Limosani: «Serve una rivoluzione nei rapporti tra Regione e territori»

La politica degli ultimi governi regionali non è riuscita a ridurre il gap economico e infrastrutturale con le aree più sviluppate del nord del paese; nonostante i massicci interventi finanziati dai fondi strutturali siamo bloccati in una sorta di trappola del sottosviluppo dalla quale sembra difficile uscire. Si impone certamente una discontinuità nell’azione di politica economica ma occorre nello stesso tempo agire a livello istituzionale. E’ opinione ormai diffusa tra gli esperti e gli studiosi dello sviluppo economico che gli assetti istituzionali sono in grado di influenzare l’efficacia delle politiche economiche.

L’Assemblea Regionale Siciliana ha varato due anni fa, dopo un lungo e travagliato iter legislativo, la riforma delle città metropolitane e dei liberi consorzi; una riforma incompleta ed incompiuta ma che ripropone uno schema dell’assetto istituzionale che modifica l’attuale rapporto tra i territori e la regione. I territori ritornano ad essere centrali nelle politiche della crescita e della coesione; le città metropolitane, in particolare, sono il vero motore dello sviluppo. Interlocutori privilegiati nelle politiche europee e nazionali, esse sono in grado di coinvolgere porzioni più ampie di territorio, le cosiddette aree vaste, sulla base di un progetto sociale ed economico condiviso – il distretto del Sud-est nella Sicilia orientale, l’area dello stretto attorno alle due città metropolitane di Messina e Reggio Calabria, il comprensorio che ruota attorno alla città metropolitana di Palermo-.

L’assetto istituzionale tracciato dalla riforma, quindi, delinea una regione sempre più impegnata in attività di programmazione e di indirizzo e con il compito di individuare interventi di carattere generale che integrano e legano le diverse aree. Ai territori, invece, è affidata la responsabilità di governare le dinamiche dello sviluppo locale. Coerentemente con questa visione la prossima legislatura sarà chiamata a: 1) incrementare le funzioni assegnate alle città metropolitane e ai liberi consorzi in tema di parchi, trasporto pubblico locale, rifiuti, energia, servizi sociali; 2) individuare i tributi propri degli enti territoriali che consentano di sostenere le funzioni e le attività a loro assegnate; 3) sopprimere le centinaia di partecipate che svolgono oggi le funzioni assegnate agli enti locali, -una sorta di idrovora di risorse pubbliche che ha finito per alimentare la corruzione-.

Una rivoluzione copernicana, dunque, nel rapporto regione-territori che metta fine al paradosso di una politica regionale che a gran voce ha reclamato e difeso l’autonomia nei confronti del governo nazionale salvo poi esercitare nei confronti dei territori un potere di veto, accentratore, commissariale.

Michele Limosani