La protesta di 42 presidi: “Halloween non è la nostra festa”

A qualcuno Halloween proprio non piace. Non si tratta in questo caso di esponenti delle istituzioni cattoliche o di devoti militanti che declamano un movente religioso, ma dei presidi di quarantadue istituti d’istruzione del nostro Valdemone che professano la loro comune opposizione al “fenomeno Halloween” in nome del ritorno agli usi classici della ricorrenza che nella definizione cattolica è chiamata Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti e in Sicilia è nota comunemente come Festa dei Morti, oggi collocata il 2 Novembre. La radice della solennità è ancestrale, così antica che le sue origini si perdono nella nostra già estesa storia risalendo fino alla proverbiale notte dei tempi. Il motto dei dirigenti è “In difesa delle tradizioni siciliane – Halloween non è la nostra festa” e si può in un certo senso considerare manifesto dell’iniziativa il racconto Il giorno dei morti proveniente dalla raccolta Racconti quotidiani del nostro celebre scrittore e drammaturgo Andrea Camilleri, che in esso spiega brevemente ma suggestivamente l’esperienza della festa nei tempi della sua infanzia, quando ancora era viva la credenza secondo la quale i morti entrano in contatto con i vivi nella magica notte d’Ognissanti. La convinzione era allora così radicata che si faceva credere ai bambini che gli spiriti portassero addirittura dei doni materiali, di solito proprio ciò che i pargoli più desideravano – e ciò dava loro una credibile prova di verità al racconto del viaggio dei defunti –, lasciandoli in delle ceste che poi nascondevano in punti particolari delle case. Si trattava (e si tratta) di un evento benefico anche per l’economia, grazie alle Fiere dei Morti in cui trovava sbocco una prolifica e variegata produzione dolciaria. Come si evince dal motto, la posizione dei presidi è persino radicale: non è conciliabile con le nostre usanze il modo attuale di festeggiare Halloween, questo è il loro messaggio, e pertanto si fanno promotori negli istituti di approfondimenti culturali sulle patrie consuetudini a opera dei docenti di lettere, arte e religione.

In ogni caso, a prescindere dalle usanze che si vogliono tenere, è proprio vero che bisogna imparare a meditare sulla morte e in modo serio, come lo stesso Camilleri afferma nel racconto citando Michel de Montaigne: “La meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà”, perché senza la paura della morte, la più grande catena, tutte le altre sono spezzate. La ritualistica siciliana in merito è veramente vasta e descriverla al dettaglio sarebbe oneroso, ma praticarla potrebbe darci diversi spunti di riflessione, guardandoci però dal ridurre la festa a una costumanza per bambini e senza privarla per i più grandi della mistica suggestione dello squarcio nel velo che separa i vivi dai morti.

Daniele Ferrara