L’ossessione del sindaco per l’onorificenza al Dalai Lama. Ma conta il cuore

Sua Santità Tenzin Gyatso è il XIV Dalai Lama, è un Capo di Stato in esilio, un Premio Nobel, un leader religioso.

Un buddista rifugge dalle onorificenze, dal simbolismo puramente formale, non è attratto da quelle che rischiano di essere solo piccole debolezze umane. Quel che per molti occidentali è importante, i simboli, anche del potere, i vessilli, i formalismi, non sono nè ricercati né inseguiti da un buddista che sa che i confini tra città, province, nazioni, sono barriere create dagli uomini. Per lui la cittadinanza è universale, trascende qualsiasi limite. Il Dalai Lama non fa la raccolta di targhe, medaglie, premi, è lontanissima da un buddista l’idea di una vetrina dove mettere coppe, raccogliere onorificenze. L’essenza stessa del buddismo tibetano è il non avere attaccamenti.

Tenzin Gyatso non è interessato alla cittadinanza onoraria di Messina, di Roccalumera, di Parigi o di New York non perché ci voglia offendere, ma perché è un cittadino dell’umanità. Sa che quel che conta veramente è il cuore. A lui interessa, appassiona, entusiasma, parlare alle persone, aiutarle a raggiungere la felicità e nel contempo diffondere un messaggio di pace. Disquisire, litigare, fare polemiche sul sì o sul no alla cittadinanza onoraria per il Dalai Lama piuttosto che un qualsiasi altro premio, è semplicemente un ossimoro. Equivale a non aver compreso appieno il profondo messaggio del buddismo, filosofia e religione aliena a queste cose.

Tenzin Gyatso sarebbe stato ugualmente lieto anche solo di un abbraccio, sarebbe stato riconoscente di essere venuto anche solo per tenere una lezione e noi saremmo stati altrettanto ricchi dentro senza polemiche, da entrambe le parti, che denotano una vista piccola piccola.

Chi invece è ossessionato dalla formalità della cittadinanza onoraria è il sindaco Accorinti, evidentemente attaccato a simboli che sono più forma che sostanza.

Di queste onorificenze da dare al Dalai Lama ne ha fatto un cruccio, un’ostinazione. Ad agosto, ignorando la procedura prevista, pur di dare la cittadinanza onoraria bypassa il Consiglio comunale. Messo alle strette sul piano delle regole fa un passo indietro, chiede scusa e con estremo ritardo invita l’Aula ad accelerare. Nel frattempo, rendendosi conto che il suo personale sogno di conferire la cittadinanza al Nobel per la pace rischia di non realizzarsi, vara il piano B e insieme alla giunta istituisce un Premio per i costruttori di pace. Mentre litiga con un Consiglio, che ormai ha come unica ragione di vita quella di fare i dispetti all’amministrazione su questioni di lana caprina invece che su quelle serie, vara anche un piano C, ovvero Città Metropolitana. Il conferimento di un’onorificenza in questo caso è molto più semplice e sbrigativo perché non comporta l’obbligo di condividere la decisione con 108 sindaci (anzi 107). Il sindaco metropolitano decide di concerto con Filippo Romano. Al di là di tutto, proprio perché è il contenuto che conta e non la forma, Accorinti avrebbe potuto coinvolgere, anche una telefonata, un sms, un gruppo whatsapp, i colleghi sindaci dei 107 comuni, che a differenza del Consiglio si sarebbero detti entusiasti. Sarebbe stato un bel gesto collettivo, condiviso, corale.

Che quella per la cittadinanza onoraria e quindi per la forma sia diventata per Accorinti un’ossessione, lo dimostra l’episodio della fascia da sindaco consegnata al Dalai Lama all’arrivo in aeroporto. Il sindaco, che è un po' allergico alla fascia e non la indossa mai, la portava a tracolla ed all’arrivo del Nobel gliel’ha donata. Non è vero che Accorinti rifugge dalle divise. Tutt’altro. Accorinti una divisa ce l’ha ed anzi l’ostenta e non la toglie mai. La sua divisa è la maglietta (alternativamente No Ponte o Free Tibet). C’è chi usa la cravatta come uno status symbol e chi la maglietta. Il L’effetto è uguale. Enzo Bianco ed Eligio Giardina, che sentono la bellezza, la gioia, la responsabilità dell’essere sindaco di tutti e non solo di sé stesso e del proprio ego, quella fascia non solo l’hanno indossata per tutto il tempo della visita del Premio Nobel, ma ne vanno fieri.

Quando indossi quella fascia sparisce il “chi” sei e prevale il “chi” rappresenti. Bianco con quella fascia è Catania e Giardina è Taormina.

Accorinti ossessionato dall’idea di dare un’ onorificenza al leader carismatico che ammira da 30 anni, ha preso la sua fascia da sindaco e, per consolare una delusione che è solo sua e non certo di Sua Santità, l’ha donata come un gagliardetto o come la sciarpa giallorossa.

Per Accorinti è stato come consegnargli quella medaglia che il Consiglio gli ha impedito di dare. Non grido alla vergogna. Accorinti ha coronato un suo personale sogno. Ha fatto quel gesto pieno di formalità: ti insignisco simbolicamente del titolo di primo cittadino di Messina. Lo ha fatto con una persona, un buddista, che non attribuisce lo stesso valore ed enfasi ai titoli terreni e materiali. Accorinti dopo aver dato la fascia da sindaco a Sua Santità, non ha indossato alcuna fascia, neanche quella da sindaco metropolitano per tutta la cerimonia. Per lui conta la sua divisa, la sua personale “cravatta”, la sua “forma” che prevale sulla sostanza.

Abbiamo accolto col cuore il messaggio del Premio Nobel, perché si ascolta col cuore e si vede col cuore. Le medagliette, le sciocche polemiche sulle onorificenze non appartengono a chi, come Tenzin Gyatso parla di fratellanza e umanità.

Il fatto è che i punti di vista sono differenti, c’è chi pensa alla vetrina e chi sa che la vanità delle cose terrene si scioglie come neve al sole e che le medaglie, le targhe, non possiamo portarle con noi alla fine del viaggio.

Il Dalai Lama porterà con sé il ricordo degli sguardi illuminati seduti sui gradini del teatro, dei bimbi che si sono avvicinati, delle mani che lo hanno cercato, dei sorrisi, delle domande che da sempre accompagnano l’umanità e che riguardano il dolore, la paura, la morte, il futuro. Porterà questo nel cuore. Non una targa.

Una delle frasi più belle del Piccolo Principe ci ricorda che “non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.

L’essenziale non è una pergamena, una medaglia, una targa. Per chi è cittadino dell’umanità, per l’eternità, i confini non esistono.

Rosaria Brancato