Lo sbarco in Normandia di Accorinti e gli strani silenzi di chi lo lascerà solo

Sul caso Cartour il sindaco Accorinti si gioca tutta la sua credibilità. E si gioca anche 30 anni di battaglie, di una storia personale che è limpida, senza sbavature, senza colori grigi.

Il primo anno di amministrazione non è stato “epocale” e poco o nulla nei fatti è cambiato. La giunta non è riuscita a risolvere i nodi più importanti, la gestione dei rifiuti, l’Atm, la condizione delle strade, il disagio sociale, i servizi sociali. Ma per Accorinti la cosa più importante è il cambiamento di mentalità, la rivoluzione interiore e per lui quindi il molo Norimberga è quella trincea dalla quale iniziano tutti gli altri cambiamenti, è lo sbarco in Normandia. L’ordinanza anti-tir d’ottobre si è rivelata inadeguata, pannicelli caldi per combattere una febbre da cavallo. In campagna elettorale erano ben altri i discorsi, si parlava di flotta comunale, di spostare le navi dalla Rada San Francesco al molo Norimberga, di risolvere in modo netto la problematica. Ma amministrare non è la stessa cosa che immaginare di farlo. Un minuto prima pensi che basti entrare a piedi scalzi per sentire sempre il contatto con la realtà e poi ti accorgi che quella terra è peggio dei percorsi che nei gulag facevano fare ai prigionieri, cosparsi di schegge di vetri rotti. Prima o poi rimpiangi di non avere messo gli scarponi da trekking. E’ sulla lotta ai tir che Accorinti si gioca tutto, tutto il suo passato e tutto il suo presente, perché è da lì che è venuto, è lì che lo abbiamo conosciuto, con la maglietta No ponte e le sue battaglie civili. Da ottobre su questo fronte ha inanellato una serie di errori, ma adesso è arrivato al punto di non ritorno e non perché abbia davanti un drago a tre teste, ma perché è arrivato in quel pezzettino di trincea nel quale si capisce come andrà a finire la guerra. E’ da adesso che le tensioni, finora sotterranee, verranno fuori, è da adesso che “quei poteri forti” da lui sempre richiamati saranno vigili per non perdere posizioni e terreno. Accorinti ha vinto le elezioni per una serie di fattori che hanno spinto i messinesi, anche chi non ha condiviso le sue battaglie, a dire basta. Con le scelte di questi giorni lui non deve tradire sia “Renato” e i suoi compagni di viaggio, ma neanche gli altri, quelli che lo hanno votato per “votare contro Genovese”, quelli che sono rimasti a guardare “vediamo adesso questo cosa fa”, quelli che hanno votato altri ma si aspettano che lui resti fedele a sé stesso. Finora ha tenuto dritta la barra ma è adesso che arriverà il vento forte e la tempesta, nonostante l’estate sia appena cominciata. E’ adesso che lui resterà più solo di quanto pensa e i compagni di viaggio che si erano aggiunti lungo la strada spariranno dopo la prima curva.

Quello che mi colpisce è il silenzio che si sta creando, anzi, mi colpiscono alcuni singoli silenzi. Sull’isola pedonale, sul Palagiustizia, tutti temi, tra virgolette “innocui”, “a sangue freddo” , si sono sprecati fiumi d’inchiostro, levate di scudi, dibattiti, simposi. Sulla vicenda Tir sta calando una nube di distrazioni, come se fosse solo un problema del “solito Accorinti” e di uno sparuto gruppo di movimentisti. Lo stesso intervento del prefetto, nelle modalità con cui è avvenuto, fa comprendere come forse tra il Palazzo del governo e Palazzo Zanca non ci siano rapporti idilliaci. Per la vertenza di Casa Serena,il prefetto non è intervenuto sottolineando come adesso ci sia un’amministrazione politica, rispetto alla gestione Croce, e spetta appunto alla politica fare delle scelte. Sul caso Cartour, in seguito ad una lettera della società, Trotta ha convocato una riunione tecnica per acquisire dati, senza chiamare al tavolo il Comune. Ora, è evidente che la vicenda Tir è una vicenda politica esattamente come Casa Serena. Al tavolo tecnico mancava l’amministrazione, ma mentre al prefetto la posizione degli armatori era nota in virtù della lettera, quella del Comune no. In ogni caso l’amministrazione avrebbe anche potuto dare un contributo in termini tecnici. Il confine tra la politica e i numeri è sempre molto sottile e troppo spesso si utilizza il “governo tecnico” per celare scelte politiche indigeribili.

