Gettonopoli, la tarantella della sfiducia e la sola scelta da fare: dimissioni collettive

Il 25 gennaio si terrà l’udienza per i 21 consiglieri comunali per i quali il Gip Maria Militello ha rigettato la richiesta di archiviazione per gettonopoli. Poco più di un anno dopo l’inchiesta per la quale è in corso il processo per altri 17 consiglieri, il Gip ha quindi rigettato la richiesta avanzata dal PM per altri 21 consiglieri. Ne consegue che in questo momento, 37 consiglieri ( uno è in entrambi i provvedimenti) su 40 risultano indagati per gettonopoli.

Questi numeri richiedono alcune riflessioni sotto il profilo politico, soprattutto dopo quanto accaduto lo scorso anno nei giorni del clamore ed in vista di un 2017 che sarà scandito da diverse elezioni.

Non sono una fan della gogna mediatica, credo nella presunzione d’innocenza, nei 3 gradi di giudizio e ho paura del clima di esasperato giustizialismo che sta avvelenando il Paese.

Detto questo è importante riproporre una serie di riflessioni già fatte nei mesi scorsi sulla vicenda ma che alla luce dei nuovi fatti meritano un approfondimento.

I NUMERI

Dopo il provvedimento firmato il 15 dicembre dal Gip Minutoli 37 consiglieri su 40 sono finiti nel calderone di gettonopoli e rappresentano la totalità dell’Aula, anche perché Cecilia Caccamo, Maurizio Rella e Gaetano Gennaro sono subentrati nei mesi scorsi e dei 4 “anziani” rimasti fuori dall’inchiesta 3 posizioni (quelle di Mariella Perrone, Daniela Faranda e Carlo Cantali) sono state archiviate e la presidente del Consiglio Barrile, percepisce l’indennità e non il gettone.

Ecco i nomi dei 21 : Elvira Amata, Claudio Cardile, Simona Contestabile, Giuseppe De Leo, Lucy Fenech, Libero Gioveni, Pietro Iannello, Nino Interdonato, Rita La Paglia, Nina Lo Presti, Franco Mondello, Francesco Pagano, Pierluigi Parisi, Ivana Risitano, Mario Rizzo, Antonella Russo, Giuseppe Santalco, Nora Scuderi, Donatella Sindoni, Gino Sturniolo, Giuseppe Trischitta.

Per tutti e 21 saranno le prossime tappe giudiziarie a dire se si procederà con un’archiviazione o con un rinvio a giudizio. L’ipotesi di reato è la stessa che ha portato al processo gli altri 17: essere stati in Commissione meno di 3 minuti per un certo numero di sedute.

Nell’indagine sono coinvolti esponenti di tutti i partiti, da Forza Italia al Pd, passando per i Dr, gli ex Udc, il gruppo misto e la lista Renato Accorinti sindaco ( Ivana Risitano e Lucy Fenech). Due consiglieri, Nina Lo Presti e Gino Sturniolo, si sono dimessi in primavera dopo l’arresto di Paolo David nell’ambito dell’operazione Matassa, ritenendo non piu’ credibile un consesso delegittimato e da inchieste e cambi di casacca di massa.

L’INCHIESTA

I magistrati hanno predisposto una griglia interpretativa in base ai minuti di permanenza in Commissione ed alle sedute complessive alle quali il consigliere ha partecipato. Hanno quindi individuato la soglia dei 3 minuti (discrezionalmente, dal momento che non esiste alcuna normativa che indichi il tempo minimo di permanenza)al di sotto della quale è scattato il reato. Sempre i magistrati hanno individuato, sempre discrezionalmente, giacchè la normativa non dà alcuna indicazione neanche in questo senso, un criterio di compensazione: chi è stato meno di 3 minuti in Commissione per un numero tot di volte, ma ha partecipato ad un numero tot di sedute ritenuto valido dagli inquirenti, non è stato indagato.

