L’Udc dopo le Politiche è alle prese con il crollo del consenso e i malumori interni

Il dato delle Politiche continua a lasciare strascichi in vista delle amministrative ed anche là dove le dichiarazioni ufficiali sono rasserenanti in realtà il fuoco cova sotto la cenere. L’Udc esce con le ossa rotte da questa competizione e lo dicono i numeri. In pochi mesi, dalle regionali d’autunno alle Politiche di febbraio, anche con le dovute cautele perché si tratta di elezioni diverse, c’è stata un’emorragia di voti. Certo il sistema è diverso ed invece di dover sostenere la candidatura di Crocetta è toccata in dote la candidatura di Monti che agli elettori risulta indigesta, ma la Sicilia e Messina sono sempre state il granaio di voti dell’Udc, peraltro l’attuale segretario regionale del partito è il messinese Gianpiero D’Alia, che in Parlamento è stato confermato, ma per il rotto della cuffia. In compenso i centristi hanno perso un senatore non avendo conquistato neanche un seggio in Sicilia. I risultati non sono affatto piaciuti al gruppo Naro, che, deputato uscente, aveva lasciato spazio alla Camera a D’Alia, ed in cambio aveva ottenuto il secondo in lista al Senato, Saro Sidoti. Nel cambio il gruppo Naro ha perso e se ci aggiungi che anche alle regionali nessuno della corrente è arrivato a Palermo si comprende come la pentola abbia raggiunto il bollore massimo. Da qui la necessità di avviare subito un confronto interno ed una riflessione riaprendo quel dialogo tra la base e gli organi di partito che è venuta a mancare. C’è stato un incontro,presenti D’Alia, Naro, Ardizzone, Beninati, i dirigenti del partito, consiglieri ed ex assessori per fare un’analisi lucida del voto. I numeri sono impietosi: al Senato non è scattato il seggio, l’Udc correva in lista con montiani e Fli, ma il capolista era Casini. Evidentemente non è bastato, la lista si è fermata al 7,73%. Diverso il discorso alla Camera, Sicilia Orientale. Il partito guidato da D’Alia ha raggiunto tra Messina e provincia il 4,53% delle preferenze, poco meno di 15 mila voti. In città si è registrata un’ulteriore flessione fino ad uno striminzito 3,31%. Rispetto al 2008 la differenza è pesante perché proprio dallo Stretto 5 anni fa è partito il traino del partito a livello regionale. Se poi raffrontiamo i dati di febbraio dati con quelli delle regionali 2012 si vede che tra Messina e Provincia l’Udc aveva registrato un 9,33% ed in città un 10,06% pari ad oltre 8 mila voti. In quattro mesi questi consensi si sono dimezzati e se al Senato può valere il discorso “dell’ombra del rigore di Monti” alla Camera giocava in prima persona D’Alia. Qualcosa non ha funzionato, oppure ha smesso di funzionare. Tutte riflessioni che adesso è proprio la base che invita i vertici a fare.

“Queste elezioni devono insegnarci qualcosa, dobbiamo evitare di ripetere gli stessi errori soprattutto in vista delle amministrative. Non culliamoci sul fatto che sono elezioni diverse- spiega Giorgio Muscolino, presidente provinciale del partitoSe la gente vota il M5S un motivo ci sarà. Dobbiamo riconvocare gli organismi di partito, ascoltare la base, rendere partecipe il territorio, iniziando da tutti i comitati provinciali e cittadini che devono essere convocati al più presto”.

A pagare maggiormente è stato il gruppo Naro che non fa i salti di gioia dopo ben due competizioni elettorali che lo vedono fermo al palo, ma in generale i risultati delle urne sono il campanello d’allarme se non di una disaffezione quanto meno di una passione che si è affievolita. Andare alle amministrative senza aver risolto questi nodi e con la possibilità che Crocetta tolga pure le poltrone delle Province comporta troppi rischi. Senza l’esercito dei consiglieri provinciali,qualora dovesse passare la linea Crocetta sull’abolizione delle Province, diventerebbe durissima per tutti i partiti mantenere i legami col territorio e l’elettorato. L’alleanza Genovese-D’Alia, alle amministrative per quanto possa apparire l’unica percorribile deve almeno essere condivisa dalla base del partito e non può essere il frutto di decisioni prese nelle segreterie a prescindere dal programma, questo il senso emerso dall’incontro, cui farà seguito la convocazione dei comitati cittadini e provinciali.

“Qui non si discute la coalizione con Genovese ma il metodo- spiega Muscolino- dobbiamo rendere partecipe la base del programma, dei progetti per il futuro di questa città e poi pensare al resto. Se non ci apriamo rischiamo davvero di non aver capito nulla da queste Politiche. La gente non ci seguirà più. Facciamo anche un’analisi seria sulla possibilità delle primarie. In Italia gli elettori hanno dato un segnale, i vecchi metodi, le decisioni calate dall’alto non sono più tollerati. O cambiamo o resteremo schiacciati alle amministrative”.

La stessa posizione di Giorgio Muscolino, in casa Pd l’ha presa il segretario cittadino Giuseppe Grioli. Entrambi sono giovani e operano quotidianamente “sul campo” ed hanno quindi il polso di quel malessere che cresce intorno ai partiti e che scaturisce da un modo di fare politica che non piace più neanche in Sicilia. Se “matrimonio” tra Pd-Udc deve essere, che almeno sia partecipato, con i messinesi invitati e con condivisione, altrimenti l’elettorato di centro-sinistra finirà con lo scappare a gambe levate. E’ vero che Messina è più lenta nei cambiamenti, ma quel 27,6% preso dai grillini alla Camera, rappresenta un campanello d’allarme. Si può decidere di non sentirlo e di pensare che i messinesi voteranno qualsiasi cosa venga partorita dalle stanze Pd-Udc. E se stavolta non dovesse essere così? Sull’altro fronte c’è un Pdl ringalluzzito dagli esiti delle urne, che ha preso di mira Buzzanca e si prepara ad una campagna di rilancio. Far finta che le Politiche non abbiano insegnato nulla sarebbe un errore. Sottovalutando i campanelli d’allarme si rischia di far la fine di Bersani.

Rosaria Brancato