Quella nube nera è figlia di scelte politiche errate.Una spada di Damocle

Non penso che ai residenti nella zona di Pace, Paradiso, basterà lavare gli ortaggi e sbucciare la frutta prima di mangiarli per sentirsi rassicurati. Non penso che quella nube nera che ha solcato il cielo per ore ed ore sarà dimenticata facilmente dagli abitanti di tutta la zona nord.

Era una nube nera. Peraltro, come è noto, le nuvole “camminano”, non restano immobili. La carta, quando brucia, non fa fumo nero. Attendiamo i risultati delle analisi dell’Arpa sulle emissioni ma questo non può tranquillizzarci.

Anche qualora l’esito delle analisi fosse positivo e si scoprisse che quella nuvola scura conteneva aerosol quanto accaduto ieri è la prova che i rischi ci sono. E tanti.

I pericoli per l’ambiente e la sicurezza ci sono. E tanti. E quell’impianto lì non si doveva fare.

Qualora i risultati dell’Arpa fossero positivi tireremmo un sospiro di sollievo ma non potremmo fare a meno di pensare che potrebbe accadere di nuovo, non sappiamo con quali esiti.

Quella nube nera resterà nel nostro cielo anche dopo, anche quando sarà fatta la conta dei danni, sarà accertata l’origine dell’incendio, anche quando saranno ripristinati gli impianti. Come potranno dormire serenamente gli abitanti della zona nord sapendo che sulle loro teste c’è una spada di Damocle?

Quell’impianto lì non si doveva fare.

Lo sapeva Ialacqua nella sua vita precedente, quella da ambientalista, prima di diventare assessore e diventare strenuo difensore di un impianto a poca distanza da uno dei tratti più belli di Messina.

Far finta che non sia una discarica, cambiare il nome alle parole e lasciare che tonnellate di rifiuti restino in quell’area, pensare che un impianto di selezione di rifiuti sia meno invasivo rispetto al paesaggio o che la piattaforma per lo stoccaggio sia una “presenza light” a due passi dal mare, è da illusi. Pensare di derubricare a episodio quel che invece è un rischio concreto non è immaginabile.

La tesi del complotto, per quanto possa avere solide basi, non basta ad assolvere da altre responsabilità relativamente alle scelte politiche.

Decisioni che gli ambientalisti rimasti tali, dai Verdi di Raffaella Spadaro, al wwf di Anna Giordano continuano a contestare, normative e coerenza alla mano.

Appena un anno fa, il 12 febbraio 2016, il Tribunale ha condannato in primo grado gli ex vertici di Messinambiente per l’emissione oltre i limiti consentiti di “diossine e furani”, riscontrata in due episodi (febbraio e novembre 2010). Nella sentenza, nella quale l’impianto di Pace viene definito “inceneritore di rifiuti”, viene evidenziato come la presenza di rifiuti di diversa provenienza abbia comportato il superamento della soglia di emissione di particolari sostanze. In quei casi si trattava di rifiuti ospedalieri a rischio infettivo, che risultavano inseriti tra i codici CER ammessi dall’autorizzazione integrata ambientale della Regione (poi revocata).

Il problema è tutto qui: la presenza di rifiuti indifferenziati (e da differenziare).

L’impianto di Pace dove ieri è scoppiato il rogo (che ha interessato solo i rifiuti differenziati: carta, plastica e metalli), ha anche la piattaforma di stoccaggio nella quale vengono depositati i rifiuti indifferenziati destinati poi alle discariche.

Ne consegue che, solo “per fortuna” quel che è accaduto è accaduto nella parte meno a rischio dell’impianto. Ma nulla esclude che quel che non è accaduto potrà accadere.

Se cioè l’incendio dovesse divampare nella zona della piattaforma non sappiamo che tipo di sostanze finirebbero nell’aria (al netto dei risultati delle analisi dell’Arpa che saranno resi noti nei prossimi giorni).

Pace non è una bomba ecologica come lo era Portella Arena, ma non è neanche un’oasi, un paradiso dei rifiuti dove due anni fa Ciacci e Rossi inaugurarono festosi qualcosa che ancora non è neanche stato completato.

Quella nube nera che ha attraversato il nostro cielo ieri è il “segnale di fumo” che quel che è accaduto non doveva accadere e che se il peggio non c’è stato ciò non vuol dire che non possa verificarsi in futuro.

L’impianto non doveva essere realizzato lì, a due passi dall’abitato, dalla spiaggia, da quel mare bellissimo che tutti, a parole, diciamo che è il nostro tesoro.

Quella nube nera non sarà dissipata neanche dai risultati dell’Arpa. E non perché siamo menagramo, ma perché qualsiasi sia l’origine del rogo è evidente che non c’è stata abbastanza attenzione sul versante della sicurezza.

Rosaria Brancato