Dopo l’inchiesta i lavoratori dell’Ancol scrivono: “Salvate i nostri posti”

Sul caso dell’Ancol, l’Ente di formazione finito al centro di un’inchiesta che ha coinvolto l’ex assessore comunale al lavoro Melino Capone, Pdl, intervengono con una lettera aperta i dipendenti della struttura rappresentati da Maurizio Di Bella (Ancol Barcellona). Nella premessa i lavoratori augurano al presidente dell’Ente, nei cui confronti è ipotizzato il reato di truffa aggravata “che possa chiarire la sua posizione, certi che la magistratura farà emergere la verità”. Detto questo ribadiscono come le attività finanziate all’Ancol Sicilia “ indipendentemente se l’Ente fosse legittimato o no dall’Ente nazionale a svolgerle, sono state eseguite nel rispetto delle regole e sono state tutte rendicontate dall’Ufficio del lavoro. Basta leggere le verifiche finali condotte dalla Regione per capire come sono state spese le risorse destinate all’Ente. Noi possiamo dire di avere ricevuto le retribuzioni fino al 2008, poi negli anni successivi a causa della contrazione dei parametri di finanziamento l’Ente non ha più potuto pagare gli stipendi.”

Nella lettera sottolineano come anche altri colleghi di altri Enti di formazione siciliana non hanno preso stipendi nel 2009 e 2010, ma, scrivono: “ nessuno accusa i loro Enti di aver fatto sparire finanziamenti e se sono debitori nei confronti dei loro dipendenti nessuno li accusa di essere degli imbroglioni”. Non si comprende se i lavoratori invitino la magistratura ad allargare l’inchiesta o contestino l’indagine in corso nei confronti dell’Ancol. Nella nota si aggiunge come, in virtù dei nuovi parametri di finanziamento l’Ente abbia licenziato dal 1 agosto 2012 ben 58 dipendenti.

In questa lettera ci sono gli elementi che nel corso degli ultimi anni hanno trasformato il pianeta della formazione in Sicilia in un bluff nonché, come detto dall’ex deputato regionale del Pd Pino Apprendi in un “bancomat clientelare” utilizzato da gran parte dei politici siciliani di destra e di sinistra.

A pagarne le conseguenze sono esclusivamente i ragazzi corsisti e i dipendenti (quelli veri) in cassa integrazione. L’indagine sull’Ancol Sicilia è solo uno dei fascicoli attualmente all’attenzione della Procura di Messina. L’inchiesta della Guardia di Finanza ha fatto luce su 13 milioni e 600 mila euro della Regione percepiti indebitamente dal 2006 al 2007 dall’Ancol Sicilia (Associazione Comunità di lavoro), una onlus senza scopo di lucro. Il reato ipotizzato nei confronti del presidente regionale Melino Capone è di truffa aggravata nel conseguimento di erogazioni pubbliche. L’esponente del Pdl fino al 2005 era commissario regionale dell’Ente, ma per una serie di contrasti con la sede nazionale la carica gli fu revocata. Negli anni scorsi la presidente nazionale dell’Ancol ha inviato due lettere all’assessorato regionale spiegando come Capone non fosse più commissario della onlus e come pertanto non dovessero essere più erogati fondi pubblici all’Ente non autorizzato. Le lettere scomparvero, e due funzionarie regionali adesso sono sotto inchiesta. Non scomparve quella inviata per conoscenza anche alla Procura, con allegate le ricevute di ritorno delle lettere trasmesse alla Regione. Nel frattempo Melino Capone ha continuato a presentare progetti formativi, aprendo anche nuove sedi ed assumendo decine di persone tra parenti e persone vicine ad esponenti politici di area ex An. All’ Ancol Capone ha assunto padre e madre (in due costavano quasi 9 mila euro al mese), il fratello e la cognata, ben tre cugini, nonché la moglie e la sorella dell’ex sindaco Buzzanca, ed una serie di familiari e di persone vicine al parlamentare Domenico Nania e ad ex amministratori e consiglieri comunali di Messina e provincia della stessa area politica. Le infornate avvennero dal 2008 in poi, e, come se non bastasse l’assunzione, in pochi mesi arrivarono anche le promozioni dai livelli bassi a quelli dirigenziali. I dipendenti dell’Ancol lamentano come non prendano stipendi dal 2008, mentre in quegli anni arrivavano le assunzioni. Nella lettera i lavoratori sottolineano come i corsi si siano tenuti regolarmente “indipendentemente dal fatto che l’Ente fosse o meno legittimato dalla sede nazionale a svolgerli” come se il fatto che Capone, nonostante la revoca dalla carica abbia continuato ad aprire sedi, presentare progetti, ottenere fondi, sia un dettaglio di poco conto. Il problema invece è proprio questo: le regole. Il pianeta della formazione in Sicilia ha fatto saccheggio delle regole e dei fondi europei, indipendentemente dall’utilizzo reale delle somme e aggiungerei dal reale obiettivo della formazione che è quello di creare lavoro e futuro ai giovani. Si son creati solo stipendifici e solo a vantaggio di pochi. Dei 13 milioni e mezzo di euro percepiti dall’Ancol, val la pena ricordarlo, il 70% è stato erogato dal fondo europeo, il 21% dallo Stato e il 9% dalla Regione. E’ per questo che l’Unione Europea ha iniziato a dire basta con certi sistemi alla “siciliana”e ha chiuso i rubinetti.

Rosaria Brancato