L’inchiesta su Gettonopoli ha messo la pietra tombale sulla mozione di sfiducia

Se mai qualcuno avesse pensato che la mozione di sfiducia fosse in fase di concretizzazione, dopo lo scoppio di Gettonopoli ha preso atto che su quel voto è stata messa una pietra tombale.

Sono 23 gli indagati su 40 consiglieri (12 dei quali con obbligo di firma al posto fisso dei vigili urbani di Palazzo Zanca prima e dopo ogni commissione alla quale intendono partecipare). Stando alle dichiarazioni dei magistrati il numero degli indagati sarebbe potuto essere ben più alto (inizialmente erano 29 ma alcune posizioni sono state stralciate) dal momento che la soglia decisa dagli inquirenti per dividere i gettonopolisti dagli altri è di 3 minuti di presenza. In linea teorica quindi il numero degli indagati, estendendolo oltre il terzo minuto, potrebbe essere più ampio. Subito dopo lo scandalo il commissario Pd Ernesto Carbone ha di fatto liquidato i suoi con un “facciamo pulizia. Chi sbaglia paga, faccia un passo indietro”. I Dr hanno usato il bilancino ma la sostanza non cambia. L’Udc ha taciuto. Il Megafono ha invitato alle dimissioni collettive di chi è coinvolto. Di fatto però il treno che sembrava essere partito in piena emergenza idrica, sull’onda della protesta, si è fermato inevitabilmente. Gettonopoli ha messo la pietra tombale sulla sfiducia, per almeno due motivi. 1)un consiglio nei fatti “sfiduciato”dalla magistratura ha perso credibilità e verrebbe tacciato con la frase “il bue che dice cornuto all’asino” per sintetizzare 2)anche ammettendo che la sfiducia andasse in Aula e venisse approvata in questo momento sarebbe un boomerang perché Accorinti e la sua amministrazione farebbero una nuova campagna elettorale con lo slogan: sfiduciati da un consiglio indagato o poco credibile.

La sfiducia oggi sarebbe un boomerang ed un regalo all'amministrazione e questo i partiti lo sanno bene.

Questo almeno oggi lo stato dei fatti. Anche quanti erano indecisi (soprattutto tra i centristi) dopo questa inchiesta non hanno alcuna intenzione di accelerare i tempi di un ritorno al voto ma preferiscono vivacchiare per altro tempo. Nel mezzo prima ancora dell’ormai leggendario Piano di riequilibrio2/3 ci sono i Bilanci. Nelle scorse settimane il commissario Pd Carbone aveva fatto capire che i “suoi” avrebbero valutato attentamente cosa fare”. Adesso però non si capisce chi sono i “suoi” visto che li ha messi alla porta dopo l’indagine. Bisogna però capire chi voterà gli strumenti contabili e come. Se non si votano affatto, se cioè non si raggiunge il numero legale, il consiglio va a casa e resta la giunta in splendida solitudine. Se si votano la possibilità è doppia:o si bocciano o si approvano. Nel primo caso a rischiare è l’amministrazione perché va a capofitto tutto l’impianto. Il problema è fisico. Se 23 persone (gran parte delle quali sono quelle che garantivano il numero legale in Aula) sono sotto inchiesta, se le restanti (tranne quelle che sono state sempre assenti quindi la loro idea non cambia)sono comunque in una situazione di grande tensione, chi materialmente voterà questi atti? Atti che, è bene ricordare, comportano responsabilità amministrative per chi li approva, come ben sanno i consiglieri degli anni scorsi alle prese con le indagini sui bilanci. Chi materialmente e concretamente adesso voterà delibere che potrebbero comportare conseguenze sotto qualsiasi aspetto? Di fatto l’amministrazione dopo gettonopoli è in una botte di ferro perché la sfiducia non arriverà, ma non è detto che a questo corrisponda né la fiducia né quel clima di “volemose bene”che si è registrato fino a prima degli strappi sull’emergenza rifiuti e poi sull’emergenza acqua. Sta per iniziare una guerra fredda. Determinante sarà poi la decisione del Ministero sul Piano di riequilibrio e dopo quella anche il responso della Corte dei conti. Dall'altra parte l'Aula, pur continuando a contestare le falle dell'amministrazione e le incapacità gestionali che dovessero emergere, non andrà mai oltre il Rubicone. Lo scontro più che alla guerra potrebbe portare alla paralisi. E la paralisi al logorio.

Rosaria Brancato