Il “Far west” della cartellonistica: ecco perché tutti gli impianti pubblicitari in città sono abusivi

«E’ stato riscontrato che tutte le aziende pubblicitarie gestiscono, nel territorio comunale di Messina, impianti pubblicitari installati abusivamente in quanto nessun impianto risulta munito di concessione Cosap». Così, nel giugno scorso, l’allora dirigente al Patrimonio, Natale Castronovo, rendeva “ufficiale” un caso che, per certi versi, ha del clamoroso e che riguarda una sorta di “far west” della cartellonistica e degli impianti pubblicitari in città. Nessuno ha la concessione Cosap, ossia la Concessione per l’occupazione di spazi e aree pubbliche. Nessuno è in regola, tutti sono abusivi. Anche se hanno pagato l’imposta tributaria, che è cosa diversa dalla Cosap. Non solo. Lo stesso dipartimento rende noto che «parecchi impianti pubblicitari abusivi risultano installati in contrasto con le norme dell’articolo 51 del Dpr n. 495/92», ossia del Codice della Strada, che ha regole precise per l’installazione di impianti nei centri urbani, vietandola, ad esempio, negli incroci. Ma molti non la rispettano, come ha riconosciuto a luglio il dirigente del dipartimento Tributi, Romolo Dell’Acqua, che in una nota ha parlato di «totale stato di abusivismo», di «stato di illegittimità», di fronte al quale necessario era ed è «una ricognizione completa degli impianti presenti sul territorio comunale, allo scopo di frenare detto abusivismo e di provvedere alla conseguente rimozione di tutti gli impianti collocati in violazione alle norme del Codice della strada».

Chi deve farla questa ricognizione? E chi dovrebbe rimuovere gli impianti? La Polizia municipale. Alla quale, ha ricordato Dell’Acqua, il suo dipartimento , «ha provveduto, tempestivamente, a fornire tutti gli elenchi degli impianti pubblicitari delle aziende che hanno presentato la dichiarazione ai fini dell’imposta comunale sulla pubblicità, al fine di agevolare il Corpo di Polizia municipale nell’attività di repressione degli abusivi». Lo aveva evidenziato pure Castronovo, sottolineando alla Polizia municipale stessa «la necessità e l’urgenza di eseguire gli accertamenti per verificare e individuare tutti gli impianti pubblicitari installati nel territorio comunale messinese in contrasto con le norme del Codice della Strada». Alla Polizia municipale il dipartimento Patrimonio aveva pure fornito «un elenco costituito da 763 impianti pubblicitari gestiti da otto aziende pubblicitarie, evidenziando che il predetto elenco non era esaustivo per la presenza di impianti gestiti da altre aziende pubblicitarie non comprese nel medesimo».

Ma la Polizia municipale ha risposto “picche” alle richieste dei due dipartimenti comunali. Non una ma due volte, l’ultima delle quali il 15 settembre scorso, attraverso una nota del commissario ispettore superiore Felice Sturniolo. Quest’ultimo, in sintesi, ha evidenziato che «ribadendo l’esiguità del numero dei componenti la sezione e ricordando l’enorme mole di lavoro giacente relativa agli anni precedenti (circa 2000 richieste di accertamenti Tarsu da espletae), cui si sono aggiunti ulteriori 1300 richieste riferite al primo semestre 2011, questa sezione non è in grado di poter garantire entrambe le attività accertative. Considerato che l’eventuale censimento degli impianti pubblicitari necessiterebbe un periodo di tempo non inferiore a 24 mesi, si chiede di individuare le priorità da seguire». Insomma, o la Tarsu o la Cosap. Non si può far tutto. Nemmeno se a chiederlo è il comandante Calogero Ferlisi, che di fronte agli allarmi lanciati dal Comune aveva garantito che «questo comando, compatibilmente con le altre improrogabili esigenze di servizio, effettuerà con sollecitudine le dovute verifiche, al fine di accertare e reprimere le irregolarità eventualmente riscontrate».

Del resto proprio Ferlisi aveva riconosciuto l’esigenza di realizzare «un puntuale piano di localizzazione degli impianti pubblicitari, la cui carenza determina attualmente una situazione di deregulation del sistema». Infatti l’assenza di regole provoca, inevitabilmente, ingiustizie: «Pervengono esposti – ha sottolineato Dell’Acqua – da parte di talune associazioni di categoria che lamentano la evidente disparità di trattamento tra i soggetti che hanno ritenuto di dover versare, spontaneamente o su richiesta del dipartimento Patrimonio, il canone relativo agli impianti pubblicitari di proprietà e tra coloro che invece continuano a non versare il relativo canone». Il Far West, appunto. Al quale gioverebbe, eccome, un Piano generale degli impianti pubblicitari. Un tentativo di creare una sorta di “Piano regolatore” degli impianti lo aveva fatto l’amministrazione Genovese, con l’assessore Centorrino, ma tutto fu stoppato e annullato dal Cga perché la suddivisione in tre “lotti” della città avrebbe creato i presupposti per dei veri e propri monopoli. Ma dopo quel tentativo, il nulla. Quando se n’è tornato a discutere, nel giugno scorso, il dirigente dell’Urbanistica Giovanni Caminiti ha spiegato che, tenuto conto della complessità dell’operazone, si dovrebbe «procedere mediante affidamento esterno dell’incarico di redazione del Piano a ditta specializzata che garantisca, altresì, tempi brevi». E così è stato deciso in quella conferenza dei servizi cui hanno partecipato anche il comandante Ferlisi, Dell’Acqua, Castronovo ed il componente del collegio di difesa del Comune, avv. Nino Parisi. In attesa del Piano, però, c’è da risolvere il “caso Cosap”. Ci aveva provato l’assessore al Patrimonio e vicesindaco Franco Mondello, con una delibera di giunta prima, che dava mandato di «riscuotere i canoni di concessione di occupazione per spazi ed aree pubbliche dovuti all’Amministrazione relativi agli anni dal 2003 ad oggi» (delibera del febbraio 2009), con degli indirizzi precisi al proprio dipartimento poi. «Di tutto ciò si è realizzato ben poco», ha però dovuto ammettere Mondello in una nota che fa parte del continuo botta e risposta che ha caratterizzato il poco idilliaco rapporto col proprio dirigente (da qualche mese sostituito) del Patrimonio.

Scaramucce, fermi biologici della burocrazia, segnali di resa da parte di un Corpo, quello della Polizia municipale, sempre più all’osso. Tante le cause, una la conseguenza: l’assenza di regole, l’assenza di chi fa rispettare quelle poche che ci sono, l’assenza di giustizia. In una parola, anarchia.