Tir, l’ultimo affondo dei Franza al Tar e la richiesta di risarcimento danni al Comune

Il nuovo ricorso al Tar del gruppo Franza è l’affondo finale. L’istanza presentata al Tar di Catania contro l’anti-tir ter, quello di fine agosto, riassume una guerra iniziata a fine giugno a colpi di ordinanze e ricorsi e aggiunge, oltre alla richiesta di sospensiva anche quella del risarcimento dei danni.

L’ennesimo atto quindi di uno scontro tra l’amministrazione Accorinti ed il gruppo Franza si è consumato sulla più recente ordinanza, quella sindacale, n 159 che dispone due fasce orarie per il libero transito ai tir in via La Farina e nel centro (finestre che però non coincidono con gli orari di imbarco e sbarco della Cartour) e che sarà in vigore fino al 30 settembre, scadenza questa voluta dalla giunta perché nel frattempo, il 24 settembre, ci sarà l’udienza al Tar per il precedente ricorso, quello relativo al provvedimento di luglio.

Ma nell’istanza che la società ha presentato contro l’ordinanza n°159 in realtà oltre a contestare una serie di violazioni, compresa quella della sentenza del Tar che sospende il precedente provvedimento, si riassumono i capitoli dell’estate rovente. Nelle pagine del ricorso si fa riferimento, ad esempio, alla decisione di Accorinti di fermare i camion sbarcati al Molo Norimebrga sul cavalcavia, “lasciandosi andare a dichiarazioni che hanno creato allarme e danneggiato la credibilità della società stessa”, si legge, riportando gli articoli ed i video registrati in quei giorni. In sostanza secondo la Cartour da un lato i blocchi e le multe hanno causato disagi e danneggiato la credibilità della società stessa agli occhi degli utenti, dall’altro le dichiarazioni del sindaco “Lo facciamo per l’incolumità dei cittadini-possono uccidere le persone- diamo a questo popolo il diritto, la dignità la giustizia-io sono arrivato da un anno e finalmente stiamo ristabilendo il diritto in questa città” hanno procurato un clima di allarme e di tensione.

Nell’istanza inoltre si ripercorrono tutte le tappe, compresi i precedenti errori delle prime ordinanze ed il rifiuto dell’ingegnere Pizzino a firmare il provvedimento che attestava l’urgenza e la necessità dell’ordinanza anti-tir dopo la prima sospensione del Tar e che poi fu firmato dal segretario generale Le Donne.

Secondo i Franza quindi la n°159 è illegittima per tutta una serie di motivi che vanno dall’assoluta carenza di motivazioni, all’errore nei presupposti, all’eccesso di potere per sviamento, illogicità,irragionevolezza ed infine per violazione del decreto cautelare (ovvero la sentenza di sospensione del Tar).

Non sussisterebbero né i motivi di urgenza e necessità, ed oltre tutto la serie di ordinanze comporterebbe, secondo l’istanza, una disparità di trattamento con gli altri armatori ed un’ingiustizia manifesta. Insomma, secondo la società la giunta “ce l’ha solo con i Franza” e le ripetute ordinanze sembrano fatte su misura per danneggiare solo la Cartour.

“Non vieta direttamente il cabotaggio marittimo né chiude l’approdo, ma dimentica solo il molo Norimberga scordando anche che la via La Farina è l’unica via di accesso per i mezzi che lo utilizzano. Questa dimenticanza ha un effetto definitivo ed indiretto volto a cancellare la corsa diurna e chiudere il molo Norimberga, colpendo solo la Cartour”.

Da tutte queste premesse la società chiede quindi al Tar la sospensiva presidenziale, ovvero senza bisogno che si riunisca il collegio e aggiunge la richiesta di risarcimento danni, che non quantifica. Nell’istanza comunque si sottolineano che un simile “accanimento” ha causato un danno immediato ed un altro successivo legato al pregiudizio che si continua a creare.

Come se non bastasse ai Franza si sono aggiunti gli autotrasportatori dell’Aias di Richichi con un ricorso ad adiuvandum che ha rincarato la dose.

A distanza di poco più di 10 giorni dal’udienza al Tar quindi un altro capitolo, sempre di fronte al giudice amministrativo, si aggiunge alla vicenda. Ipotizzare una riapertura delle trattative o un riavvicinamento sembra sempre più azzardato.

Rosaria Brancato