Lavoro

Il Ministro Nunzia Catalfo: “Il lavoro deve assicurare libertà e dignità”

Un intervento lungo, appassionato, deciso. Il Ministro al Lavoro Nunzia Catalfo oggi a Messina ha raccolto le istanze di un territorio che soffre quando si parla di lavoro. E lei lo sa bene. È siciliana, conosce le difficoltà di questa terra. Per questo non ha esitato a dire che probabilmente questo le darà una spinta in più nelle strategie che il governo Conte intende mettere in atto per il sud.

Il caporalato


Ha parlato della lotta al caporalato, della necessità di una spinta in più per il mezzogiorno che ha bisogno anche di conoscere quali sono gli strumenti e gli incentivi a disposizione per le aziende. Ha parlato di dignità e libertà che il lavoro dovrebbe garantire a ogni persona. Così come prevede la Costituzione Italiana.

Poi è entrata nel vivo degli argomenti del giorno.

Dumping contrattuale

«È indubbio come la piaga del dumping contrattuale, uno degli argomenti del confronto odierno, porti con sé un’altra serie di problematiche sulle quali, se veramente vogliamo cambiare il Paese così come ci siamo prefissati, non possiamo più soprassedere intervenendo con celerità. Penso per esempio al maggiore rischio di emarginazione sociale a cui i cittadini che percepiscono bassi salari vanno incontro, oltreché ai riflessi negativi che questo trend ha sulla nostra economia.  

Ecco perché una battaglia che ho sempre tenacemente condotto da quando sono stata eletta per la prima volta senatrice, 6 anni fa, è stata quella per l’istituzione del salario minimo orario, elemento su cui l’Italia sconta purtroppo un forte ritardo rispetto agli altri Paesi europei che in 22 casi su 28 lo hanno già adottato. 

Oggi, secondo Eurostat, in Italia quasi il 12% dei lavoratori riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali, un dato ben al di sopra della media europea che si ferma al 9,6%. Ma oltre a questo c’è un altro dato assai preoccupante. Infatti secondo il Censis ben 5,7 milioni di giovani rischiano di avere nel 2050 pensioni sotto la soglia di povertà. Perciò il tema del salario minimo è entrato con forza nel programma della nuova maggioranza di Governo.

Questo percorso dovrà essere condiviso soprattutto per valorizzare tutte quelle realtà – sindacali e datoriali – che rispettano le regole e che purtroppo si vedono sopraffatte da chi invece agisce contro gli interessi dei lavoratori. Oggi al CNEL sono depositati 864 Contratti collettivi nazionali di lavoro, di cui solo un terzo sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative. Un dato che fa capire plasticamente che qualcosa non va e che c’è la necessità di un intervento che dia al sistema maggiori garanzie e controlli.

Come riuscirci? Nella mia proposta di legge, all’articolo 3, viene indicata una strada sintetizzabile così: nel caso di un settore in cui vi siano una pluralità di contratti collettivi nazionali applicabili, il “leader” – ai fini della determinazione del salario – è quello stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative.

Già oggi però, nell’attesa di questo intervento, qualche obiettivo è stato raggiunto. Infatti nelle scorse settimane all’Inps sono state firmate due Convenzioni per la misurazione della rappresentanza dei sindacati dei lavoratori nelle aziende dei sistemi Confindustria e Confapi. È stato un momento molto importante per lavoratori, sindacato e imprese e più in generale per il rinnovamento del sistema della rappresentanza sindacale e datoriale».

La contrattazione di secondo livello

Ma al centro dell’incontro di oggi c’era anche un altro importante argomento: la contrattazione di secondo livello. «Nel nostro Paese c’è ancora molto lavoro da fare, soprattutto se guardiamo alle Regioni del Mezzogiorno. L’ultimo rapporto del Ministero del Lavoro sul deposito di contratti di secondo livello, pubblicato il 14 ottobre scorso, fotografa un’Italia divisa in due. Il 78% dei contratti depositati è infatti concentrato al Nord, il 16% al Centro il 6% al Sud.

È, inoltre, mia intenzione rafforzare e incentivare il welfare contrattuale quale strumento di sviluppo e crescita del benessere organizzativo e di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nel quadro di un miglioramento complessivo della produttività e delle condizioni di lavoro.

La Costituzione Italiana

Previdenza complementare, assistenza sanitaria integrativa, tutela della non autosufficienza, policy di conciliazione vita-lavoro, se messe al centro della contrattazione possono creare un virtuoso modello di welfare sociale in grado di assicurare ai lavoratori e alle loro famiglie un’esistenza libera e dignitosa, così come prescritto dall’articolo 36 della Costituzione».

Francesca Stornante