Incendi “Albino Luciani”, alunno confessa di esser l’autore ma il bersaglio era un’altra docente. Anzalone: “Storie di disagio”

Ha confessato agli agenti della Squadra Mobile di Messina che si sono presentati a casa sua di esser il responsabile dei due incendi che, martedì mattina, hanno coinvolto le auto di due docenti della scuola Albino Luciani di Fondo Fucile e di un pensionato dello stesso quartiere.
E’ un tredicenne, non imputabile, uno studente della scuola, residente proprio in quel quartiere. Accanto al genitore, il ragazzo ha ammesso le proprie colpe ricostruendo, passo dopo passo, i momenti di quella mattina e fornendo un’interpretazione diversa di quanto accaduto. Secondo quanto dichiarato, infatti, il vero obiettivo del giovane non era la docente proprietaria della Mercedes Cabrio, bensì un’altra insegnante, sempre dello stesso istituto Albino Luciani, con cui vi erano stati rapporti conflittuali. Intorno alle 10.30, dopo aver dato fuoco alla Bmw di un pensionato della zona (sbagliando bersaglio, come dichiarato in seguito), il ragazzo avrebbe poi utilizzato la benzina per cospargere la Mercedes, dandole infine fuoco con un accendino e dei fazzoletti di carta. Resosi conto anche di questo secondo sbaglio di bersaglio, il giovane sarebbe comunque rimasto nei pressi continuando a guardare da lontano il lavoro incessante dei Vigili del Fuoco e delle Forze dell’Ordine.

Si chiude così il cerchio sull’attentato che, per diversi giorni, ha tenuto alta l’attenzione dell’intera città di Messina. Determinante il lavoro tempestivo e minuzioso degli uomini della Mobile guidati dal dirigente Giuseppe Anzalone che adesso ha consegnato tutto nelle mani del Procuratore dei Minori del Tribunale di Messina, dottor A. Pagano.
“Quanto accaduto deve far riflettere e condurre ognuno di noi ad un esame di coscienza – ha commentato Anzalone – poiché non può soltanto essere criminalizzato il gesto. Bisogna capire che siamo di fronte ad una storia di disagio, frutto del contesto in cui questi giovani vivono, in un quartiere che inevitabilmente conduce ad un allontanamento dalla cultura della legalità. Non possiamo sempre e solo attenderci una risposta repressiva, dobbiamo cercare le radici di questo disagio, domandarci cosa sia concretamente possibile fare”. (Veronica Crocitti)