PRC si schiera per il no all’Hotspot:”Gabbie di ferro per migranti”

A schierarsi contro l'apertura dell'Hotspot di Bisconte, nella ex caserma Gasparro, questa volta è il Partito di Rifondazione Comunista di Messina, il circolo Peppino Impastato, che in una nota denuncia le modalità di gestione di questi centri e chiede un 'intervento fermo da parte del comune per fare chiarezza sulla gestione dell'accoglienza nella città di Messina.

Introdotti con la legge sulla sicurezza del 2009 voluta dall’ex ministro Maroni, rafforzata dalla recente legge Minniti-Orlando, gli Hotspot si sono sempre configurati nell'immaginario collettivo, anche perché spesso corrisponde alla realtà, come strutture che hanno una logica di repressione e controllo dei migranti. La suddetta legge prevede la creazione di strutture in cui i migranti rimarranno in attesa di essere identificati sulla base di elementi sconosciuti alle organizzazioni ed agli enti di tutela. Questi dovrebbero vigilare nel rispetto dei diritti umani, ma viene impedito loro qualsiasi tipo di accesso che non venga concordato con prefetture e ministero dell’Interno. Si tratta di irrigidire ulteriormente misure già restrittive che in questi anni hanno creato un numero elevato di persone “invisibili” e senza diritti.

"Alla luce della legge Minniti e di fronte alla volontà governativa di utilizzare l’Hotspot per riformare il sistema di asilo e renderlo uno strumento che si basa su concetti come “paesi terzi sicuri” di origine o di transito verso i quali i migranti rischiano di essere respinti, il circolo P. Impastato del PRC di Messina si oppone alla realizzazione di un campo in cui si sperimenta sulla pelle dei migranti la procedura applicativa della legge. Ci opponiamo con forza al razzismo istituzionale sempre più crescente in Italia e in molta parte d’Europa e ci opponiamo a questa politica che, se portata avanti in questi termini, provocherà una massa di persone rinchiuse e giudicate in fretta per essere deportate dentro un circuito di detenzione che non gli riconoscerà mai la possibilità di richiedere l’asilo. Il loro destino sarà di passare da un centro come l’Hotspot per finire dentro un altro circuito infernale che sono i nuovi Centri per il rimpatrio".

A Messina tutto ciò si sta realizzando nell’ex caserma di Bisconte, la Gasparro, che dal 2014 è diventata un enorme blocco in cui vengono ospitati, identificati e trattenuti spesso oltre i termini, non solo gli adulti ma anche i minori stranieri non accompagnati. "Abbiamo tante volte chiesto al sindaco Accorinti e alla sua amministrazione – continuano i membri del circolo Peppino Impastato – di fare chiarezza su un percorso che avrebbe sancito l’apertura dell’Hotspot. Il sindaco Accorinti fino ad una settimana fa ha dichiarato di non sapere nulla circa la sistemazione di un area destinata a raccogliere fino a 3000 migranti in condizioni disumane".

A gestire la futura struttura sarà la Senis Hospes, che, a Messina, oltre a gestire la famigerata ex- caserma Gasparro, è la cooperativa che ha in mano metà dell’accoglienza: la casa comunale Ahmed, qualche altro centro di primissima accoglienza per MSNA, uno sprar per categorie vulnerabili e presto uno sprar per minori.

"Possiamo tranquillamente dire – continuano i membri di PRC – che la cooperativa Senis Hospes fa da patron nell’accoglienza messinese, senza che una volta l’amministrazione abbia scritto un solo rigo che metta in evidenza questa grave contraddizione. Ma il sindaco Accorinti nella due giorni del G7 di Taormina ha girato per tutte le strade e stradine taorminesi con una maglietta che diceva “We are migrants”. Ecco. Il problema sta nel fatto che quando si governa, gli atti amministrativi sono le coordinate politiche di una giunta; sono fatti concreti e tangibili. E di atti amministrativi e politici chiari, che invertano la rotta, non vi é traccia. Il circolo messinese del PRC, denuncia la grave decisione governativa di aprire gli Hotspot in Sicilia e chiede all’amministrazione comunale di opporsi, con atti amministrativi concreti, alla struttura che verrà gestita dagli stessi enti che vogliono coprirsi con azioni di buone prassi. Non è credibile infine mostrare da un lato la faccia del ribelle e dall’altro permettere che si gestisca in città il "business migranti" che ha caratteristiche disumane. Solo allora sarà credibile e umana la maglietta "We are migrants".