Donatella Sindoni: “Non sono una ladra nè un mostro. O mi ascolta un giudice o mi ammazzo”

“Non ci sto a passare per il mostro, per la ladra, per quella da sbattere in prima pagina. Non ci sto. Non ho fatto niente. Chiedo di essere interrogata non subito, ma immediatamente. Altrimenti mi ammazzo. Non sto scherzando”. Piange al telefono Donatella Sindoni, finita nell’indagine per Gettonopoli in qualità di presidente della VI commissione servizi sociali. Molti anni fa, è stata coinvolta in un’altra vicenda durata 10 anni e dalla quale è uscita pienamente assolta. Ma quei 10 anni di processo, le sono rimasti addosso sulla pelle.

“Io non ho fatto niente, non ho rubato nulla. Non sono una ladra. Io ho la mia professione, non raggiungo mai la quota delle presenze, non faccio sostituzioni, ma sono sempre in Aula, faccio il mio lavoro da consigliera comunale dentro e fuori dal Palazzo e lo dimostrano i due anni di impegno. Non ci sto a questo gioco al massacro. Non si può vivere così. Ho appreso dalla stampa che ero indagata. Mi si contesta una seduta, quella del 21 gennaio 2015, che presiedevo perché sono presidente della VI Commissione. L’ordine del giorno riguardava i precari. Per me era importantissima e avevo invitato sindacati, precari, dirigenti. Tutti. Proprio per questo avevo chiesto la presenza dei resocontisti ma non era possibile averli, quindi ho chiesto di spostare la seduta dalla sala commissioni all’Aula consiliare dove si può registrare. Erano le 11 e c’era convocata in seduta straordinaria la I Commissione, ho pensato di aspettare che finissero. Eravamo tutti lì i consiglieri, i sindacati, i lavoratori. In attesa di spostarci abbiamo iniziato i lavori, è intervenuto anche Fotia, c’è tutto sul verbale. La seduta della I Commissione è finita alle 13.55 e noi siamo stati costretti a chiudere la nostra e a rinviarla al 4 febbraio. Mi si contesta che ho falsamente attestato la presenza del numero legale. Non è così. Io voglio essere ascoltata per spiegare la verità. Il numero legale c’era, voglio spiegare come sono andate le cose. Stiamo passando tutti per ladri, senza riguardo per le singole posizioni, per quel lavoro che facciamo anche oltre le commissioni, sempre, in Aula e fuori, nel Palazzo. Abbiamo fatto ispezioni a Casa Serena, incontrato migliaia di persone tra associazioni, lavoratori, presentato proposte, interrogazioni, delibere, sempre presenti in Aula. E ora finiamo in prima pagina come i mostri. Non ci sto. E’ il sistema dei gettoni di presenza che è sbagliato. Dovrebbero esserci le indennità, come negli altri casi. Io non ho fatto nulla. O mi ascolta un magistrato subito oppure io mi ammazzo. Non voglio passare un altro linciaggio mediatico e giudiziario come quello che ho già vissuto e dal quale sono sopravvissuta come innocente. Mi ammazzo. Leggere su facebook certe cose fa male a chi fa politica e non ruba. Non si può fare più politica in questo modo. Non si può più vivere così”.

Rosaria Brancato