Personalmente ritengo che la gestione dei flussi dei tir sia una questione politica molto più di Casa Serena e lo dico con la frase più bella che ha detto Accorinti in questi giorni: “I diritti dei cittadini non sono negoziabili”. Non c’è e non deve esserci una bilancia nella quale da un lato metti il mercato, il profitto, e dall’altro i diritti. E poi mercanteggi.

Ci sono poi i silenzi. In queste ore, a parte “il solito Visicaro”, i movimenti vicini al sindaco,i sindacalisti scomodi dell’Orsa, Cambiamo Messina dal basso, e una parte del Pd (i consigli del III e IV quartiere che hanno approvato all’unanimità la delibera di sostegno, l’area civatiana, ed i consiglieri comunali Zuccarello, Sindoni e Cardile che porteranno in Aula la delibera per la regolamentazione del traffico gommato), c’è il silenzio di chi invece avrebbe titolo e ruolo per parlare. Dalle altre forze politiche, da chi ricopre ruoli politici ed istituzionali silenzio. Dal centro-destra che ha votato Accorinti “contro Genovese” silenzio. Eppure quelli che lo hanno votato non lo hanno fatto a loro insaputa, sapevano che stavano votando Accorinti con la sua precisa storia personale e un programma. Ora dove sono?

E il consiglio comunale che fa? Ma se il consiglio comunale non si esprime su una vicenda come questa su cosa deve farlo? Deve litigare solo sul gettone di presenza? Non può abdicare al suo ruolo.

Dove sono i partiti, i leader, i soloni, la classe dirigente? Lasciare da solo Accorinti non significa lasciare solo “quel tizio con la barba che pensa al Dalai Lama e non alla mmunnizza”, equivale a fregarsene di quello che succederà sulle nostre strade in futuro. Perché lo scontro inizia domani, l’ordinanza sarà bombardata ( e probabilmente gli estremi ci sono) sotto il profilo tecnico, legale, economico, politico, amministrativo, filosofico e quant’altro. A me stupisce quando i sostenitori dell’aspetto tecnico dichiarano: “ma sono soltanto 40 camion per corsa, in totale 80 al giorno”. Ci sono categorie che non sono comparabili, che non stanno nella stessa bilancia, 40 camion in un piatto, e 233 cittadini dall’altro. Quaranta o quarantacinque non fa differenza perché non è questo il punto. E se fossero 38 allora il problema non si dovrebbe porre? Accorinti non sta facendo la rivoluzione, sta chiedendo, per un mese e mezzo, alla Cartour di rinunciare ai mezzi pesanti nelle due corse diurne. Non ha chiesto lo smantellamento della flotta, la distruzione della Rada San Francesco, il crollo di un impero. Se la risposta è un irrigidimento è perché per la prima volta c’è un’amministrazione che non cammina con le stesse scarpe di quelle precedenti.

Esiste un momento in cui chi ha preso, o ricevuto, chi ha avuto, deve dare. Esiste un momento in cui la logica del profitto deve fermarsi, anche solo per un’ora, che è proprio quell’ora necessaria a rendere la vita migliore, una città migliore, una classe dirigente migliore, una politica migliore.

Esiste un momento in cui lasciare solo un sindaco che dice il primo “no” dopo centinaia di “si” è abdicare al proprio ruolo di cittadini liberi.

Rosaria Brancato