Lavoro

La Triscele chiude i battenti, nessun futuro per i 41 lavoratori

La vertenza Triscele è finita. E’ finita la battaglia sindacale, adesso si passa a quella legale. E’ finita in un modo che inizialmente non era stato valutato ma che pian piano nelle ultime settimane aveva iniziato a prender forma scatenando ancor di più angoscia tra i 41 cassintengrati che dall’incontro di oggi in Prefettura speravano di avere buone notizie e che invece adesso hanno l’assoluta certezza che dal 31 dicembre saranno disoccupati. Il vertice di oggi pomeriggio era decisivo, era stato detto più volte negli ultimi giorni. Così è stato. Il gruppo Faranda, rappresentato dal commercialista Del Piglio e dal consulente Ferro, questa volta non c’era nessuno dei due fratelli Faranda, ha presentato al Prefetto Trotta la situazione in cui versa la società. La Triscele si trova in concordato preventivo, che altro non è che il passaggio che precede il fallimento. Negli ultimi tempi i creditori che vantano debiti ingenti hanno presentato numerosi decreti ingiuntivi che hanno portato all’inevitabile decisione di richiedere il concordato. A questo punto si attende solo la nomina del curatore fallimentare che porterà avanti il percorso di fallimento. Finisce così la Triscele, finisce così la storia di un marchio e di una realtà che hanno fatto la tradizione di Messina. Una doppia sconfitta per una città che perde uno dei suoi simboli e 41 posti di lavoro. La società dunque non c’è più e adesso la parte legale diventa preponderante perché in quella sede si dovranno tutelare gli interessi dei 41 lavoratori che vantano ancora numerosi arretrati tra cui quei 2 milioni di euro di Tfr che avevano scelto di lasciare all’azienda per facilitare al gruppo Faranda l’acquisizione dal gruppo Heineken. La strada da percorrere sarà tracciata dal Tribunale, questa potrebbe essere una garanzia per gli ex lavoratori,Cgil, Cisl e Uil, oggi presenti all’incontro, stanno già lavorando per mettere in piedi una squadra di legali che seguirà tutta la vicenda. Per quanto riguarda invece la cassa integrazione il gruppo Faranda ha garantito che non ci saranno problemi per la corresponsione delle ultime due mensilità. Intorno al 10 gennaio i 41 riceveranno il sussidio di novembre e a seguire quello di dicembre. Dopo di che finiranno anche i sussidi perché il 31 dicembre scade la cassa integrazione in deroga che fino ad oggi aveva comunque dato un minimo di respiro a questi 41 operai che attendevano il piano industriale che avrebbe portato alla delocalizzazione dell’azienda dagli stabilimenti di via Bonino e il rilancio dell’attività. Niente di tutto questo ci sarà. Il natale degli ormai ex lavoratori Triscele sarà davvero nero. Amaro il commento di Calogero Cipriano, segretario generali Fai Cisl: “E’ finita la telenovela, purtroppo nel peggiore dei modi in quanto i lavoratori verranno licenziati dal primo gennaio. La città di Messina subisce un’altra grande ingiustizia, sacrificata sull’altare della speculazione. Un’operazione di puro interesse economico che avevamo denunciato sin dall’inizio. E’ palese che nel 2007 vi sia stato l’acquisto di un terreno e non di una fabbrica. Di salvatori della Patria, alla fine, non ne abbiamo visti. Dall’istanza presentata di concordato preventivo liquidatore, inoltre, i lavoratori rischiano al momento del licenziamento anche di non percepire il Tfr. E’ chiaro che ci difenderemo in tutte le sedi per poter accorciare i tempi di liquidazione e dare dignità ai lavoratori che oltre la beffa della famiglia Faranda rischiano di subire anche un danno economico. Stiamo parlando di circa 2 milioni di euro che la proprietà deve corrispondere ai lavoratori”. Prova a guardare più avanti Giovanni Mastroeni della Filcams Cgil che spera in un intervento del governo regionale per provare ad individuare imprenditori siciliani che con un progetto serio abbiano voglia e potenzialità per rilevare un’azienda fallita a farla ripartire. Ma sono purtroppo solo ipotesi a lunghissimo termine. Oggi quella che brucia è una grande sconfitta. Per la città, per i lavoratori che avevano creduto nelle promesse del gruppo Faranda, per l’economia messinese intera. (Francesca Stornante)