Nascosero i boss latitanti Alessandro e Daniele Emmanuello: chiesti due rinvii a giudizio

Per cinque anni avrebbero favorito la latitanza dei capomafia di Gela, i fratelli Alessandro e Daniele Emmanuello, mettendo a loro disposizione degli appartamenti fra Torrenova e S.Agata Militello e facendo da tramite con gli affiliati della cosca. Particolare conosciuto alle cronache era Daniele Emmanuello, poi ucciso dalla Polizia in un conflitto a fuoco nel 2007 dopo 11 anni di latitanza. L’uomo era inserito nell’elenco dei 10 latitanti più pericolosi e ricercato in tutta Italia.
Grazie agli ultimi sviluppi investigativi il sostituto procuratore della DDA Fabio D’Anna ha chiesto il rinvio a giudizio per Gabriele Giacomo Stanzù, 51 anni (nella foto) e Bartolomeo Testa Camillo, 44 anni, entrambi di Capizzi. L’accusa per entrambi è di favoreggiamento con l’aggravante di aver agevolato l’associazione mafiosa “Cosa Nostra” di Gela. Per questa vicenda fu accusato ed implicato nell’operazione “Montagna”, Roberto Castrovinci di Torrenova. Ma i collaboratori di giustizia gelesi Massimo Carmello Billizzi e Francesco Sarchiello ora hanno deciso di raccontare tutto. Ad aiutare i due boss furono Testa Camillo e Stanzù e non certo Castrovinci. Daniele Emmanuello ricambiò immediatamente la cortesia, come si usa fare negli ambienti mafiosi. I due pentiti hanno raccontato che nel settembre del 1998 nelle campagne di Aidone, in provincia di Enna, fu ucciso il trattorista Franco Saffila. Il commando era composto proprio da Billizzi e Sarchiello anche se fu il primo a sparare. L’omicidio fu una cortesia che Daniele Emmanuello fece a Stanzù. Quest’ultimo, infatti, volle consumare una vendetta che covava da tempo. Staffila vent’anni prima gli aveva ucciso il padre in un agguato. Una esecuzione che Gabriele Giacomo Stanzù non ha mai dimenticato e che aveva giurato di vendicare prima o poi.