Tra moglie e marito non mettere il default spirituale. Viene prima l’anima o la lavatrice?

Nelle scorse settimane io e mio marito abbiamo discusso animatamente. I lettori si chiederanno perché sto raccontando i fatti miei. Ebbene, penso che il motivo del contendere sia lo specchio di quel che pensano i messinesi oggi. Io sono tutta presa dalle battaglie per i tir, l’isola pedonale, le unioni civili, tutta quella roba là che ti fa volare alto, per dirla con il Sommo Poeta “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. Mio marito invece sostiene che le battaglie di civiltà si possono fare solo una volta ottenuta. La civiltà, intendo. Se hai la mmunnizza che arriva al primo piano delle case, fai lo stoccaggio dei rifiuti a poche centinaia di metri dalla spiaggia, non arriva l’acqua e sembra di essere tornati agli anni ’70, quando mia madre si alzava alle cinque del mattino per riempire la vasca da bagno, allora non è il momento adatto per levare alte le menti alla pace tra i popoli. Questa almeno la tesi di mio marito. Se vuoi fare la rivoluzione dello spirito e non ci riesci forse è meglio procedere per gradi e iniziare dal corpo. Se non ti puoi fare la doccia come fai a ripulirti l’anima? Da qui liti che Accorinti definirebbe epocali e che finiscono sempre con me che la sera faccio la danza della pioggia nella speranza (finora vana) che la mattina dopo esca una goccia di sacro liquido dal rubinetto. Mentre per me la rinascita di Messina passa dall’isola pedonale, per mio marito inizia dalla certezza di fare un carico di lavatrice al giorno. Per me la battaglia di civiltà è lottare per il registro delle Unioni civili, per lui equivale a non dover vergognarsi dei rifiuti fin sotto le finestre. Io vado in estasi quanto si parla della qualità della vita e dei diritti dei cittadini, lui si accontenta di un trasporto pubblico decente. Da brava buddista gli ricordo che la felicità è una conquista interiore che non deve dipendere da fattori esterni, ma lui replica che per lui la felicità è fatta anche di piccole cose come cantare Pino Daniele sotto la doccia. Ma come ogni moglie che si rispetti preferirei scavare a mani nude un pozzo nel cortile e trovare l’acqua grazie ad un rabdomante piuttosto che dargli ragione.

