Ognuno è un pilastro sul quale si regge l'Universo, serve rispetto per la vita

Ognuno è un pilastro sul quale si regge l’Universo, serve rispetto per la vita

Rosaria Brancato

Ognuno è un pilastro sul quale si regge l’Universo, serve rispetto per la vita

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domenica 22 Aprile 2018 - 06:29

Non c'è più rispetto per la vita, per l'altro. Sembra di vivere in un immenso Colosseo con il pubblico che ride se il leone sbrana lentamente un cristiano o un gladiatore.

Il 16enne che intima al professore d’inginocchiarsi e mettergli 6 per l’interrogazione, lo studente che minaccia i docenti con il casco, i medici e il personale del 118 che fanno appelli contro le continue aggressioni, la studentessa di Torino che si suicida perché stanca di sentirsi additare perché non è magra, la ragazza uccisa dal branco di bulle a Londra, sotto gli occhi di tutti, il ragazzo che si toglie la vita perché i compagni di scuola lo prendevano in giro chiamandolo ritardato, il bullo preso a sprangate dal padre di una delle sue piccole vittime, sul volto del quale si era pulito le scarpe sporche di fango, i professori umiliati, presi a pugni da genitori incapaci di capire i propri figli.

Potrei continuare ancora. E aggiungere anche alcune frasi pescate qua e là in contesti politici che rasentano il vergognoso a tutti i livelli.

Penso alle famiglie di quegli adolescenti fragili come il cristallo in una società di elefanti che li ha fatti a pezzi. Genitori che al dolore incommensurabile della perdita dei loro figli aggiungeranno anche un’altra ferita, quella magari di non essere riusciti a salvarli, a proteggerli anche, a renderli sasso in una società di cemento armato.

Tutti questi episodi che restano nelle pagine di cronaca sempre troppo poco rispetto a quanto dovrebbero hanno un unico filo conduttore: abbiamo perso il rispetto per la vita.

In realtà abbiamo perso moltissimi valori, ma più di ogni altra cosa abbiamo perso il rispetto per la vita. E’ come se con il passare degli anni la vita dell’altro, di chi ci sta accanto o di chi incrociamo per strada, sia diventata sempre più eterea e poco significativa. E’ come se intere generazioni siano cresciute non riuscendo più a distinguere la vita reale dai video games. L’altro non è più un essere umano in carne e ossa, con sentimenti, valori, dolori, emozioni. No, è un bersaglio mobile finito nel video gioco della tua vita e puoi farne quello che vuoi perché sei tu il centro del mondo. Premi un pulsante e lo annienti. Non è una persona, è un tuo nemico. Questo t’insegnano nei video giochi mentre i tuoi genitori sono troppo indaffarati a fare altro per spiegarti il valore profondo di ogni singola vita umana che è il bene più prezioso, è il fondamento stesso dell’umanità.

Ognuno di noi è un pilastro sul quale si regge l’Universo. Ognuno di quelli che abbiamo davanti è un pilastro allo stesso modo.

Invece viviamo come monadi, concentrati sui nostri bisogni, come prigionieri di un immenso campo di concentramento al punto tale che diventiamo aguzzini nei confronti dei compagni di cella pensando che sia l’unico modo per sopravvivere.

La violenza sta diventando l’aria che respiriamo, il latte che ci nutre.

Sto diventando intollerante alle campagne elettorali, ho quasi paura ad aprire le mail dei comunicati stampa, a leggere i resoconti delle consultazioni per il governo nazionale. Non vedo l’ora che tutta questa ondata di aggressioni finisca.

Quel che mi colpisce è l’assuefazione alla violenza quotidiana, anche verbale, anche dei pensieri.

Il linguaggio politico che un tempo era nobile è oggi sceso al livello più basso. E se uno ti attacca tu studi il modo per ferirlo ancora di più e colpire più a fondo.

E’ come vivere in un immenso Colosseo con il pubblico che ride e plaude se i leoni perdono tempo a sbranare i cristiani. Stanotte ho avuto un incubo, ho sognato che il mio cane (che è talmente buono da essere scambiato per stupido) veniva sbranato lentamente da un leone nel giardino. Il leone iniziava dalle orecchie, perché è un cocker e le ha lunghe. Nessuno dei vicini alzava un dito, stavano tutti lì a guardare il mio cane che moriva. Mi sono svegliata terrorizzata.

Se un’intera classe dirigente utilizza metodi, linguaggi, comportamenti e persino obiettivi indegni di un popolo civile la società ne diventerà lo specchio. E viceversa. La classe dirigente è diventata lo specchio di una comunità senza valori.

La scuola è diventata giungla ma anche le famiglie non sono più in grado di assolvere il loro ruolo. Le scuole, gli ospedali, persino i campi di calcio dove migliaia di famiglie mandano i propri figli per svagarsi sono diventati “altro”. Dobbiamo proteggere i nostri professori, maestri, proteggere i nostri medici. Nel contempo penso ai genitori di quei bimbi vessati dalle maestre d’asilo o ancora ai figli di anziani genitori seviziati nelle case di riposo o dalle badanti.

Io non sono una sociologa, né un’esperta. Sono una persona che soffre di fronte ad un annichilimento della civiltà.

Non so dove si è inceppato il meccanismo che ha fatto perdere del tutto il senso della vita dell’altro, il rispetto dell’altro, di qualunque sesso, religione, idea politica, razza sia. Il rispetto verso la sua vita, la sua storia personale, i sacrifici, i sogni.

Non sta a me individuare la genesi o le responsabilità, che sicuramente sono tante e diffuse, ma la vita è diventata uno schiacciasassi e la competizione ha preso il posto del senso di umanità e compassione. Noi genitori non aiutiamo i nostri figli a crescere, semplicemente li mettiamo al mondo e li gettiamo lì, non sappiamo dire abbastanza no, li proteggiamo troppo dalla “fame” di cose ma li rendiamo vulnerabili al resto. Viviamo in una grande trincea senza più rapporti umani reali. Siamo sempre virtualmente connessi e per questo incapaci di toccare con mano la sofferenza dell’altro, di scorgere quel velo che appare negli occhi di un altro se gli scrivi insulti su facebook. Non vedi quel velo e poi ti chiedi perché si getta sotto un treno.

La vita merita rispetto. Gesù ha detto “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”. L’altro è un Buddha come noi, è il nostro specchio. Se lo incontri e gli sputi addosso è come farlo a te stesso. Se ti inchini per rispetto di fronte all’altro ti inchini alla tua vita.

Caro 16enne che hai urlato al professore d’inginocchiarsi, un giorno quell’uomo adulto umiliato potresti essere tu, quello che hai fatto oggi a lui lo hai fatto a te stesso, alla tua stessa vita, a tuo padre, a tua sorella, ai tuoi figli.

Recuperiamo il rispetto per la vita.

Rosaria Brancato

Un commento

  1. Grazie per questo prezioso articolo, è una problematica che tocca ogni aspetto della vita “civile”. Le scuole sono la vetrina più esposta, ma sofferenze simili sono diffuse anche sui luoghi di lavoro dove c’è un aumento spaventoso di casi di mobbing ed è in atto un duro conflitto generazionale tra giovani rampanti e anziani sempre più rassegnati all’umiliazione e stanchi di lottare. Questo conflitto sta determinando la perdita di un grande valore aggiunto all’umanità, la capacità di legare l’esperienza alla conoscenza rendendo il futuro figlio del passato anche nel rimediare agli errori commessi, e ci restituisce un presente legato alla disumanità di regole imposte dall’alto. Il “Comando” come valore a prescindere è neofascismo puro.-

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