Messina spende quanto Verona, ma lì la Tares costa meno e i servizi funzionano davvero

Messina come Verona? Un giorno, forse, si spera. Al momento l’unica cosa che accomuna la nostra città a quella veneta è la vicinanza nell’elenco per numero di abitanti delle città italiane. Verona ne conta 253.409, Messina 242.267. Questo dato è però sufficiente per mettere a confronto due realtà profondamente diverse che distano circa mille chilometri l’una dall’altra, un confronto che rischia di far uscire la città dello Stretto profondamente sconfitta ma che può servire da pungolo e da stimolo affinché si punti a migliorare prendendo esempio da chi è più in alto di noi, non solo sulla cartina geografica. L’argomento, naturalmente, è la gestione dei rifiuti.

Anche Verona, come Messina, ha dovuto adottare la Tares e dunque fa i conti con una tassa che in tutto lo stivale sta scatenando durissime proteste e contestazioni con cittadini che assaltano i Consigli comunali e presentano ricorsi al Tar. Ma se a Messina il malcontento cresce di giorno in giorno per l’ingiustizia di un tributo pesantissimo a fronte di un servizio inesistente, a Verona la Tares è stata accettata dai cittadini senza grossi traumi, forse perché invece lì il sistema rifiuti funziona perfettamente. Che l'ecosistema urbano di Verona sia tra i migliori nelle grandi città italiane lo ha stabilito per esempio la classifica "verde" stilata all'interno del 20° rapporto di Legambiente che la piazza al quarto posto. Dello scorso luglio un altro dato da segnalare: per raccolta differenziata Verona risulta la prima tra le grandi città italiane e raggiunge il 53% di differenziata. Messina, nelle stesse classifiche, è sempre fanalino di coda, con percentuali di differenziata che non sono mai andate oltre il 5%.

Parlando di rifiuti inevitabile quindi pensare alla Tares e mettere a confronto i bollettini nostrani con quelli veronesi. Dalle proiezioni calcolate attraverso il sito istituzionale del Comune scaligero si possono accostare quelle elaborate in base ai coefficienti utilizzati dal regolamento approvato a Palazzo Zanca e salta fuori che le famiglie messinesi pagano circa il doppio rispetto a quelle veronesi, basta citare un dato: prendendo come esempio un immobile di 80 mq vediamo che da noi un unico componente sborsa 261,15 euro, a Verona 131,75 euro. Differenze meno significative per le utenze non domestiche, le tariffe per le attività commerciali sono pressoché uguali. Tutto ciò a fronte di un servizio estremamente diverso che però ha costi molto simili.

Per capire la Tares bisogna infatti andare a spulciare i piani di gestione che ogni Comune ha dovuto approvare prima di introdurre la nuova tassa sui rifiuti. A Messina lo ha redatto l’Ato3, a Verona l’Amia, ovvero l’ente gestore del servizio, un’azienda Spa esterna al Comune e che con circa 600 dipendenti si occupa di rifiuti anche in altri cinque Comuni veneti. Il dato che colpisce di più è il costo totale della gestione rifiuti: quella veronese costa 45.537.450 euro, quella messinese 44.424.677 euro. Ci divide solo un milione di euro in più, eppure stiamo parlando di una delle città più pulite e virtuose d’Italia.

Andando ancora più a fondo è interessante confrontare alcune voci di spesa raccolte nei due piani finanziari.

Messina. I costi di gestione ammontano a 36.088.225 e sotto questa voce si raggruppano principalmente i servizi che riguardano l’igiene ambientale. Emerge che allo spazzamento e al lavaggio di strade e aree pubbliche nel 2013 sono stati destinati 12.141.858 euro, a raccolta e trasporto 10.558.502, per trattamento e smaltimento 7.739.134, per la raccolta differenziata 3.6 I costi comuni prevedono invece 2.146.396, mentre alla voce costi d’uso del capitale la cifra riportata è 3.775.071 e in questo caso si tratta di costi bancari soprattutto per anticipazioni. 65.085, trattamento e riciclo 606.423, altri costi (ma non si specifica quali) 1.377.224.

Verona. I costi di gestione ammontano a 28.110.000 e comprende le stesse voci ma con numeri molto diversi. Per spazzamento e lavaggio strade 7.200.000, raccolta e trasporto 5.500.000, per trattamento e smaltimento 8.300.000, per raccolta differenziata 6.360.000, trattamento e riciclo 3.250.000, altri costi 1.030.000.

I costi comuni prevedono invece 6.080.000, costi d’uso del capitale 5.350.000.

Dunque costi inferiori e ripartiti soprattutto per incentivare la differenziata. Non stupisce infatti che Verona può annoverare nel suo piano un introito di 2.800.000 di ricavi Conai, mentre Messina incassa solo 90.750 euro. Altro dato di non poco conto: Verona inserisce investimenti per 3.300.000 euro destinati all’acquisto di mezzi e attrezzature, i mezzi messinesi sono vetusti, spesso guasti, e nessun investimento è stato ipotizzato nel 2013.

Verona ha due soli centri di raccolta, ma sfrutta un capillare sistema di raccolta porta a porta, questo dovrà essere il modello da seguire a Messina. E se non bastassero questi numeri si potrebbe anche citare il lunghissimo elenco di beneficiari di sconti, riduzioni ed esenzioni che il Comune di Verona ha previsto nel suo regolamento rispetto a quello nostrano. Ma siccome la Tares ha già fatto abbastanza “incazzare” i messinesi forse è meglio fermarsi qui. Il confronto però dovrebbe far capire a tutti i cittadini che si può spendere per un servizio degno di questo nome e che però dipende dalla buona volontà di tutti. Fa capire anche quanta cattiva gestione e quanti sprechi ci siano stati negli anni passati. E quanto lavoro c’è davanti per avvicinarci a città virtuose come Verona anche in classifiche diverse da quelle basate solo sul numero di abitanti.

Francesca Stornante