Messina allo specchio si vede anziana, i numeri del Piano 2013-2022

Messina sta invecchiando. È questa l’immagine drammatica che emerge dalle statistiche e dalle tabelle inserite nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale 2013-2022. I numeri sono spietati e come pennelli sulla tela dipingono il ritratto di una città ormai lontana dal suo periodo d’oro e dimentica dei suoi giovani, gli unici in grado di restituirle vigore.

Una città schiacciata dal peso di un futuro determinato da scelte economiche e politiche miopi che hanno trasformato la Messina delle celebrità degli anni ’50 e ’60, della “10 ore notturna”, dell’agosto trascorso tra spettacoli e manifestazioni, nella Messina piegata su se stessa da una economia cieca, che si regge sulla capacità di assorbimento del settore pubblico e non punta sui giovani.

In città, l’età media è passata dai 41.02 anni del 2002 ai 43.51 anni del 2013. Questo dato, in linea con quanto avviene in altre città, non sarebbe allarmante di per sé, se non fosse che la città ha perso negli ultimi 5 anni (2008-2013) il 39,25% della popolazione in età 0-29. In particolare, la quota più elevata è della classe d’età 25-29 (16,14%) e 30-34 (14,97%).

L’indice di vecchiaia raggiunge nel 2013 il valore di 156,9 anziani (65 anni e più) ogni 100 giovani (minori 14 anni).

L’indicatore più preoccupante è certamente l’indice di ricambio, che misura il rapporto tra coloro che stanno per lasciare, a causa dell’età, il mondo del lavoro e coloro che stanno per entrare. Nel 2013 è di 125,27, a significare che quelli che escono sono circa il 25% in più di quelli che entrano nel mondo del lavoro.

In poco più di dieci anni la popolazione messinese si è ridotta di circa 10 mila unità, decremento attenuato dal tasso di immigrazione ma sulla quale incide anche il trend negativo delle nascite rispetto al tasso di mortalità.

Diminuiscono i matrimoni, 3,4 eventi ogni mille abitanti contro i 4,24 del 2007. I messinesi che hanno contratto matrimonio nel 2013 hanno un’età compresa tra i 30 e i 34 anni, un dato che si potrebbe leggere come risultante di una combinazione di fattori negativi, tra cui l’assenza di opportunità lavorative e la precarietà, che incidono inevitabilmente sulle nascite.

Questi numeri forniscono un quadro tanto chiaro quanto fosco è il futuro della città che si delinea sullo sfondo. L’emorragia di giovani sembra inarrestabile. Studenti e lavoratori partono, sapendo che, probabilmente, non torneranno. Giovani senza futuro fuggono da una città che si prepara a vivere un futuro senza giovani.

Gabriele Quattrocchi