La mia conclusione è che non mi stancherò mai della Sicilia.

Prosegue con l'articolo che segue la collaborazione con l'Associazione FuoridiMe, nella quale confluiscono molti giovani messinesi che studiano fuori dalla nostra città.E' un modo che il nostro giornale ha immaginato per valorizzare la passione verso la loro terra di tanti ragazzi, che, seppur lontani, hanno titolo per costituire una risorsa, anche solo di pensiero, per il nostro futuro ma anche per il nostro presente.

Ogni qualvolta io metta piede in Sicilia, la reazione è sempre la stessa. Sono inevitabilmente stufa di dover rinunciare alle mie abitudini quotidiane per abituarmi ai lenti ritmi dell’isola, scanditi da prelibatezze culinarie e pittoreschi tramonti. Sono stanca, perché penso di non avere uno spazio adatto dove studiare, dei servizi pubblici efficienti, delle strade non dissestate e, alla fine, penso sempre che sarebbe stato meglio non tornarci proprio a casa, che, alla fine, il gioco non vale la candela.

Eppure, ogni qualvolta io mi appresti a lasciare la Sicilia, la reazione è sempre la stessa. L’autobus percorre la Cortina del Porto fino al semaforo dello svincolo, vedo la statua della Madonnina che domina lo Stretto e ripenso ai volti dei miei familiari, dei miei amici fidati, ai luoghi della mia città e con essa ai suoi sapori e colori.

La mia conclusione è che non mi stancherò mai della Sicilia, anche se blatero un po’ in virtù di quel vuoto dinamismo che contraddistingue le mie giornate anglosassoni, e quindi, di tanto in tanto, tornerò in Sicilia, per le strade storte e dissestate, la sporcizia e le fatiscenti biblioteche di economia, perché tutto ciò appartiene a quel che sono.

Non me la sento di parlare di economia, di politiche di sviluppo né tanto meno di tutte quelle tematiche per cui si fanno inutili tavoli tecnici.

Io voglio parlare dei sentimenti che la mia città mi richiama alla mente e che, sono più che sicura, sono condivisi dalla mia generazione di emigranti.

Noi, non siamo altro che profughi, con l’unica differenza che i trenta euro al giorno ce li danno mamma e papà, se siamo fortunati. Perché è proprio la fortuna quella che cerchiamo quando ce ne andiamo.

Seneca diceva che l’esilio non è altro che un mutamento di luogo e lui aveva più che ragione. Non siamo né più forti né più intelligenti di chi resta, ci portiamo dentro le stesse ansie e preoccupazioni; l’unica differenza? Siamo così stolti da credere di potere cambiare le cose, vedendo piccole parti di mondo che ci siano di ispirazione, d’apertura, d’innovazione. Però siamo anche gli stessi cretini e immancabili sentimentalisti che, di fronte ad un arancino e un piccolo angolo di mare, ci commuoviamo, ci animiamo, ci pentiamo.

Comprimiamo amore e odio nei ventitré chili dell’Alitalia e mettiamo un piede fuori da quell’angolo sicuro di mondo

Facciamo i forti, studiamo, lavoriamo. Ma il nostro vivere è un vuoto sopravvivere, una semplice occupazione del tempo.

L'Associazione Fuori di Me