Aspettando un Consiglio comunale di “restituenti e sognatori realisti”

Ogni tanto mi torna in mente quando ho iniziato a fare questo mestiere, più o meno nell’era della Pietra, e ripenso alle prime sedute del Consiglio comunale che ho seguito e mi sembra che sia passato un secolo. Il posto riservato alla stampa è sempre lo stesso, a cambiare è lo spettacolo. Si respirava, nonostante la coltre di fumo, un’aria di solennità e di serietà, di rispetto verso il proprio ruolo. L’Aula consiliare era affollata, non c’erano banchi vuoti, nessuno si alzava mentre un collega stava parlando per andarsene, nessuno rispondeva al cellulare perché all’epoca non era stato inventato, quando un consigliere chiedeva la parola non volava una mosca. L’intera giunta assisteva alla sedute. Ricordo dibattiti appassionati, discorsi lunghi, a volte citazioni eccessive, ma non ricordo una sola volta di essere rimasta delusa. Lo so che la prima volta non si scorda mai e che sembra sempre la migliore, ma a me quelle prime volte mancano. So perfettamente che non era il Paradiso dei Santi, ma entrando in quell’Aula capivi che si faceva politica. Più di 20 anni dopo il gruppo consiliare più numeroso e puntuale ad ogni seduta è quello dei giornalisti che seguono la politica. Tra le due foto, quella del Consiglio comunale di allora e quella di oggi si potrebbe fare il giochino”scopri le differenze” e non mi riferisco allo stile impeccabile, alla conoscenza della sintassi né al saper distinguere una delibera dalla lista per la spesa. Mi riferisco alla totale assenza di passione civica che è quella, suppongo, che dovrebbe averli spinti a candidarsi. E’ quella cosa che scorreva nelle vene ai primi consiglieri che ho conosciuto e che scorre ancora in alcuni dei 45 eletti nel 2008 che si ostinano a crederci. Quest’anno, in virtù del censimento ne possiamo eleggere 36. Considerato che di quei 45 la metà sono scomparsi il giorno dopo le elezioni, stiamo attenti alle prossime amministrative, non facciamo lo stesso errore. Scegliamo i migliori. Ma sono ottimista perché mi son guardata intorno ed ho visto una nuova stagione della semina. Faccio alcuni esempi. Dopo la conferenza di presentazione della candidatura di Renato Accorinti, un politico mi ha chiesto con tono tra il sospettoso e il disgustato chi c’era. In cuor suo sperava che avrei detto: figli dei fiori, fumatori di crack, mangiatori di bambini, seguaci di Mao, visionari e affini. Ho risposto la verità:messinesi normali. Studenti, anziani, uomini, donne, disoccupati, precari, professori, impiegati, sognatori incalliti, artisti, intellettuali, sindacalisti, volti mai visti e volti già visti, persone normalissime che si alzano la mattina per andare a lavorare e non possono perché il lavoro non ce l’hanno, che vorrebbero andare in bici e non possono perché non c’è pista ciclabile (e neanche il bus..) gente che vuole un posto senza barattarlo con un voto e che non vuole stare in ginocchio per tutta la vita. Vuol produrre la Birra come faceva suo nonno piuttosto che la farina o l’essenza di limone, vuol un teatro aperto e un giardino per i figli, vuole un’isola pedonale e 365 notti della cultura. Penso ai grillini. Una di loro mi ha raccontato che ha la compostiera domestica nel giardino e da anni si fa il compost da sola dai rifiuti. E il Comune è ancora alla politica del buco scavato per terra. Penso agli aderenti di Reset che su ogni proposta mettono insieme le opinioni di esperti, fanno studi di fattibilità, si confrontano. Ho ascoltato i giovani che hanno occupato l’ex Teatro in Fiera, e che si definiscono “restituenti”. Se occupi qualcosa è un’azione passiva. Stai sulla poltrona, la occupi ma non la usi. Restituire è l’esatto opposto dell’occupare, è il ritornare una cosa a qualcuno cui appartiene.Anche loro son stati guardati male: ma a chi appartengono, chi li strumentalizza chissà cosa fanno la notte nei locali occupati, probabilmente non si lavano e sognano la dittatura degli anarchici ammazza bambini. Invece no: sono messinesi normali. Hanno idee bellissime. Mi viene da parlare della “banalità della normalità”, perché è banalmente normale chiedere che una pratica venga esitata in pochi giorni, una buca riparata in poche ore, la Fiera utilizzata attraverso forme condivise.Non possiamo più fare progetti che andavano bene nel medioevo. La mia generazione, bene che vada, vivrà altri 35 anni, quindi è logico che le idee ce le facciamo dare da chi ha da vivere Messina altri 80 anni. La Messina futura appartiene più a loro che a noi, dobbiamo ascoltarli, perché è normale parlare di raccolta differenziata, di urban lab, di chilometri zero, di decrescita felice, di cultura dal basso. E’ il loro tempo, facciamogli spazio. Facciamo spazio anche a chi, nei passati 20 anni ha fatto le sue battaglie, a volte le ha perse, altre le ha vinte, ma ci ha messo prima ancora che la faccia il cuore. Facciamo spazio a quanti sono stati presi per pazzi ma hanno lottato perché i nostri figli respirassero aria pulita, agli orchestrali che suonano per gli operai della Triscele e sono stati presi per “artisti bizzarri”. Facciamo spazio a un esercito di messinesi appassionati che hanno piantato a Messina il loro cuore perché faccia fiori e frutti qui. Facciamoli entrare nell’Aula dove s’immagina e si disegna la città dei prossimi 80 anni, mettiamoli accanto a chi ha esperienza, ma facciamo entrare quella cosa che negli ultimi anni si è spenta: l’impegno, la passione civica.

Ce lo meritiamo un Consiglio comunale così: pieno di visionari incalliti che in fondo sono i più realisti di tutti e lo dimostreranno, perché sognando hanno cambiato la loro realtà quotidiana. Ci meritiamo un Consiglio comunale di “restituenti” che restituiscano ai messinesi il coraggio di osare.

Come diceva Che Guevara: Siamo realisti, esigiamo l’impossibile.

Rosaria Brancato