“Corsi d’Oro”, reagiscono i difensori: “Siamo sconcertati”

La decisione del TDL, che ieri ha rigettato tutti i ricorsi nell’inchiesta “Corsi d’oro”, ha consolidato l’impianto accusatorio della Procura.
Un primo punto era stato segnato nei giorni scorsi con la conferma dei domiciliari per Cettina Cannavò presidente della Lumen e Nicola Bartolone, vicepresidente dell’Aram e del sequestro di beni per Salvatore Natoli. Ieri i due collegi del Riesame hanno nuovamente lasciato ai domiciliari tutti gli indagati che avevano presentato ricorso e confermato i sequestri di beni. Alle udienze erano presenti il Procuratore aggiunto Ardita ed i sostituti Falvo, Monaco e Carchietti che non hanno commentato le decisioni del Tdl. Hanno reagito, invece, alcuni legali degli indagati che non hanno per nulla condiviso le decisioni dei giudici. I primi a farsi sentire sono stati i difensori di Chiara Schirò, la moglie dell’on Genovese. Gli avvocati Alberto Gullino e Nino Favazzo hanno espresso sconcerto per un provvedimento che definiscono sbagliato ed ingiusto. “Il Tribunale, sostengono i legali, ha perso un’occasione per fare definitiva chiarezza sul nodo centrale posto a fondamento di tutti gli addebiti: la congruità dei canoni di locazione e noleggio praticati agli enti di formazione dalla società amministrata da Chiara Schirò. Congruità confermata da due consulenze di autorevoli professionisti particolarmente esperti nella materia dell’estimo, redatta in maniera indipendente l’una dall’altra e sulla scorta di differenti metodi di stima, a maggior garanzia della genuinità ed attendibilità del risultato: che è stato in ambedue i casi, di assoluta congruità dei canoni praticati”. “Facciamo fatica –hanno detto gli avvocati Gullino e Favazzo- ad immaginare sulla base di quali elementi il Riesame abbia rigettato i ricorsi dopo qualche ora di camera di consiglio dopo due giornate di udienza ed un impegno di circa 20 ore di discussione. Proporremo ricorso per Cassazione avverso il provvedimento per cercare di ristabilire la verità, riconducendo i fatti alla loro reale portata”.
Sulla stessa lunghezza d’onda si è sintonizzato l’avvocato Antonino Parisi legale di Daniela D’Urso, moglie dell’ex sindaco Buzzanca: “La decisione mi ha stupito perché per la signora D’Urso non esistono i presupposti per la carcerazione, a parte il fatto che non sono emerse sue responsabilità. Al di là di come ognuno di noi la pensi stiamo parlando di esigenze cautelari e per mantenerle, in base alle norme di diritto, sono necessarie tre condizioni che in questo caso non esistono. Mi spiego meglio. Per la signora D’Urso non esiste il pericolo di fuga, è impossibile l’inquinamento delle prove poiché la Finanza in questi mesi ha già sequestrato tutto quanto poteva sequestrare sotto forma di documentazione e non esiste la reiterazione del reato poichè l’Ancol non esiste più a Messina ed ha perso l’accreditamento presso la Regione. Dobbiamo anche ricordare che la mia assistita si era licenziata il 3 ottobre scorso”. Più sintetico il giudizio dell’avvocato Marcello Scurria, che assiste l’ex responsabile regionale dell’Ancol Melino Capone: “Dire che non condivido la decisione del Tribunale del Riesame può apparire scontato ma non sono abituato a commettere falli di frustrazione. Per ora mi fermo qui, ne riparleremo in Cassazione”.