La voragine di Atm e l’operazione verità sui conti del bel fiore di cartapesta

La politica indica le priorità, indirizza l’azione su un bisogno piuttosto che su un altro. L’amministrazione agisce sulla base dei numeri, dei conti, delle risorse.

La logica dei numeri può essere fredda, ma è l’unica possibile.

Il caso dell’Atm è esemplare: da fiore all’occhiello si è rivelato un bellissimo fiore di cartapesta. Il servizio è migliorato ma man mano che si guardavano le carte è venuta fuori una voragine. In tanti negli anni scorsi hanno provato a far notare che qualcosa non quadrava, sia tra i consiglieri comunali, come Antonella Russo o Gino Sturniolo, che tra le organizzazioni sindacali, come l’Orsa e Faisal Ugl, che associazioni come CapitaleMessina.

Ma la dimensione reale della voragine si è compresa da luglio in poi, con l’insediamento della nuova amministrazione e dei nuovi vertici di Atm.

Anche i revisori dei conti più volte avevano avvisato i vertici dell’azienda di una situazione drammatica, ma non erano stati ascoltati.

La voragine ha superato i 70 milioni di euro ed ai debiti pregressi se ne sono aggiunti di nuovi. Il che equivale a dire che il servizio è migliorato ma le casse non sono state risanate ed anzi si sono aggiunti nuovi fardelli.

Negli ultimi 5 anni la massa debitoria è RADDOPPIATA passando da 32 milioni e 600 mila a 65 milioni e 600 mila. L’aumento è stato di 33 milioni di euro in 5 anni. Cifra alla quale si deve aggiungere l’azzeramento del capitale sociale, pari ad altri 16 milioni di euro. Il totale fa 50 milioni di euro.

Quel che colpisce è la natura di alcuni debiti.

Quelli tributari erano 2 milioni e 332 mila nel 2012 e sono diventati 12 milioni e 600 (un aumento di oltre il 400%), quelli nei confronti degli istituti previdenziali sono passati da 3 milioni e 200 mila del 2012 a 22 milioni (un aumento del 600%).

In 5 anni non è stato pagato un euro di contributi previdenziali.

Non è stato pagato il mutuo per la sede per 5 anni e neanche l’energia elettrica. Infine ci sono 330 contenziosi con dipendenti e Agenzia delle Entrate.

E’ stato come se una persona andasse in giro con abiti griffati pur avendo il frigorifero vuoto e senza aver pagato neanche una bolletta.

Mi colpisce sapere che un’azienda non ha pagato per 5 anni i contributi previdenziali. Non è indice di buona amministrazione. Ciò accade con gli Enti pubblici perché si sa che alla fine paga la comunità. Il fatto è ancor più grave perché il Comune di Messina è in fase di pre-dissesto, pertanto accumulare debiti pensando di battere cassa a Palazzo Zanca non è sano.

Se un datore di lavoro non paga i contributi previdenziali ai dipendenti commette un reato penale (in alcuni casi si può arrivare anche all’appropriazione indebita), punibile con una sanzione amministrativa (pari al 30% della somma da pagare più gli interessi).

Se un’azienda privata non paga i contributi ai propri lavoratori questi si ribellano, scattano denunce e multe, se non paghi il mutuo della tua casa la banca te la pignora, se non paghi la luce, te la tagliano. Se tutto questo lo fa un’azienda pubblica prima o poi i soldi qualcuno li dovrà sborsare.

Nel caso dell’Atm è il Comune, quindi TUTTI I MESSINESI.

Ecco perché questi numeri dovrebbero allarmare tutti, dai consiglieri comunali ( finora non sono stati approvati i bilanci Atm degli ultimi anni) alle organizzazioni sindacali. Di questi buchi si dovrebbe parlare, un buon padre di famiglia deve partire da qui. Il vero senso di responsabilità oggi è questo: togliere la polvere da sotto il tappeto prima che intossichi di acari tutta la casa. Cinque anni di debiti previdenziali e tributari non pagati sono comportamenti che dovrebbero far arrabbiare tutti.

Stupisce il comportamento dell’ex Dg Foti. A febbraio, nel chiedere più contributi al Comune (50 milioni invece di 37) scrive, pienamente consapevole della sofferenza finanziaria: “è una condizione di perdita economica assolutamente non compensabile dai miglioramenti di efficienza ed efficacia della propria azione gestionale: nessuna Azienda può sostenere una perdita del 50% dei ricavi sulla voce che rappresenta oltre l'80% dei propri ricavi complessivi. Laddove non si creino le condizioni perché la Società possa generare un flusso di cassa da destinare al pagamento dei debiti, difficilmente l'attuale situazione debitoria, alquanto critica, potrà essere sanata”. L’amministrazione Accorinti però non può far fronte all’aumento e a giugno impegna 37 milioni. Nonostante la consapevolezza della gravità dei debiti e delle minori risorse impegnate dalla giunta, l’Atm a luglio procede con l’iter per l’assunzione dei 74 autisti tramite agenzia interinale. C’è una doppia consapevolezza: della situazione critica e dell’assenza di copertura finanziaria.

Dopo aver accumulato 33 milioni di euro di debiti nuovi di zecca in 5 anni si prosegue a spendere.

A proposito del ricorso all’agenzia interinale, ricordiamo che nella Pubblica amministrazione si accede per concorso pubblico e che qualsiasi forma di scorciatoia non garantisce pari opportunità occupazionali. L’inchiesta Terzo Livello (che ha visto indagato De Almagro) ha evidenziato come possa accadere che in questi casi le garanzie di trasparenza si assottigliano e come, per dirla alla Orwell, nella Fattoria degli animali vi sia qualcuno più uguale di altri.

Se servono autisti si faccia un regolare concorso pubblico. Ma servono davvero autisti? E’ normale che in un’azienda di trasporto pubblico che ha 475 dipendenti vi siano 85 amministrativi (quanti ne potrebbe vantare un ministero), 21 inidonei (tra parziali e definitivi), 70 addetti alla sosta (che potrebbero essere riqualificati come autisti) ed una percentuale di beneficiari della Legge 104 pari al 18%?

Al netto della voragine delle casse una riflessione dovrebbe farsi anche su questo.

Rosaria Brancato