Però, lo confesso, quando ho visto le autobotti e la gente con i bidoni ho avuto paura. Mi sono detta che no, non è possibile nel 2014 sostenere che siamo senz’acqua perché ha piovuto poco. Negli anni ’70 mia madre riusciva almeno a riempirla la vasca, io a stento potrei riempire una bacinella e abito in centro. La cosa che però mi turba è la situazione della spazzatura, perché, se non erro, non fidandoci di “quelli chiamati da quelli che c’erano prima”, ci siamo affidati, pagandoli, ai superman venuti dal freddo. Pare che lassù abbiano fatto miracoli Ciacci, Rossi & C. quelli dell’associazione del Signor Rossi, fior di consulenti che l’amministrazione rimborsa o paga a seconda dei casi per insegnare a noi uomini delle caverne che la spazzatura si butta di sera e soprattutto non si lancia dalla finestra. Io non sono una pignola e per ora il mio sguardo è volto al sogno di una Messina che non sia solo uno zerbino per quanti neanche si fermano a guardare il paesaggio, però non mi pare, per quanto sia distratta, che la gestione della raccolta si mutata di un millimetro in cinque mesi. Soprattutto non mi pare che abbiano la più pallida idea di cosa fare nei prossimi cinque. Almeno così si evince da quel che scrive Ciacci nel suo Caro diario, quello che pubblica sul sito di Messinambiente e che chiunque può andare a leggere. Dunque il buon Ciacci da Capannoli il 13 agosto (quindi 5 mesi dopo il suo arrivo) scrive di sentirsi come in un labirinto : “amministrando questa azienda si ha quasi la sensazione di essere controllati da una specie di burattinaio che sposta i muri del labirinto ed impedisce di trovare una via d’uscita”. E fa una serie di esempi con mezzi che si rompono “improvvisamente” quando si è in emergenza, ruote che si bucano senza avvisare e che non si possono cambiare e vari accadimenti che ovviamente non attribuisce al Fato o alla malasorte. Tra gli scherzi del destino si è scordato di aggiungere che a Pace non funziona il nastro trasportatore perché da due mesi non arriva un telecomando. Infine conclude: “Oggi leggiamo dalla stampa che a fine mese la discarica potrebbe chiudere, e questi sforzi sarebbero vanificati in poche ore. Ma resistiamo e continuiamo a cercare di costruire risposte perché la tenacia dell’orgoglio è più forte di qualsiasi ostacolo”. Trovo assai bizzarro che il commissario liquidatore di Messinambiente debba apprendere dalla stampa che la discarica di Mazzarrà chiuderà a fine mese, ma mi chiedo anche quale depliant abbiano presentato al novello Teseo nel labirinto di Minosse per convincerlo a venire qui. Forse pensava di venire nel giardino dell’Eden dove Adamo ed Eva differenziavano pure la buccia delle mele? Gli hanno spedito una cartolina di Lugano spacciandola per Messina? Dopo 5 mesi è evidente che i superconsulenti hanno lasciato la tuta da supereroi a Capannoli. Non basta venire a fare la lezioncina sulla differenziata per rivoluzionare un sistema che ha trappole e buchi neri ad ogni metro. Prendiamo l’idea “rivoluzionaria” di fare lo stoccaggio dei rifiuti a Pace. Se uno di quelli che c’erano prima, (e lo dico per la trecentesima volta: non li rimpiango, ma diamine, abbiamo pur diritto a qualcuno che ci risolva i problemi), avesse anche solo “pensato” di stoccare i rifiuti a Pace e non per 48 ore ma per 12 secondi, sarebbe stato crocifisso lungo la strada tra Pace e Paradiso, perché fosse da monito a tutti gli altri. E a turno, ambientalisti, pacifisti e rivoluzionari gli avrebbero tirato le freccette. Invece noi da aprile portiamo allegramente i rifiuti a Pace, trasformandola amabilmente in una discarica travestita da area di stoccaggio e nonostante le ispezioni, le prescrizioni, una gara d’appalto che procede come una lumaca, nonostante la puzza, le proteste, un incidente mortale sul lavoro, insomma nonostante tutto, continuiamo a farlo. Mi chiedo, ma per fare una cosa simile dovevamo chiamare i superesperti dal Nord? Non bastava un tizio normale da Trapani? E tra pochi giorni, quando sarà chiusa Mazzarrà che faremo? Non lo posso chiedere a Ciacci, perché lui le notizie le apprende da noi giornalisti e lo abbiamo gettato nel panico annunciandogli la chiusura della discarica. Non voglio credere che a Capannoli o in qualunque punto della Toscana, della Lombardia, dell’Emilia avrebbero mai realizzato un’area di stoccaggio sotto il naso dei villeggianti, per giunta adducendo una situazione d’emergenza che ad aprile non c’era ma che con questa decisione oggi c’è. Ed a Pace.

Nessuno ha la bacchetta magica, ma almeno la ramazza per pulire la si può trovare. Come dice Danila La Torre, la lotta ai tir, l’isola pedonale sono la ciliegina nella torta, ma a Messina abbiamo la ciliegina senza avere la torta. In questo contesto, con una giunta che produce “ciliegine” e si scorda di cucinare la torta c’è un Consiglio comunale che fa la guerra sui canditi e non muove un dito per il pan di spagna. Alzano le barricate sulle Unioni civili, che sono quanto di più pacifico, progressista e naturale possa esistere sulla faccia della terra e approvano senza battere ciglio una Tares da far rabbrividire Attila. Paghiamo il triplo senza avere un servizio decente con l’aggravante che quei babbei (come me) che utilizzano le isole ecologiche per la differenziata a fine anno troveranno la sorpresa che è tutta fatica sprecata ai fini degli sgravi. Questi consiglieri si rivolgeranno all’Onu e alla Corte di Giustizia Europea per contestare 13 centimetri di isola pedonale ma approveranno un bilancio che una casalinga allontanerebbe con fare sdegnoso. Stanno mesi e mesi a litigare “Mi hai detto indegno”, “No, l’hai detto tu a me”, mentre retrocediamo lentamente verso Calcutta. In India hanno le vacche sacre, qui se tocchi nell’ordine: tir, doppia fila, ipocrisia cattolica, si scatena la guerra santa. Poi se ti affacci al balcone e respiri gas tossici e puzza di rifiuti, non importa, basta che le coppie di fatto non abbiano il registro, i tir scorazzino nel centro storico e siamo tutti contenti. Entrambi, giunta e consiglio, fanno le battaglie dello spirito, per distrarre dalle cose serie. Lo so che mio marito ha ragione quando dice che per fare le battaglie di civiltà prima devi avere l’acqua corrente, ma non glielo dirò mai. Anzi, per favore, se qualcuno ha il cellulare di un bravo rabdomante me lo dia, perché io continuo a dire “No Tir”, “Sì isola”.

Rosaria Brancato