Quindi 1)Chi era rimasto in Commissione 3 minuti e 10 secondi, o 4 minuti e mezzo, oppure arrivava a 3 minuti dalla fine della seduta era fuori dall’inchiesta 2) chi era rimasto in Commissione meno di 3 minuti alcune volte, ma aveva partecipato a molte sedute era fuori dall’inchiesta.

Una griglia interpretativa che ha lasciato ampi margini di perplessità, senza voler entrare nel merito né del profilo etico di chi è rimasto 3 minuti e 28 secondi e non è indagato né su quella che viene definita “effettiva partecipazione”. Del resto in conferenza stampa alla domanda dei cronisti “perché è stata scelta la soglia dei 3 minuti?” la risposta è stata: “perché se avessimo alzato la soglia sarebbero rimasti coinvolti tutti i consiglieri”.

Forse anche il Gip, di fronte alla richiesta di archiviazione si è posto la stessa domanda. Il discrimine tra “neri” “grigi” “opachi” e “bianchi” ha scatenato la corsa al piu’ puro, confondendo i due piani, quello etico e quello giuridico, il peccato morale ed il reato.

LA SFIDUCIA

Trischitta ieri su Facebook ha scritto che “ogni volta che si parla di sfiducia arrivano avvisi di garanzia e si blocca tutto”. Non la penso come lui. La giustizia ha fatto il suo corso che non può tenere conto del teatrino di Palazzo Zanca. Da oltre un anno assistiamo ad una serie di balletti, da soli, in coppia, in gruppo, vere e proprie tarantelle che hanno trasformato un dibattito politico serio in una farsa. Pensare che i magistrati prima di emettere provvedimenti stiano dietro ai balletti di Palazzo Zanca è eccessivo. Non ho mai creduto alla sfiducia e meno che mai ci credo adesso. In ogni caso se 37 consiglieri votassero la mozione di sfiducia farebbero un gran regalo ad Accorinti, ne farebbero un martire e gli consegnerebbero lo spot per una nuova campagna elettorale.

LE DIMISSIONI

A mio giudizio, l’ho detto più volte, questo Consiglio si deve dimettere a prescindere da tutto. In base alla legge regionale n°35 del 15/9/97, art. 11 (modificato dall’art.2, comma 2 LR 25/2000) se si dimette il 50% piu’ uno dei consiglieri arriva un Commissario che resta fino alla fine del mandato. Molti consiglieri obiettano: se ci dimettiamo resta Accorinti e non gli vogliamo fare il regalo di lasciarlo amministrare da solo fino al 2018. La penso diversamente.

1)Non risulta che in oltre 3 anni e mezzo questo Consiglio abbia fatto opposizione all’amministrazione. Gli ha votato tutto, anche senza leggere le carte giunte SEMPRE un minuto prima del gong. L’amministrazione ha contato per 3 anni su una maggioranza bulgara da far invidia e solo di recente centristi, Dr e Pd si sono sfilati. Gli ultimi bilanci li ha approvati l’asse Forza Italia Genovesiana e CMdB. Un Commissario del Consiglio quindi farebbe la stessa cosa di quanto fatto da quest’Aula per 3 anni e mezzo ma almeno ci risparmieremmo teatrino ed ipocrisia. 2) Quest’amministrazione si fa “auto-opposizione”, è riuscita nell’impossibile, farsi del male da sola, in stile Tafazzi. Accorinti deve restare fino alla fine del mandato e i messinesi devono giudicarlo non sulla sua lotta tra il bene (lui) e il male (gli altri) ma sulla sua lotta tra il saper e non saper amministrare. Peraltro senza Consiglio nessuno degli assessori saprebbe a chi scaricare le colpe. 3) infine dimettendosi, a mio avviso, i consiglieri acquisterebbero maggiore credibilità agli occhi degli elettori in vista di un loro impegno elettorale.

Rosaria Brancato