La riflessione

Francesca Borgia: “Uno non vale uno. Cerchiamo di amare gli alberi”

La nostra vita di cittadini è fortemente compromessa da una disgregazione comunitaria continua e avvilente. La stessa urbanistica fa muovere gli individui da un luogo all’altro non per riunirsi, così da vivere lo spazio per attività comuni, ma per frammentare desideri, progetti, cambiamenti.

Il dio mercato

La persona dovrebbe vivere per realizzare la propria felicità e avere la possibilità di attuare la propria personalità all’interno di una comunità vitale, invece viviamo sopraffatti dal dio mercato volto solo ad operare profitto in ogni modo e in ogni luogo possibile. Manca il coraggio di uno sguardo lungo, la visione di una città accogliente che abbia come principio la salvaguardia del bene pubblico. Imperversa ancora oggi solo il bottino privato di chi arrogantemente e ostinatamente si impossessa di spiagge, giardini o vedute paesaggistiche, pronto a recintare, difendere, sottrarre.

Città violentata

Questa è una città continuamente violentata nella sua fulgida bellezza e tutte le amministrazioni pubbliche da 50 anni a questa parte, in un crescendo di dominio puro, ha alterato ski-line, favorito superfetazioni, deviato strade, soffocato torrenti, sradicato alberi. Ormai la Metropoli è ridotta ad un ammasso caotico di cose e uomini, siamo un chiassoso paesazzo di quart’ordine e periferia!

Scempio di alberi

Tutto perde misura e un sistema deviato all’origine vorrebbe farci apparire razionale ciò che invece è assolutamente irrazionale. Prendiamo ad esempio l’ultimo scempio degli alberi, intere alberature di pregio sostituite con striminziti oleandri…perché dovremmo accettare la regola che uno vale uno? Perché se abbattono un tiglio, un platano o un acero, posso ritenermi soddisfatta di vedere al suo posto un misero arbusto? L’amministrazione si gioverà di aspetti meramente economici legati a costi di impianto e gestione, ma noi abitanti?

Uno non vale uno

Tempo fa svettavano eleganti e sanissime 2 magnifiche chorisie davanti l’università, perché sono state spiantate? Quante piante di quercia a causa di capitozzature grossolane si sono ammalate e dunque sostituite con alberelli di arancio amaro? Perché non si è mantenuta la stessa specie? Esiste un regolamento per la tutela del patrimonio arboreo e delle sanzioni per chi esegue potature che procurano danno alle piante. Una ditta non vale l’altra se una è qualificata e rispetta la crescita della pianta, mentre l’altra non ha personale specializzato e non sa quali rami vanno tagliati e quali no. Un vivaio non vale l’altro. C’è quello che indirizza verso specie di pregio e con buone caratteristiche di resistenza all’inquinamento, agli attacchi parassitai e fornisce una bella ombreggiatura e c’è il vivaista che incoraggia la vendita di piante ordinarie e giovani con pochissime qualità di resistenza ai nostri venti o alla salsedine…

Soffermiamoci per un attimo sul termine del verbo allevare, vuol dire: far crescere, tirar su, mantenere, sostentare, alimentare, cibare, nutrire, nutricare…significa prendersi cura di una creatura vivente che ci restituisce una bellezza splendente; significa percepire l’albero come compagno di vita, di perfezione e compiutezza di questo mondo e mi piace pensarlo come segno di conciliazione e armonia fra soggetto e oggetto, tra Io e società.

Cerchiamo di amare e rispettare gli alberi: cerchiamo di sorvegliare la loro crescita e cura gestita dall’amministrazione, non accontentiamoci di essenze arboree anonime e denunciamo i casi di sciatteria o malgestione delle piante. Avviamo processi di tutela e salvaguardia verso le nostre bellezze naturalistiche affinchè i figli dei nostri figli possano godere pienamente di una città dove cura e armonia possano mitigare i dolori che la vita troppo spesso ci infligge.

Francesca Borgia –Natura non nisi  parendo vincitur   “La natura può essere vinta solo ubbidendole” (Francesco Bacone)