Quando la Stazione diventa rifiugio e la speranza viaggia accanto a un binario morto

Si svegliano tutte le mattine alle 5, raccolgono quei pochi cartoni e coperte che sono l'unico giaciglio che hanno per dormire e iniziano una singolare processione verso le fontanelle dislocate lungo il primo binario, quelle che riforniscono i treni di acqua. Ordinati, con spazzolino e dentifricio in mano, iniziano così la loro giornata. Un rituale che sa di casa, di apparente normalità. La loro casa però è la Stazione centrale, è lì che trovano un tetto sotto cui riposare. A quell'ora la stazione è praticamente deserta e loro si svegliano prima che si svegli la città. Non danno fastidio a nessuno, appaiono al calar della sera e svaniscono alle prime luci dell'alba, quando il silenzio della loro disperazione lascia il posto alla frenesia di valigie, fischi delle locomotive e quotidianità. Sono i ragazzi che arrivano dai Paesi in cui si muore di guerre e di fame, sopratutto somali ed eritrei, tra loro sicuramente anche tanti minori. Provengono soprattutto dal Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Mineo, molti di loro si mettono sui bus, giungono a Messina per rimanere qualche giorno, il tempo di mettere in tasca qualche spicciolo facendo l'elemosina ai semafori e poi tornare dalle loro famiglie, a Mineo, e comprare un po' di cibo o mettere da parte quei pochi soldi che sperano possano offrire loro un futuro meno ingiusto.

Ogni notte, da circa due anni, la Stazione è il loro dormitorio. Le immagini raccontano la notte di uno degli androni popolato da quei letti di cartone. Tutti disposti in perfetto ordine, come se davvero questo fosse un centro di accoglienza, una casa autogestita. Non sono clochard, ma l'aumento esponenziale degli sbarchi sulle coste siciliane sta probabilmente cambiando un po' il concetto di "senza tetto".

Non sono però abbandonati al loro destino. La situazione è monitorata, sia dalle stesse Ferrovie che cercano di bilanciare la necessità sociale con la garanzia della piena sicurezza, sia dalle associazioni che li aiutano e danno loro un pizzico di assistenza. C'è l'Help Center della Caritas, c'è la Comunità di Sant'Egidio, c'è anche l'Arci Thomas Ankara. Il Comune però potrebbe fare qualcosa. E' vero che in tema di migranti la competenza di Palazzo Zanca è solo su donne e bambini, è anche vero però che in questo caso si tratta di un problema sociale che non si può far finta di non vedere. Vale anche per loro ciò che si farebbe per aiutare qualsiasi altro senza tetto, come del resto ha fatto l'amministrazione Accorinti aprendo la Casa di Vincenzo.

Per questo Clelia Marano, l'esperta del Sindaco sempre in prima linea sul fronte migranti, ha già in mente una proposta che tra oggi e domani metterà sul tavolo degli assessori Nino Mantineo e Filippo Cucinotta: "Chiederò di attivare al più presto un tavolo permanente per mettere insieme le associazioni, la Consulta del Volontariato e la Protezione Civile comunale per offrire una prima forma di assistenza ai tantissimi ragazzi che continuano a passare le notti in stazione. Le associazioni fanno già un lavoro incredibile, noi dobbiamo fare la nostra parte come fanno già moltissime città italiane come Milano, che riesce a garantire assistenza a circa 300-400 persone al giorno".

Nell'attesa che la macchina si attivi resta l'immagine amara di cartoni e coperte. Lungo lo stesso binario, a soli 200 metri di distanza, si passa dalla disperazione al deserto di una Stazione marittima abbandonata da anni di dismissione del gruppo Ferrovie dello Stato. Un declino che ha toccato il fondo con il recente abbandono di Bluferries del Porto storico. Attività commerciali e biglietterie chiuse, cancelli e lucchetti dappertutto,cartelli di divieto. Interi spazi che hanno visto negli anni flussi di migliaia di pendolari e viaggiatori, quel brusìo di chi arrivava o partiva che oggi stride con il silenzio e la desolazione che regnano in quella che era la porta della Sicilia.

Francesca Stornante