favazzo e Carlo Paliero mitigano le esigenze cautelari, soprattutto per quel che riguarda l'uscita dei "genovesiani" dall'Enfap, l'ente che ancora gestisce finanziamenti regionali "incriminati".
Alessandra Serio