cronaca

Il ritorno del boss collaboratore di giustizia a Messina, storie di mala o di media?

MESSINA – Un video dell’ex boss pentito del CEP Sebastiano Ferrara adombra il suo ritorno in quel quartiere dove il rischio che i giovani cedano alle lusinghe della criminalità organizzata è ancora forte. Un messaggio amplificato dai media, ancora in cammino per adeguare il linguaggio giornalistico alla platea social.

Del Cep Iano era il “re” perché incarnava l’antistato che funzionava, davanti a uno Stato che ancora oggi non c’è (vedi l’intervista a don Sergio Siracusano). Ed effettivamente, se pur rigorosamente “off record”, qui la gente ammette di apprezzare ancora il suo carisma, ma emerge anche il risentimento che ancora qualcuno cova, sia per le sue azioni da pentito che, prima ancora, da boss. Sempre a microfoni spenti, gli abitanti raccontano della vita tra le case popolari, dove la maggior parte non si lascia corrompere dalle sirene della malavita anche se la quotidianità è dura – la disoccupazione è tanta e il tasso di dispersione scolastica tra i più alti della provincia – ma giurano che almeno un paio di appartamenti fuori hanno le pareti scrostate, ma dentro sono ricoperti d’oro dagli stucchi alle suppellettili.

Ma chi è Iano Ferrara e perché torna a parlare del “suo” Cep?

Arrestato a metà degli anni ’90 agli esordi della sua scalata criminale – ma con un lungo elenco di delitti già alle spalle – Iano è fratello di un carcerato già inserito negli ambienti malavitosi cittadini, in quegli anni parecchio caldi. Sono gli anni della guerra di mafia, e anche delle retate. La sua collaborazione con la giustizia arriva in fretta, dopo l’arresto. Ma a fare notizia è la “rivolta” degli abitanti del quartiere al momento dell’arresto, che da Iano si sentivano protetti da drogati e piccola criminalità. Da quel giorno Iano ha sempre accompagnato la sua collaborazione con la giustizia ad una attenzione spiccata per la comunicazione, alimentando più o meno volutamente la sua figura di gangster alla “Romanzo criminale”, parla ai giovani invitandoli a lasciare il crimine, racconta della sua periferia in tutte le sue sfumature.

Qualche anno fa un disastro ambientale gli fa tremare sotto i piedi, fuor di metafora, il terreno su cui operava, anche lavorativamente, e dove è “in protezione” e lui torna a flirtare con i media: rilascia una storica intervista a una testata nazionale, la prima in cui torna a mostrare il volto, cavalcando ancora i toni del pentimento. Scrive un libro, apre pagine social. Oggi il suo percorso da collaboratore di giustizia è terminato, il suo conto con la giustizia è agli sgoccioli: è tempo di trovare altre strade, nuove collocazioni

La geografia mafiosa nella zona sud

Ecco che nel video più recente, i toni di Ferrara sono molto diversi rispetto a quelli dell’intervista di qualche anno fa. Ma cosa è accaduto intanto al Cep? In tutta la zona sud, documentano le inchieste giudiziarie, i vecchi boss e i clan tradizionali hanno continuato a mantenere il controllo negli anni, rigenerandosi attraverso reggenti. Qualcuno dei capi storici ha passato tanti anni in galera, tanti altri hanno scelto di collaborare. E in qualche caso sono tornati a delinquere, una volta liberi. Ma nel loro caso la risposta dello Stato non si è fatta attendere, come nel caso dell’operazione Predominio.

Tornando a Iano, nel 2016 suo fratello Carmelo (pregiudicato prima di lui) e il nipote rimangono vittima di un tentativo di agguato per il quale viene incolpato ed arrestato nel 2019 quello che viene considerato il reggente del clan di Santa Lucia sopra Contesse, Raimondo Messina. Condannato in primo grado e in appello, viene scagionato in Cassazione dall’accusa di aver partecipato all’ideazione dell’agguato. E, dopo il coinvolgimento nell’operazione Matassa, torna libero pochi mesi fa, su istanza dell’avvocato Salvatore Silvestro.